Le persone a rischio povertà o esclusione sociale in Italia hanno raggiunto il 28,4% della popolazione, questi i dati emersi dal convegno ‘La salute di tutti, nessuno escluso’, promosso a Roma dall‘Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e delle malattie della povertà.
L’Inmp, istituto pubblico del Ministero della Salute, garantisce assistenza a italiani e stranieri attraverso l’ambulatorio medico polispecialistico e psicologico. Dal 2008 ad oggi sono state erogate circa 250.000 prestazioni ambulatoriali, la quota di stranieri è passata dal 92% al 60%, gli italiani sono passati dall’8% al 40%.
Nel complesso “i soggetti che si rivolgono all’Inmp presentano prevalentemente patologie cutanee e respiratorie, anche se negli ultimi anni sono aumentate le richieste di supporto psicologico, naturale conseguenza della crisi economica e della perdita del lavoro”
Nel corso del convegno è stato presentato il Libro Bianco ‘Equità nella Salute’.
Gli autori affermano che i cittadini in condizioni di svantaggio sociale tendono ad ammalarsi di più, a guarire di meno, a perdere autosufficienza, ad essere meno soddisfatti della propria salute e a morire prima. Se si potesse intervenire sui meccanismi che generano queste disuguaglianze di censo, reddito e istruzione fino a minimizzarle, si potrebbero ottenere notevoli miglioramenti di salute: fino al 25% di riduzione della mortalità fra gli uomini e circa il 10% fra le donne.
Lo studio evidenzia come le disuguaglianze di salute costituiscano anche un fattore di inefficienza , perché rappresentano un freno allo sviluppo sociale ed economico di un Paese, in quanto presuppongono l’uscita precoce dal mercato del lavoro di individui altrimenti produttivi,
Un maggior costo a carico del servizio sanitario, delle politiche assistenziali e del welfare, con un impatto complessivo stimato intorno al 10% del Pil.
Se si potesse intervenire sui meccanismi che generano queste disuguaglianze fino ad eliminarle, calcola il libro, si potrebbero guadagnare notevoli miglioramenti di salute, ad esempio riduzioni della mortalità che arrivano fino al 50% tra i giovani adulti maschi.
Se si potesse… ed invece che accade?
Secondo una ricerca effettuata dalla Fondazione Zancan, pubblicata ieri, tra il 2011 e 2013 la percentuale di famiglie con almeno un figlio minore relativamente povere è aumentata di quasi 5 punti percentuali, dal 15,6% al 20,2%.
Nel Mezzogiorno è povera più di una famiglia su tre (36,4%) con almeno un figlio minore e poverissimo il 51,2% di quelle che hanno tre o più figli piccoli o adolescenti.
Le famiglie con almeno un bambino, sprofondate nella povertà assoluta, negli ultimi tre anni sono raddoppiate, dal 6,1 al 12,2%, e sono oggi il triplo rispetto al 2007.
Che cosa hanno fatto i governi per contenere questa nuova ondata di povertà?
Risponde la Commissione parlamentare d’inchiesta: troppo poco. Soprattutto rispetto agli altri: «Con riferimento all’anno 2011, la Francia ha ridotto del 17% la povertà dei minori, la Germania del 17,4%, il Regno Unito del 24,4%, la Svezia del 17,5%» e noi solo del 6,7%. Peggio perfino della Spagna (7,6%) che certo meno in crisi non è
Il Fondo per le politiche della famiglia, ad esempio, nel 2009 era a 186 milioni e mezzo, oggi meno di 21. Nove volte di meno.
Il pranzo è servito. Buon appetito!
Fonte: http://www.quotidianosanita.it/