“La psicologia, nella sua vocazione individualistica e nella sua dedizione alla psicoterapia era troppo appiattita sugli psichiatri e sulla loro trasformazione psicoterapeutica per poter sviluppare un pensiero critico e una funzione di analisi delle trasformazioni organizzative. È questa l’occasione perduta della psicologia italiana in questi anni”
L’affermazione è del Prof. Renzo Carli al Convegno “Psicologia: la domanda della committenza e le esigenze formative” [scarica gli atti in pdf] organizzato nel Maggio 2009 dall’Ordine Psicologi Toscana. Il Convegno è stato di fatto il continuum di una precedente ricerca di Carli, sempre commissionata dall’Ordine Psicologi Toscana nel 2002, dal titolo “L’immagine dello psicologo in Toscana” [scarica la ricerca in pdf].
I dati non sono quindi “freschissimi”, ma di fatto molto attuali rispetto al qui ed ora della Psicologia italiana. Sostanzialmente Carli rileva e denuncia che la psicoterapia e la psicologia clinica in Italia prevalgono sulle altre aree professionali: dall’offerta formativa universitaria, a quella specialistica post-lauream, financo alla tipologia di servizi poi offerti dai colleghi alla società tutta. In particolare, poi, sottolinea la tendenza degli psicologi-psicoterapeuti a definire l’oggetto della funzione psicologica su problematiche ben definite ed inquadrabili (da DSM, cercando l’eccesso…) arrivando ad autolimitare il proprio intervento professionale, la propria idea di possibile e potenziale intervento, entro aree del comportamento che siano facilmente individuabili e comprensibili.
Ovviamente non si intende qui affermare che ciò è la regola, ma penso di poter affermare che in buona percentuale questo è l’approccio ed il modello di orientamento al cliente proprio di molti colleghi. Modello che denota a chiare lettere una significativa lacuna in termini di marketing e di posizionamento della professione. In soccorso di questa tesi, vi restituisco alcuni dati.
La ricerca effettuata da Carli nel 2002 mostra che la domanda di Psicologia è potenzialmente molto forte ed avanzata. Una domanda che vorrebbe lo psicologo quale agente per lo sviluppo dei sistemi di convivenza. La Psicologia e lo psicologo come scienza di relazioni… e non di individui! A fronte di tale evidente opportunità, si rileva una categoria professionale autoriferita, arroccata sulla propria immagine e pratica clinica e terapeutica, scarsamente attenta ai segnali che arrivano dal contesto e dalla società. In altre parole, incapace di individuare, ascoltare e servire le nuove e mutevoli domande di servizio!
In Toscana, pensate, la psicoterapia è considerata quale sbocco ottimale dalla gran parte degli psicologi, ed al contempo è poco presente nelle attese attuali (10% circa)”. In altre parole, solo il 10% dei toscani vedeva lo psicologo come psicoterapeuta che si occupa di cura e patologia, mentre oltre la metà dei colleghi continuava ad investire in formazione specialistica psicoterapeutica.
L’autoreferenzialità non ha prospettiva, né sviluppo. In una società liquida baumaniana il mutamento è all’ordine del giorno, l’attesa di servizio è elevata, le opzioni di scelta infinite. Una professione autoreferenziale ed arroccata, rischia di alienarsi dai bisogni della società reale. Nel convegno del 2009, di Febbraio, Carli riporta in follow up da brivido!
Nel 2002 il 71% della popolazione interpellata pensava allo psicologo come al professionista che potesse promuovere e sviluppare la funzione integrativa tra parti sociali: componenti problematiche del sistema sociale o culture distanti nella loro concezione della convivenza. Il 14% vedeva lo psicologo operare entro la famiglia e per la protezione dei suoi membri più deboli, i minori in particolare. Il 10% circa voleva uno psicologo dedito alla psicoterapia. Solo il 5,20% svalorizzava senza appello la funzione psicologica.
Nel 2008 la funzione integrativa si riduce al 48,1%, con una diminuzione del 23%. Quest’ultima quota della popolazione interpellata, pensa adesso ad una funzione dello psicologo di aiuto nel superare gli ostacoli personali. Ancora nell’ambito di un intervento individualista, ma dedicato alla malattia mentale, viene visto lo psicologo dal 22,7% della popolazione. Il 13% (più del doppio) considera inutile la professione psicologica.
Da questo confronto appare chiaro il deterioramento dell’immagine della psicologia entro la popolazione toscana!
Verrebbe da chiedersi cosa i nostri Ordini professionali stiano facendo in tal senso. Alla Toscana il merito indubbio di aver effettuato tali preziose ricerche, ma i dati di follow up sono impietosi.
E noi colleghi, invece, quali responsabilità in questo continuo deterioramento dell’immagine dello Psicologo e della Psicologia?
Fino a quando potremo continuare a non ascoltare le nuove domande di servizio provenienti dalla società? A quale grado di cecità dovremo giungere prima di cominciare a riconoscere ed analizzare i rapidi e profondi mutamenti sociali?
C’è una società allo sbando, continuano a nascere “planner“… divorce planner, wedding planner, travel planner, ecc… figure in grado di fornire una bussola, una struttura, in un mondo in burrasca… qui non ci sono malattie, né disturbi, ma semplicemente una società civile disorientata e disposta a rvolgersi a professionisti per decriptare la vita quotidiana e rientrare in contatto con i propri affetti, sogni e speranze.
Non stiamo parlando di reinventarsi una professione, quanto più di ri-sintonizzare nostre competenze e capacità… stiamo parlando di personal marketing!
15 risposte su “L’occasione perduta dalla Psicologia italiana…”
Vivo di occssioni perdute…ma di altre prese per il verso giusto. Sono da tempo nel mondo del lavoro a milano e mi occupo della famigerata psicoterapia con adolescenti e genitori. faccio formazione e mi occupo da responsabile clinca di un centro di psicoterapia e counsellng seguendo tanti tirocinanti. Credo che si possa lavorare alla vecchia maniera per chi è molto motivato ed anche ascoltare la forti richieste di oggi improntate alla “scienza delle relazioni”. leggendo sento parlare molto di toscane e lazio ma c’è qualcuno anche a milano che ha volgia d’interoggarsi e parlarne ? io sono disponibile
purtroppo l’università (Carli a parte) non insegna che la figura dello psicologo possa esistere al di là della psicoterapia… ciò limita fortemente l’utilità della psicologia nel sociale, nella cultura, nella politica, nell’economia (si pensi alle euristiche di kahneman) ecc. le applicazioni della psicologia anziché potenziarla l’hanno smembrata e dunque a monte va scelta un settore solo in quello poi si sarà costretti a lavorare…
Caro Nicola, il convegno che tu citi si è svolto il 22 maggio 2009 non a febbraio. L’Ordine della Toscana non ha solo svolto le ricerche ma utilizzando i dati da esse provenienti, anche attraverso questo convegno come con altri Tavoli istituzionali, sta tentando di attivare una riflessione con L’Accademia in modo da andare a definire percorsi formativi più coerenti con gli assi identitari della professione di psicologo anzichè con quelli di psicoterapeuta. Se hai letto la mia introduzione alla giornata appare piuttosto evidente l’obiettivo che tentiamo di realizzare. Grazie per la citazione e buon lavoro !
Ti ringrazio Sandra per la precisazione sulla data, che ho provveduto a correggere. Come scritto, personalmente apprezzo il lavoro di ricerca ed indagine avviato in Toscana… lo facessero tutti gli Ordini! Detto ciò rimane evidente il profondo declino dell’immagine dello psicologo in Toscana… ma di fatto la ricerca dipende bene la situazione italiana e non solo della Regione di tua competenza. Sono contento che tu stia continuando a lavorarvi sopra, anche cercando sinergie con l’Accademia. Sarebbe ad esempio interessante avviare corsi di laurea in counseling PSICOLOGIO DENTRO l’Università, sarebbe interessante passare a numeri di studenti calmierati dal Ministero come avviene per altre lauree di area medica… sarebbero interessanti diverse cose. Buon lavoro.
E’ stupendo che Carli, un MEDICO diventato Psicologo/Psicoterapeuta, diventi in un certo senso “paladino” dell’immagine degli Psicologi Toscani, ma facilmente anche Italiani.
A mio avviso è un problema innanzi tutto di…identità…degli Psicologi stessi e dei loro Ordini.
Non ho nulla contro i medici, ma che uno Psichiatra diventi “d’ufficio” Psicoterapeuta, mi sembra veramente impressionante. Senza contare che un medico seguendo il percorso di una scuola di specializzazione a pagamento (e sappiamo tutti la fame di allievi che hanno le circa 300 e passa scuole) diventi anche lui Psicoterapeuta.
Con programmi accademici che non prevedono esami di psicologia neanche per chi si specializza in Neurologia…
Parafrasando il titolo di un libro di De Mello, “Messaggio per un aquila che si crede un pollo”, auguro agli Psicologi che verranno di cercare e trovare una loro propria IDENTITA’ INDIPENDENTE soprattutto da quella dei medici!!
Grazie a Renzo Carli, se mai ci leggerà, mio validissimo video-docente “Nettuniano”, e grazie a Nicola Piccinini per avermi portato a conoscenza, seppur tardivamente, di questa ricerca ed atti del convegno.
nadia
Il declino è responsabilità di molti fattori , non solo della formazione che indubbiamente (su molti fronti ma con te sfondo porte aperte) è responsabile del posizionamento attuale degli psicologi sul mercato. I dati di Carli in Toscana colpiscono perchè nel 2002 erano veramente interessanti ( come sai la ricerca era stata portata avanti da me) con la ricerca del 2008 invece abbiamo visto che la Toscana si sta allineando ai dati nazionali. Questo però temo sia molto più legato al rapporto con le istituzioni e con il mondo politico in generale piuttosto che alla psicologia, cosa che Carli stesso evidenzia soprattutto in relazione al gruppo degli “anomici”. Discorso lungo da fare per post…. Alla prossima ciao
si Carli afferma che probabilmente il decadimento dell’immagine della psicologia è anche dovuta all’attuale congiuntura che disillude, rende impotenti ed incapaci di sognare un futuro differente… in tale situazione, viene meno – agli occhi della società – anche la possibilità della psicologia e degli psicologi di incidere. Vero. Sicuramente. Ma allo stesso tempo frutto, in una certa misura, dell’incapacità di cogliere i rapidi mutamenti e le nuove domande/criticità emergenti…
Buongiorno a tutti. Bè cosa dire a proposito? Io non sono un libero professionista, sono dipendente ASL, lavoro in Piemonte come Infermiere Prof.le e mi sono laureato in Psicologia a Torino nel 1997. Sono diventato Psicoterapeuta nel 2008/09 e comunque sono sempre in ASL a fare l’infermiere (per altro professione nobilissima), perchè la dirigenza è medica, non interessa una figura che “vende” solo parole (oltretutto in Parlamento quanti Psicologi ci sono in confronto al numero dei medici). Certo si potrà dire che “tu sei solo bravo a piangere”, ma provate voi a scalfire una casta con tradizione di potere di secoli. Poi comunque sento i colleghi Psicologi delle ASL che si lamentano, che sono in pochi e lavorano con carichi di impegni insostenibili, ma la verità è che non fanno nulla per cambiare la situazione perchè (con buona dosa di masochismo)a loro va bene così, con buona pace anche dei sindacati. Scusate lo sfogo ma siamo in Italia, se volete non pubblicatelo. Grazie dello spazio
Maurizio T.
Ciao Nicola.
E’ un piacere vedere che si trattino queste tematiche!
Da circa tre anni collaboro con un grafico-web designer e tutti i giorni ho modo di constatare quanto la funzione dello psicologo sia moolto pertinente anche in questi ambiti “poco canonici”.
Uno specchio di quanto si faccia fatica a tirar fuori lo psicologo dall’ambito clinico è dato dal codice di attività svolta da psicologi 86.90.30 che è descritto sul sito istat.it come “servizi di salute mentale forniti da psicanalisti, psicologi e psicoterapisti”.
Da qui la mia confusione… “Forse dovrei aprirmi un altro codice di attività?” mi sono chiesta “Magari è più pertinente il codice di attività 70.22.09 utilizzato dai coach per le consulenze alle imprese” e così ho interpellato l’Ordine!
E’ da più di due mesi che attendo una risposta, e l’ho sollecitata tre volte, ma dopo una telefonata risentita, ancora niente!!!
Sono assolutamente d’accordo. Il problema, mio parere, è che la psicologia non ha sviluppato assunti teorici e metodologici sufficientemente “potenti” per analizzare ed intervenire sulle relazioni e sulla società, se non mutuando, e spesso con scarsa competenze, ambiti scientifici propri della sociologia. Ma i sociologi, in questo campo, sono molto più bravie e preparati di noi (non a caso Carli ha citato un sociologo, Bauman): come si fa ad analizzare e sopratutto comprendere in profondità quelle che, per semplificare, chiamerò “le dinamiche sociali” senza avere mai fatto esami di sociologia, economia, diritto, storia, epistemologia, ecc.?! La Psicologia dovrebbe avere il coraggio, dentro le università ed i centri di ricerca, di uscire dalla propria autoreferenzialità, da delle teorie di inizio novecento (più o meno rivisitate, ma mai superate), che vengono ripetute, in diverse salse, per 30-40 esami…per avvicinarsi ad altri ambiti disciplinari, che possano permetterle una visione globale di tutte le variabili (micro e macro) che compongono questo “liquido” (che io ri-difinerei “fluido”), che Bauman definisce società.
Vorrei segnalare, per completezza di informazione, che la ricerca di Carli per l’Ordine degli Psicologi della Toscana è stata ripetuta nel 2007 ed i risultati sono stati pubblicati su un numero monografico della rivista Psicologia Toscana [scaricabile all’indirizzo:
http://www.psicologia.toscana.it/fileadmin/user_upload/Rivista/Anno_15_numero_2-2009.pdf ].
Sono felicissima d’aver letto questo articolo perchè ha messo nero su bianco una sensazione che provo da tempo. Lavoro come educatrice nel privato e come psicologa in un centro per autismo. Sto per concludere il primo anno di una scuola di psicoterapia. Ma ho avuto la fortuna di fare un corso per responsabili di progetti formativi, una figura simile allo psicologo che si occupa di HR. Ho visto molta piu’ concretezza ed applicazione e risvolti pratici da questo corso che da 5 anni di università, uno di tirocinio, uno per preparar l’esame di stato, piu uno di scuola di psicoterapia con terapia individuale e di gruppo ogni settimana.La spesa per la nostra formazione è assurda se paragonata a quella dei medici e non da alcuna certezza. Va certamente rivalutata la possibilità dello psicologo in contesti lavorativi diversi da quello psicoterapico. C’è bisogno di un analisi sociale e di una rivisitazione a fondo di quella che è la formazione per la psicologia. E per chi è già psicologo di un cambiamento istituzionale del ruolo dello psicologo nei vari ambiti lavorativi.
Il lavoro futuro se continuiamo così sarà quello del COACH che guadagna molto più dello psicologo, studia e paga molto meno per la sua formazione!!!!!!
Grazie di aver aperto tale discussione.
98 pagine di chiacchiere (non si tratta certo di una ricerca) inutili. Ben scritte ma perfettamente inconcludenti. Mi chiedo e vi chiedo: ed ora?
Comunque grazie; mi sono interessato durante la “storia” iniziale (10 minuti), poi naturalmente sono sprofondato nella noia della vostra autoreferenziale bravura ma soprattutto per l’originale intuizione dell’oggetto della “ricerca”.
Grazie
RG
Salve a tutti, io sono una psicologa italiana che sta cercando di lavorare all’estero. Anche io di formazione “carliana”. Uscita dall’università con grandi speranze e appena impattato con il mondo del lavoro ho capito come stavano esattamente le cose. Non solo c’è grande disillusione nei confronti della categoria ma c’è anche un disinteressamento da parte delle istituzioni. Concordo con Carli che parla di domanda potenzialmente forte ma stiamo anche parlando di una società economicamente lacerata e fortemente permeata da un attaccamento alla religione in cui l’immagine della nostra professione viene discussa nei talk show pomeridiani che si chiedono se sia meglio andare dallo psicologo o da un prete, e l’Ordine professionale non prende provvedimenti! Oltre questo ci si trova di fronte a un sistema formativo spezzettato e a colleghi che contribuiscono ad allontanare i nostri potenziali clienti. Per fare un esempio, il paese da cui vengo ha nell’ASL un solo psicologo, noto per il suo alcolismo e i suoi tentato approcci con le clienti che frequentavano l’ASL.
Io ho perso la speranza in un futuro italiano. Se si continuano a formare persone senza lavorare sul mercato si arriva alla saturazione attuale.
Io sono un pesce “Diverso” in questo acquario, mi spiego meglio….C’erano una volta gli Psicologi, in gran parte Psicoanalisti che hanno lottato disperatamente per avere un Ordine e un Albo, ci siamo riusciti, io faccio parte dell’Ordine del Lazio dove ritrovo il mio co-relatore Cruciani. Poi è accaduto che gli Psi sono diventati un business per chi aveva soldi da investire. Sono sorte Scuole e Scuolette dai più vari nomi e non si sa bene di quale indirizzo. Io ho fatto docenze in una Scuola “Etmocognitiva” senza sapere assolutamente cosa insegnassero, gli Psicologi sono più che i pazienti e tutti vogliono curare, trascurando altre possibilità, per altro richieste dalla Soc. odierna. Il nostro Piccinini ha ben compreso questo affollamento che sta diventando un dramma. Io credo che se non si mette un numero chiuso all’Università e gli Psicologi non si convincono che il settore cura deborda, andiamo veramente ad una auto eliminazione. Io purtroppo sono vecchia, ho 65 anni e stanca e non so fare altro che curare perchè così sono nata, ma anche in questo settore mancano ricerche serie sull’efficacia delle Terapie, anche se io sono convinta che il successo dipenda più dalla bravura e preparazione del Terapeuta che dalla tecnica che applica. Ho ottimi amici Cognitivisti, Ipnotisti ecc….e un amico che è solo Psicologo e lavora molto, perchè spazio, oltre alla cura ce n’è tanto, solo che i giovani non lo sfruttano e diventano preda di Scuole che non insegnano nulla di utile e li depradano di molti soldi.
Perfini gli analisti si sono aperti al sociale, problematiche come affido, problemi scolastici ecc…..e io trovo che scendere dalla torre sia salutare.
Buon lavoro a tutti da una curante uscente, spero che i colleghi siano anche interessati alla ricerca.
Dr. Gianna Porri