L’associazione Assocounseling prende posizione rispetto alla volontà del Ministero della Salute di avviare verifiche rispetto alla posizione dei counselor (leggi articolo), ovvero rispetto alla presunta attività in abuso di professione di psicologo. L’Italia è come il paese delle meraviglie, un popolo rigonfio di libertà e di amore dove ciascuno può inventarsi i suoi mondi, smontare la realtà e costruire il suo paese delle meraviglie.
Sul sito web di Assocounseling, si legge che l’interrogazione dell’On. Goisis non è condivisibile in quanto fa riferimento esplicito alla definizione di counseling data dalla S.I.Co.: «Il counselor è la figura professionale che […] è in grado di favorire la soluzione di disagi esistenziali di origine psichica che non comportino tuttavia una ristrutturazione profonda della personalità».
Assocounseling afferma che tale definizione non è condivisa in quanto “si presta, come difatti è avvenuto, ad interpretazioni che mirano ad attribuire al counselor lo svolgimento di prestazioni professionali che sono di competenza di altro professionista, nella fattispecie lo psicologo. Attribuzione forzata, considerato che il counseling è un intervento diverso da quello psicologico e questa è proprio la sua specificità.”
Il ragionamento non fa una piega nel paese delle meraviglie, tuttavia rimanendo su piani di realtà reale bisognerebbe sottolineare meglio alcuni passaggi!
Innanzitutto in paesi come l’Inghilterra, gli Usa, il Canada, l’Irlanda, ecc… il counseling, e quindi il professional counselor (che ha una formazione differente dal nostro counselor nostrano!) si occupa di fatto di problemi di origine psichica e – seppur allargando sugli aspetti di relazione e sul sociale – nessuno si sognerebbe di affermare che non si occupa di terapia psicologica.
In diversi paesi esteri quindi i counselor professionali si occupano di “terapia psicologica” e, nella sostanza, vengono avvicinati alla figura professionale dello psicoterapeuta, più che dello psicologo… che invece si posiziona sulle dimensioni di benessere e saluto-genesi. Ovunque il counselor è inteso come therapist.
E’ solo nel paese delle meraviglie che il counselor non ha nulla a che vedere con psicologi e psicoterapeuti, in quanto questi si occupano di malattia, mentre lui di maraviglie. E questo gioco di prestigio ben si evince anche dall’affermazione di Assocounseling “il counseling è un intervento diverso da quello psicologico e questa è proprio la sua specificità“, salvo poi non dettagliare quali sarebbero le differenze e le peculiarità. Potete scandagliare l’intero loro sito, ma di arrosto ben poco… tanta maraviglia…
A ben vedere quindi, la definizione della Sico (criticata da Assocounseling) è quella più veritiera ed aderente alla realtà del counseling professionale “reale”. Non fosse per il fatto, tuttavia, che a questo punto si cade in pieno abuso di professione di psicologo come giustamente recriminato dall’On. Goisis, in quanto i disagi esistenziali di origine psichica sono effettivamente esclusiva di psicologo e/o psicoterapeuta. A meno che la specificità sbandierata da Assocounseling non consista nel togliere la dizione “di origine psichica”…
In data 8 giugno 2010 l’On. Ravetto risponde all’interrogazione dell’On. Goisis dicendo che «[…] qualora l’ambito di attività del citato counselor fosse quello definito e prospettato dalla Sico, non potrebbero che condividersi le osservazioni formulate dall’onorevole Goisis […]». Beh… non posso che allinearmi totalmente a quanto prospettato da Goisis ed avallato da Ravetto (ad onore del vero è maraviglia anche il fatto che l’istituzione Ordine è rimasta oramai solo in Italia, sorretta dalle potenti caste, ma di fatto questo abbiamo e con questo dobbiamo rapportarci!)
Non solo, come accennato nell’intervista al Prof. Eugenio Calvi, sarebbe interessante valutare anche la posizione dei diversi colleghi psicologi-psicoterapeuti che allegramente aprono squole di formazione per counselor, nelle stesse mura e con gli stessi docenti con cui formano profumatamente giovani futuri disoccupati psicoterapeuti.Ad esito positivo della verifica, ci sarebbe infatti da chiedersi se questi colleghi, nella sostanza, preparino il terreno alla commissione del reato di esercizio abusivo della professione di psicologo.
E per concludere, come Assocounseling invita a far fronte comune contro l’interrogazione ed a favore dei “counselor all’italiana“, personalmente vi invito a contattare i due Onorevoli per sostenerli nella loro iniziativa e per fornirgli ulteriori elementi di riflessione a tutela della professione dello Psicologo.
Qui di seguito vi riporto i loro due siti web:
- On. Paola Goisis
- On. Laura Ravetto
Ovviamente è inutile precisare che qui non stiamo parlando di politica partitica e che poco contano parti politiche e convinzioni personali. Stiamo parlando di tutele e promozione della professione di psicologo, e chiunque può essere valido interlocutore nella misura in cui intende perseguire tale finalità.
Quindi, cari colleghi, passiamo a contattare questi Onorevoli ed a comunicargli il nostro sostegno e la nostra spinta nel continuare questa interrogazione.
Buona vita a tutti e tanta maraviglia
Nicola
0 risposte su “Assocounseling e il paese delle meraviglie”
Salve Nicola, da poco partecipo alla vostra pagina sul Fb e ringrazio da già l’accettazione della mia amicizia. Sono di Sao Paulo-Brasile, Psicologa Clinica e Comportamentale da 14 anni. Abito in Italia non da molto precisando al Sud e, ancora non pratico la professione. Uso la net per lavoro di ricerche, studio, attualizzazione di carattere professionale, busca di articoli di carattere informativo e hobby. Leggendo i vostri articoli e pubblicazioni vedo un enorme interesse e lotta per dare il giusto peso alla categoria. Ammiro il vostro impegno e forza nel cercare di fare chiarezza con l’uso di una politica corretta e polita e, a questo chiamo ética. Non sono del Lazio però, potete contare sulla mia stima. Un sereno saluto a tutti… ^_^
Caro Nicola, non c’è dubbio che siamo nel paese delle meraviglie. E’ vero quando affermi che in Inghilterra, Irlanda, etc. è molto diverso. Però ometti di dire che in quei paesi… non esiste una Legge di ordinamento della professione di psicologo medievale come la 56/89…
Anzi, in quei paesi, proprio non esiste il concetto di Ordine professionale. E, solo in maniera estremamente ristretta, esiste il concetto di riserva professionale. Il che non è poco. E’ un dato il quale, una volta compreso, fa cambiare immediatamente la prospettiva.
Se sarai presente alle due giornate di ottobre dell’OPL, avremo modo di riparlarne.
Ad una lettura più attenta potrai notare che esplicito la curiosa situazione italiana, unico paese a mantenere in essere l’istituzione ordinistica 😉
E comunque, in tutta sincerità, trovo molto più medioevale e dannosa questa cultura deregolata e depenalizzata, caratterizzante questo popolo della libertà che è l’itaglietta
Esistono gli Ordini. Questo è un fatto.
Gli psicologi stessi hanno contribuito allo start-up del fenomeno delle pseudo-professioni (in pieno conflitto di interesse). Questo è un fatto.
Il fenomeno è ad oggi in crescita esponenziale e sinceramente è sfuggito a sua volta alle presunte associazioni di rappresentanza, difatti racchiude tutti, dallo psicologo, al mago, allo sciampista al peracottaro. Questo è un fatto.
Le mie critiche, in verità, muovono in primis verso alcuni soggetti interni alla categoria degli psicologi che perseguono finalità individualistiche in barba al “bene comune”. E su questi intendo lavorare.
Non credo nelle annose quanto inutili battaglie legali ai pseudoprofessionisti. Il mercato è customer-driven… sono altri gli spunti…
Purtroppo non potrò essere presente alle due giornate OPL in quanto ho già impegni. E comunque non condivido un certo tipo di packaging dell’evento… molto strategico direi.
Nulla di personale ovviamente, solo espressioni di universi paralleli e difficilmente conciliabili.
Buona vita
Nicola
Sono al quarto anno di psicologia clinica e mi sto facendo, come ben sanno tutti i VERI psicologi, un gran “mazzo” per studiare tutti quei difficili e numerosi concetti indispensabili per intraprendere la professione. Se poi vorrò dedicarmi a una carriera in psicoterapia dopo la laurea dovrò fare altri 4 anni di scuola di specializzazione. Ma conosco -come tutti, immagino- un bel po’ di questi counselor che dopo tre anni di formazione assolutamente ridicola e inconsistente (forse non per tutti è così, lo è nella scuola di formazione della mia città dove gli esami sono un pro forma) che si dedicano senza problemi a scavare nella mente della gente e a dare consigli di vita. Con le conseguenze che vi lascio immaginare. Molti di questi soggetti fanno parte di movimenti new-age e sono essi stessi disturbati psicologicamente. Ecco le mani in cui vanno a finire le persone che si fidano di loro.
Cara Chiara, comprendo assolutamente il tuo disappunto, cerca però di non compiere l’errore di sparare nel mucchio in maniera acritica ed indifferenziata.
Noi stessi siamo i primi a combattere (per come meglio possiamo) e a schierarci contro i cialtroni molti dei quali, come tu giustamente rilevi, appartengono a correnti di pensiero quanto meno… “strampalate”.
In tal senso – come già ho scritto decine e decine di volte – siamo noi i primi ad essere penalizzati da tali soggetti.
Se vuoi puoi dare un’occhiata al nostro lavoro, per capire il nostro impegno e la nostra serietà. Non è un caso che alla nostra associazione professionale siano iscritti anche molti psicologi e molti medici.
E’ da tanti anni che mi occupo di questioni giuridiche e normative. Per gli psicologi prima, per i counselor poi. Ne ho viste talmente tante che ti posso assicurare che gli anni di studio e l’iscrizione ad un albo non sono affatto una garanzia per l’utente finale… questo per nessuna professione.
Noi è proprio qui che abbiamo cercato di lavorare, sul dare uno statuto ed una struttura capace di preservare, in primis, proprio l’utente finale che fruisce della prestazione.
Buona domenica
Infatti ho scritto che ciò a cui mi riferisco avviene nella scuola di formazione della mia città e i “cialtroni” sono “molti di questi soggetti”, il che purtroppo corrisponde a TUTTI i counselor che conosco che praticano la professione avvalendosi solo dei titoli acquisiti nella suddetta scuola. I “non cialtroni” si sono tutti iscritti a corsi universitari per acquisire una vera professionalità. Mi dispiace essere così categorica, infatti concedo il beneficio del dubbio a quelli che non conosco personalmente, escludendoli dall’accezione “molti di questi soggetti”.
Il paradosso, è che nel nostro paese per lavorare come psicologo e psicoterapeuta si richiede molta più formazione che in altri stati, esame di stato, iscrizione all’albo, tirocinio lunghissimo (e non retribuito), come terapeuta 4 anni di specializzazione a cifre molto elevate e poi? si permette ad altre categorie di fare il nostro stesso lavoro in modo nascosto (coach, counselor), penso che se tu mi costringi, a fare anni di formazione a costi elevati mi dovresti dare l’esclusività di lavorare sulla salute psichica, ed invece no!!!!!!
allora faciamo come altre realtà mondiali, leviamo albi, diminuiamo la formazione la burocrazia e permettiamo di lavorare solo con la laurea.
Salve, mi chiamo Valeria e sono una psicologa oltre che un’artista. Ho letto alcuni post del blog di questo sito e sento la necessità di portare la mia piccola testimonianza dato che dopo la laurea ho deciso di formarmi in Counselling a mediazione artistica.
Per me è stata una bellissima esperienza perché nei tre anni di corso teorico ed esperienziale ho acquisito metodologia e tecniche applicative della professione di aiuto che la sola formazione universitaria non mi aveva fornito. Il corso che ho seguito ha il pregio di includere anche la parte della mediazione artistica, chiamata così per non definirla Arte Terapia, un altro paradigma teorico-pratico che forma terapeuti che andranno a fare il lavoro degli psicologi, ma nessuno ne parla qui, come mai? (Si, lo so, qui il dibattito è sulla figura del Counselor, ma male non fa pensare che non sia l’unico problema). Solo una piccola considerazione e poi torno al Counseling: gli arte terapeuti spesso sono diplomati del liceo artistico o, bene che vada, diplomati all’Accademia delle Belle Arti che hanno seguito un corso di formazione in arti terapie.
La mia esperienza mi ha portato a rendermi conto di come uno psicologo abbia una bellissima formazione teorica (almeno fino alle vecchie care lauree di 5 anni e milioni di libri e ore di studio), ma pochissima familiarità con le tecniche applicative, e spesso nei tirocini post lauream non si ha la possibilità di prepararsi alla professione, anche se di fatto la maggior parte supera l’esame di stato e finalmente è abilitato alla professione, molto spesso senza sapere neppure da dove iniziare.
Ho incontrato moltissimi psicologi che con il loro pezzetto di carta con sopra scritto con quanto si sono laureati, vanno in giro a leggere la vita del prossimo, commettendo errori fondamentali riguardo quella che dovrebbe essere una relazione sana e basata sulla fiducia che si dovrebbe creare tra psicologo e persona che ne richiede l’intervento.
Sono d’accordo sul fatto che il counseling (o conunselling, che dir si voglia) debba essere distinto dalla professione di psicologo, così come quella di tanti improvvisati arte-terapeuti e musico-terapeuti.
Per me un punto nodale nella differenziazione è che il counselor non può somministrare strumenti di valutazione né fare diagnosi e questo è un punto delicatissimo perché è la linea che demarca una professione dall’altra.
Considererei anche tutti quegli psicologi che giocano a fare gli psicoterapeuti, “tanto in giro c’è talmente ignoranza che magari il paziente neppure sa quale sia la differenza”.
Perché accanirsi con la professione di Counselor quando il lavoro degli psicologi attualmente lo svolgono: assistenti sociali, educatori, pedagogisti, in alcuni ambiti aziendali ci sono anche filosofi, sociologi e ingegneri. Come mai nessuno considera quanti posti che dovrebbero essere occupati dagli psicologi sono invece variamente assegnati ad altre figure professionali? Ci abbiamo fatto l’abitudine ed ora ci scagliamo con l’ultimo arrivato? Il povero Signor Counselor.
Ho come l’impressione che il Counseling dia così fastidio perché rappresenta quella parte di formazione pratica che nessuna laurea in psicologia riesce a dare.
Mi scuso per l’intervento un po’ lungo, in realtà mi sarebbe piaciuto articolarlo in maniera più ampia, ma questo è pur sempre un blog.
Certo cara Valeria, hai perfettamente ragione…. ma tu SEI una psicologa. Che dire invece di gente che ha scelto di laurearsi in facoltà diverse, che non impongono un percorso tortuoso fatto di tirocini ed esami di stato, e che non hanno seguito un percorso formativo come il nostro, che per quanto teorico è comunque fondamentale? Noi psicologi siamo soggetti ad una serie di restrizioni persino nel farci pubblicità, siamo controllati dall’ordine, dobbiamo sottostare a delle regole, pena sanzioni. Ci sono invece in giro counselor (che si descrivono come psicologi, omettendo ovviamente la parola “psicologo”) che pubblicizzano supporto in caso di ansia, stress, fobie, mancanza di autostima e quant’altro, parlano di Freud come fosse un loro amico e di dinamiche psicoanalitiche come fossero il loro pane quotidiano.
Mi suona molto familiare!!!
Ogni facoltà ti indirizza verso una professione, ti chiede determinati sacrifici sia economici che di vita, poi ovviamente sta a te sfruttare al meglio le possibilità che ti offre, ma chi non ha scelto quel determinato percorso di studi che diritto ha poi di impossessarsene?
Se non ho scelto di fare medicina, o giurisprudenza poi non posso (grazie a corsi post universitari più o meno riconosciuti)improvvisarmi medico o avvocato, magari identificando la mia professione con un nome alternativo per non dare nell’occhio. Le scuole di counseling promettono di far acquisire “approfondite conoscenze psicologiche e strumenti di intervento…” e poi vengono proposte a: formatori, manager (di che?), con un non megio specificato ecc… E’ questo che non tollero. E’ molto facile improvvisarsi psicologo, anche per ignoranza purtroppo della gente che non capisce la differenza, e il paradosso è che per queste persone è anche tutto più facile, non hanno controlli.
Nel settore psicologia chi davvero ci rimette, sono i “veri” psicologi, guardati a vista dall’ordine… tutti gli altri possono muoversi senza restrizioni.
La scuola di counseling dovrebbe essere considerata come tutte le altre scuole di psicoterapia e quindi riservata “agli addetti ai lavori”.
Su indicazione di una collega che stimo molto sono entrata nel sito questa mattina e l’ho trovato subito molto interessante e fonte di stimoli anche se con pareri discordanti, ma questo è “il bello della diretta” come si dice in TV. Una indagine con il bisturi che alla nostra categoria sarebbe salutare auspicare ogni giorno per trovare fondamenti comuni e diversità di pensieri. Siamo molto spesso in disaccordo su tante cose e mentre le battaglie di altre categorie arrivano ad una soluzione le nostre sono lunghissime, annose e complicate proprio per le lotte intestine fra di noi. E qui Valeria sta la grande differenza fra psicologo e pedagogista, non tanto negli studi quanto in una forma mentis che si struttura nel tempo. Una mia amica pedagogista si occupa di metodologia, strumenti per.., apprendimento…, educazione…, é molto ottimista sul senso del farcela a …..io dopo anni e anni di studi per diventare prima psicologo e poi psicoterapeuta sono invece molto pessimista sul senso del farcela a….. Ottimismo e pessimismo sono quindi i due poli che determinano grande distinzione non solo gli studi, tanto che una mia paziente anni fa sorridendo mi disse: “Gli psicologi hanno il gusto dell’orrido” intendeva con questo dire che vanno a pescare nel torbido. I pedagogisti fanno quella che oggi si chiama “psico-educazione” (oggi è tutto psi), in certi casi utile quanto se non più della psicoterapia. Detto questo chiedo: “Siamo certi che nei posti dove Valeria asserisce che ci dovrebbero stare gli psicologi e ci sono i pedagogisti non sia invece giusto che ci siano i pedagogisti che per altro hanno una laurea e del vecchio ordinamento, il che vuol dire quando le Università Italiane erano fra le prime in Europa al contrario di adesso che sono le ultime con unica eccezione di Bologna, mi sembra classificata 236!”
Rolando Ciofi è una delle persone che più stimo nel nostro settore, sa lottare, sta stare vicino alla categoria e sia lui che Patrizia Adami Roock hanno dato un contributo grandissimi alla crescita ed allo sviluppo di innovazioni, tanto è vero che nell’ambito delle arti terapie ha inserito il termine “a mediazione artistica”, che mi sembra molto più corretto di Art terapeuta laddove chi si fregia di questo titolo (come funghi dopo la pioggia) non ha spesso nè studi artistici nè studi psicologici nè pedagogici ma ha solo fatto un Corso biennale o triennale. La sola mia maturità artistica al Liceo Artistico è durata 5 anni e andando tutti i giorni a scuola non un solo fine settimana al mese e accompagnata da visite ai Musei e altro, per non parlare poi degli studi all’Accademia e di quelli psicologici. Tutto questo fa si che in qualunque Nazione o Stato straniero io sia Art terapeuta, solo in Italia a volte capita che venga paragonata in compiti e competenze a quest’altre figure, e questo fa comprendere che le cose non sono chiare. Non sono contraria ai counselor, anzi va bene avere gli uni e gli altri, ma credo debba esserci una revisione di questa figura che di certo Assocounseling e Altrapsicologia sapranno formulare insieme. Non è mio compito e non ne ho le competenze ma loro possono e potranno trovare soluzioni idonee. Così il panorama è troppo confuso e ibrido e ci si trova spesso a lottare contro i Mulini a Vento laddove spesso ci si sente più guardati dall’alto dai counselor che non dai medici, sarà un meccanismo di difesa ma anni fa dopo un gruppo intensivo mi sentii dire da una counselor che aveva organizzato la giornata che le persone si aspettavano di sentirsi dire qualcosa sul futuro e su ciò che avrebbero dovuto o non dovuto fare. Al che le risposi: “Non sono una maga!” e lei mi rispose: “Allora lo devi dire!”….
Mi piacerebbe poi che qualcuno lottasse anche per far si che le Università Italiane riacquistassero i loro primi posti dacché dalle ultime ricerche statistiche risulta che fra i primi 200 posti non ce n’è neanche una italiana. Occorre arrivare al 235 posto per trovare l’Università di Bologna.
Mi piacerebbe che qualcuno lottasse perché le porte fossero aperte a chi ha pubblicazioni, studi, esperienze e conoscenze ed è figlio di gente semplice e non che chi ha tutto questo fosse tagliato fuori.. Se con tutte queste cose si riesce ad avere qualche insegnamento a contratto presso scuole equipollenti o università è già oro che cola anche quando per avere quelle lezioni si è dato ore, competenze, tutoraggi e altro.
I titoli, le pubblicazioni, le competenze servono molto spesso a tirarsi addosso le invidie dei colleghi, a far si che si faccia leva su tratti del carattere che spesso sono solo manipolazioni di chi li vuol vedere per forza,i counselor ci chiedono di fare i maghi o ci portano via i pazienti, i pazienti non hanno soldi per fare psicoterapia, noi abbiamo il gusto dell’orrido, come diceva una mia paziente, gli anni di studio sono veramente tantissimi, le pensioni quasi invisibili.. Insomma viene da dire..
“Chi ce l’ha fatto fare!”
Questa dovrebbe essere la cartina di tornasole per valutare ogni cosa…..perché per fare un percorso così lungo, irto e pieno di insidie in mezzo a mille ostacoli occorre davvero avere la vocazione. Chi evita tutto questo ce l’ha?
Cito da Valeria:
…..uno psicologo abbia una bellissima formazione teorica (almeno fino alle vecchie care lauree di 5 anni e milioni di libri e ore di studio), ma pochissima familiarità con le tecniche applicative, e spesso nei tirocini post lauream non si ha la possibilità di prepararsi alla professione, anche se di fatto la maggior parte supera l’esame di stato e finalmente è abilitato alla professione, molto spesso senza sapere neppure da dove iniziare?
…..Il povero Signor Counselor.
Ho come l’impressione che il Counseling dia così fastidio perché rappresenta quella parte di formazione pratica che nessuna laurea in psicologia riesce a dare.
Mi scuso per l’intervento un po’ lungo, in realtà mi sarebbe piaciuto articolarlo in maniera più ampia, ma questo è pur sempre un blog……”
Sta parlando di MARZIANI?
Gli psicologi figli di gente semplice hanno fatto tirocini assurdi in condizioni assurde e per ben 1500 ore e prima di avere un paziente hanno dovuto sostenere giornate gratuite, fare prima le consulenze come psicologi e poi aspettare il momento in cui potevano finalmente chiedere due lire…. e che vogliamo dire di alcuni ricercatori chiusi in uno stanzino dove spesso non c’è neppure il riscaldamento per 500 Euro al mese.. e su quelle cinquecento pagare tasse, iscrizioni agli Ordini e quant’altro…
La dizione .. “Poveri counselor” mi pare alquanto vittimistica e proprio fuori luogo…
Mi creda ha articolato abbastanza ed è meglio che lei non articoli oltre perché dimostra di non sapere e non avere neppure idea di cosa hanno fatto o fanno gli psicoterapeuti.
Claude