Nei giorni scorsi è uscito un articolo sul prestigioso quotidiano “Il Sole 24 Ore” che cerca di fornire una panoramica orientativa sui diversi percorsi universitari, anche e soprattutto rispetto alle opportunità di inserimento lavorativo.
Parla anche di noi, di Psicologia, ma i numeri sembrano veramente deliranti. Vi propongo quindi alcuni stralci dell’articolo ed a chiudere qualche riflessione in merito.
Da “Il Sole 24 Ore” del 27 Giugno 2005
Secondo AlmaLaurea, ad un anno dopo la fine del corso di studi è occupato il 52,9% dei neopsicologi e dopo 5 anni la percentuale sale all’87,8% (considerando l’anno di tirocinio obbligatorio post-lauream).
Dice poi Stefano Pugliesi Allegra, Preside della Facoltà di Psicologia 1 de “La Sapienza” di Roma: “In Italia c’è bisogno di psicologi e ce ne sarà sempre. Ma è necessario capire quanti ne servono e soprattutto in quali settori”.
Stando all’intervista, settori quali la scuole, le aziende e le istituzioni offrono ancora molti sbocchi per i laureati. Il campo dell’inserimento dei bambini a scuola e delle modalità dell’apprendimento o dei disturbi del linguaggio, per esempio. Ma anche quello della selezione e organizzazione del personale all’interno di aziende o istituzioni.
Quindi, secondo questo articolo, la metà dei neolaureati lavora ad un anno della laurea e la quasi totalità entro cinque anni! Ma benvenuti in Paradiso… ed io che pensavo si nuotasse in cattive acque…
Innanzitutto è scandaloso che si propongano percentuali del genere calate nel vuoto più assoluto. Che significano questi numeri senza sapere QUALE tipo di lavoro fa la persona, con quale tipologia di contratto, con quale retribuzione. Uno psicologo neo-laureato che lavora part-time in un call-center rientra in queste statistiche? Ed un neo-laureato che lavora in una cooperativa sociale “pagato” a buoni pasto? Ma facciamola finita per favore…
Di più, non solo c’è il tirocinio post-lauream, ma l’esame di stato che porta via altri mesi… teniamo poi presente che un’altissima percentuale di colleghi intraprende percorsi di formazione specialistica che li tiene distanti dal lavoro per altri anni.
Ma come ci si può sognare di pubblicare questi numeri? Perché disinformare dei giovani e prossimi universitari su una realtà che non esiste?
L’uscita di Puglisi Allegra, poi, è la ciliegina sulla torta: la scuola e l’azienda offrirebbe MOLTI sbocchi agli psicologi… beh, forse sarebbe il caso di informarlo che:
- la scuola oramai non ha neppure più i soldi per comperare la carta igienica, figuriamoci per avere psicologi in organico (e qui si potrebbe aprire un dibattito anche sulle scuole che propongono Master in Psicologia Scolastica… saporite bufale per palati raffinati);
- le aziende forse potevano essere e sono state per qualche tempo un terreno fertile di inserimento per gli psicologi, forse lo sono tutt’ora rispetto ad altri, ma dire che offrono molte opportunità è proprio azzardato! Sulla sentenza Platè (pur lodevole che sia) ci hanno costruito un castello di carte per riempirsi la bocca, quando in realtà abbiamo i consulenti del lavoro (professione molto più forte della nostra) che stanno lavorando per farci barba e capelli dentro l’azienda.
Ed allora perché vendere questi sogni irrealizzabili? Capiamo benissimo che le Facoltà prendono risorse economiche a seconda del numero di ragazzi che si iscrivono, capiamo benissimo che meno studenti significa meno cattedre, quindi meno docenti pagati, quindi meno libri venduti, quindi tutto un indotto che viene meno… lo capiamo benissimo, ma ciò non può e non deve giustificare un abuso informativo nei confronti di persone che stanno per affrontare un passo importante, per investire un sacco di soldi e di anni per costruirsi un avvenire… non possiamo marciare sui sogni e le fantasie di questi giovani. Non c’è psicologia, non c’è etica, non c’è rispetto…
Ad oggi abbiamo 50.000 psicologi iscritti all’Ordine, almeno un 20% laureato ma non iscritto all’Ordine, e circa 80.000 studenti iscritti nelle varie facoltà.
Che dobbiamo fare? Vogliamo continuare a farci male?
Personalmente sono contrario al numero chiuso, ma ritengo necessario porre dei filtri!
Vi riporto velocemente due riflessioni che poi andrò ad esplodere ed arricchire in un prossimo articolo.
- informazione chiara e trasparente in entrata: dobbiamo informare mooolto chiaramente i giovani su cosa gli aspetta; fargli capire che non sarà affatto facile; che molto probabilmente dovranno fare altri percorso post-lauream e che neppure quelli saranno in grado di garantirgli lavoro; che con molta probabilità dovranno fare la libera professione, quindi non posto fisso, ma lotta con il coltello tra i denti. Ed almeno un terzo dei candidati si dilegua…
- selezione sugli standard di qualità: dalla facoltà di psicologia escono un sacco di ignoranti e spesso i danni maggiori alla categoria ce li combinano proprio i colleghi, la riforma universitaria ed i crediti hanno poi definitivamente mandato a picco l’aspetto qualitativo. È necessario formare adeguatamente gli studenti, inserire la pratica e l’esperienza internamente al momento teorico. Ed anche il corpo docente dovrebbe essere rivisto perché anche lì c’è gente che con la qualità, la crescita professionale, la psicologia… non ha nulla a che vedere
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Allora è per questo che diversi laureati in altre materie e disoccupati pensano “a saperlo avrei fatto psicologia, mettevo una targhetta sotto al portone ed era fatta”, oppure perchè c’è gente che si iscrive a psicologia a 40 anni sperando di poter avere una realizzazione lavorativa! Quanta disinformazione…