Sembra l’inizio di una barzelletta ed invece rappresenta un radicale cambiamento di paradigma del concetto di Salute e Benessere Psico-Fisico.
Gli ultimi dieci, quindici anni hanno visto un profondo mutamento della nostra società: dalla politica all’economia, dal luogo di lavoro agli spazi privati, dalla scuola alla famiglia, fino ai costrutti di malattia, salute e benessere. Internet ed i Social Media, poi, stanno cambiando il modo di informarsi e relazionarsi, impattano sulle attese di servizio dei cittadini… sempre più informati, attivi e critici.
Sta scomparendo il paziente… oggi abbiamo i clienti
Stare in Salute è oggi un valore di riferimento, una legittima ambizione di donne, uomini, bambini ed anziani. Un costrutto di Salute liberato dai soli confini “solidi” di malattia, patologia e medicina, sempre più “liquido”, in divenire, socializzato e socializzante.
Stare in Salute, oggi, significa anche prestare attenzione a fattori ambientali, a stili di vita, ad abitudini alimentari, alla propria immagine e persona, al proprio benessere psico-fisico, agli affetti ed alle relazioni.
Nella società liquida, di baumaniana memoria, anche l’idea stessa di “malattia” diviene più nebulosa, senza inizio né fine, un accompagno permanente della salute, da monitorare ed allontanare. Malattia fisica e malattia dell’anima. Come affermato da Ivan Illich “la ricerca della salute è diventata essa stessa il fattore patogeno prevalente”.
Sta scomparendo la malattia… oggi abbiamo la super salute
In questo scenario, anche la domanda e le attese di servizio dei cittadini stanno rapidamente mutando. La domanda di salute e benessere è sempre più distante da quella che abbiamo studiato sui libri universitari o di specializzazione, e sempre meno l’attesa di servizio corrisponde ai canonici servizi di consulenza psicologica o psicoterapia a studio.
C’è un universo complesso, in divenire, inter-professionale, fortemente orientato al cliente ed innovativo, che fa networking, capace di usare le tecnologie telematiche, progettuale e discontinuo rispetto a contesti utenze e servizi canonici. C’è una domanda di salute e benessere che cerca risposte professionali e di qualità sempre più specialistiche e distintive, che non bada al titolo professionale, ma alla capacità di ascoltare, conversare e rispondere al problema.
Sta scomparendo lo psicologo generico… sempre più si va affermando un professionista psicologo moderno
Se il cliente e la supersalute hanno già maturato un completo cambio di paradigma rispetto ai vecchi paziente e malattia, il terzo “personaggio” – il professionista psicologo moderno (specialista su nicchie di servizio, che sa promuoversi, orientato al cliente) – è sicuramente quello più indietro ed in divenire.
Lo psicologo sta pian piano cogliendo questo cambio di paradigma in atto, ma deve investire maggiormente su conoscenza ed innovazione, deve orientarsi meglio al mercato, ascoltare il cliente, anticiparne le richieste per rispondere ai suoi bisogni in modo adeguato e soddisfacente.
Dovrai essere capace di rinnovare costantemente il tuo sapere, saper fare e saper essere di Psicologo, ma anche di acquisire conoscenze e competenze non proprie della Psicologia. Trasversali ed imprescindibili a qualsiasi professionista moderno. E lo dovrai fare da solo, perché né l’Università né la formazione specialistica post-lauream te le hanno passate… capacità di individuare nicchie di utenza e servizio, analizzare la concorrenza, fare rete inviante, avviare lo Studio, pianificare e gestire un progetto, utilizzare efficacemente Internet ed i Social Network per promuoverti, elementi fiscali e legali, in ultima analisi condurre una buona e coordinata attività di Marketing per lo Psicologo.
Potrai affidarti, come spesso accade, a soluzioni individuali, all’autoformazione, al procedere per tentativi ed errori. È encomiabile, ma ti sarà difficile apprendere tutto ciò in tempi rapidi ed in modo efficace e spendibile da solo…
Ebbene…
- Il post è frutto dei miei residui di colpi di sole agostani, o invece ti ritrovi in questo scenario in divenire?
- Stai riscontrando una tendenza di questo tipo nella tipologia di richieste che ti arrivano a Studio?
- Complice anche l’attuale crisi e l’agguerrita concorrenza, percepisci la necessità di dotarti di nuovi saperi e strumenti per intercettare e conversare con questi “nuovi” clienti e domande di servizio?
Mi farebbe piacere avviare un dibattito in tema perché penso che da questo cambio di paradigma, e da come sapremo reagire, passi molto del futuro della nostra comunità professionale 😉
Buona vita,
Nicola Piccini
0 risposte su “C’era una volta un paziente, una malattia ed uno psicologo…”
commento di prova… scusate… è un nuovo sistema commenti e voglio essere sicuro che funzia ;))
Bell’articolo Nicola, sono d’accordo e trovo che sia perfettamente in linea con i tempi … l’unico rischio in fatto di social networking è l’over sharing secondo me …. è importante per il professionista mantenere una linea informativa sui social, ma è necessario che sia elegante, sobria e non troppo martellante … questo è il mio parere
Bell’articolo Nicola, sono d’accordo e trovo che sia perfettamente in linea con i tempi … l’unico rischio in fatto di social networking è l’over sharing secondo me …. è importante per il professionista mantenere una linea informativa sui social, ma è necessario che sia elegante, sobria e non troppo martellante … questo è il mio parere
siamo dunque giunti a questo livello di falsificazione della realtà…
l’essere umano è sempre lo stesso
peccato che lo psicologo non lo sappia
non l’ha mai saputo!
psicologhi superspecialisti? che sanno fare cosa?
e comunque dove sono… dove lavorano… chi sono questi superspecialisti?
non è ancora arrivato il momento di svelare umilmente la nostra povertà!?
Mario Trovarelli
Mi sembra molto interessante…l’idea di aggiornarsi e competere con un’utenza molto aggiornata e alla ricerca spasmodica di una “super salute” , come la chiami tu, è un’esigenza che abbiamo anche noi ERBORISTI, che facciamo dell’ascolto la nostra punta di diamante.
La mia proposta è una collaborazione fattiva fra lo psicologo e l’erborista: lo psicologo può “prescrivere” rimedi naturali che rendono l’utente-cliente-paziente più CONVINTO di fare qualcosa per il suo BENESSERE PSICO-FISICO.
Non per altro spopolano corsi di formazione per COUNSELOR NATUROPATA: un servizio a tutto tondo che secondo me DEVE essere svolto dallo psicologo, il quale ha il solo impegno di ampliare le proprie competenze sulle Piante Officinali e sul mondo degli integratori per il benessere, chiaramente acquistati attraverso i canali ufficiali ( erboristerie ) e consigliati ( non prescritti ) dallo psicologo.
Tutto ciò anche per cavalcare l’onda della richiesta di un metodo NATURALE per ovviare ai propri disagi esistenziali ( passatemi il termine…sono un’erborista ) e per contrastare il metodo classico che fa uso di psichiatra ( prescrizione )e psicofarmaci ( farmacia).
Chi non fa questo secondo me, nella logica di un mercato che cambia e che richiede sempre più professionalità, è OUT.
Spero di annoverarvi tra i futuri CONSIGLIERI di Piante Officinali.
Grazie per l’attenzione!
P.S.:@ Nicola: un pò lento dal mio I Phone.
Ciao,
Maddalena Affinito, erborista dal 1987
Ciao Maddalena, molto interessante il punto di un’altra professionalità! Come si può vedere, i mutamenti in essere sono trasversali a tutte le professioni ed il mettersi in rete è sicuramente una via da percorrere con convinzione :)) in che città ti trovi?
Al momento sono a Varna, in Bulgaria, per vacanza e invece di rilassarmi…cosa faccio?…leggo un libro di e sul marketing e poi appari tu con le tue riflessioni…impossibile non rispondere! ( anche perché IL CASO NON ESISTE…lo dice anche il Maestro Tartaruga di Kung Fu Panda :-)))…
Vivo e lavoro ad Anzio, ma non volevo fare pubblicità a me stessa, piuttosto alla quantità di rimedi vegetali messi a disposizione dalla Natura…peccato non usarli!
E poi…TRASVERSALE è bellissimo…è il futuro, secondo me.
Grazie ancora per l’attenzione.
Maddalena Affinito.
Buongiorno Maddalena, trovo interessante e condivido il tuo punto di vista.Sono una psicologa che da un percorso inziale in psicologia del lavoro, ha scelto di concentarsi con piu attenzione sulle persone. Anch’io cerco di proporre un approccio che integra le conoscenze classiche e quelle “trasversali” (sono anche naturopata e floriterapeuta)….al di là di cavalcare l’onda”, ritengo sia necessario un radicale cambiamento del modo di avvicinarsi all'”altro” che a noi si rivolge portando un disagio….. HO trovato nella medicina naturale la mia dimensione d il giusto equilibrio tra tradizione e innovazione….e spero di riuscire a proporre nel giusto modo queste modalità di essere e lavoare ( e i suggerimenti di marketing di nicola in questo senso sono sempre molto utili….)
buona giornata a tutti!!!!
Bravissima, Elena!
Mi fa piacere sapere che c’è già chi usa strumenti efficaci come quelli messi a disposizione dalla Natura in un’ottica olistica e incentrata sul cliente. Credo in questa strategia e credo che sia vincente nel prossimo futuro. Credo anche nella promozione, il Self Brand come oggi si usa dire: promuovi te stesso e quello che fai attraverso più canali possibile, non solo le web community. Ad esempio: non credi che l’erboristeria, al momento un luogo di “smistanento informazioni” per una varia utenza che in prima istanza si rivolge ad un punto commerciale anonimo e a costo zero, possa fare da collegamento fra il cliente finale e lo psicologo? Certamente, chi è orientato a curarsi con la natura, sceglierà una terapia più “dolce” rispetto a quella “classica” che propone l’uso di psicofarmaci. Nella mia esperienza venticinquennale di erborista al banco, avrei desiderato per molti dei miei clienti un supporto psicologico adeguato e avrei certamente preferito una persona come te, con il tuo approccio a tutto tondo che secondo me crea un effetto di “centratura energetica” ( come amiamo dire noi erboristi e voi naturopati) che rende il cliente finale più consapevole e responsabile. Coinvolgerò in questa nuova tendenza gli psicologi della mia zona, organizzando degli incontri formativi sull’uso delle Piante Officinali…sono sicura che la maggior parte ne sarà entusiasta! Buon lavoro,
Maddalena Affinito.
❤Inviato da MyPhone❤
Il giorno 06/set/2012, alle ore 11:10, “Disqus” ha scritto:
Mi sembra molto interessante…l’idea di aggiornarsi e competere con un’utenza molto aggiornata e alla ricerca spasmodica di una “super salute” , come la chiami tu, è un’esigenza che abbiamo anche noi ERBORISTI, che facciamo dell’ascolto la nostra punta di diamante.
La mia proposta è una collaborazione fattiva fra lo psicologo e l’erborista: lo psicologo può “prescrivere” rimedi naturali che rendono l’utente-cliente-paziente più CONVINTO di fare qualcosa per il suo BENESSERE PSICO-FISICO.
Non per altro spopolano corsi di formazione per COUNSELOR NATUROPATA: un servizio a tutto tondo che secondo me DEVE essere svolto dallo psicologo, il quale ha il solo impegno di ampliare le proprie competenze sulle Piante Officinali e sul mondo degli integratori per il benessere, chiaramente acquistati attraverso i canali ufficiali ( erboristerie ) e consigliati ( non prescritti ) dallo psicologo.
Tutto ciò anche per cavalcare l’onda della richiesta di un metodo NATURALE per ovviare ai propri disagi esistenziali ( passatemi il termine…sono un’erborista ) e per contrastare il metodo classico che fa uso di psichiatra ( prescrizione )e psicofarmaci ( farmacia).
Chi non fa questo secondo me, nella logica di un mercato che cambia e che richiede sempre più professionalità, è OUT.
Spero di annoverarvi tra i futuri CONSIGLIERI di Piante Officinali.
Grazie per l’attenzione!
P.S.:@ Nicola: un pò lento dal mio I Phone.
Ciao,
Maddalena Affinito, erborista dal 1987
Ciao Maddalena, molto interessante il punto di un’altra professionalità! Come si può vedere, i mutamenti in essere sono trasversali a tutte le professioni ed il mettersi in rete è sicuramente una via da percorrere con convinzione :)) in che città ti trovi?
Al momento sono a Varna, in Bulgaria, per vacanza e invece di rilassarmi…cosa faccio?…leggo un libro di e sul marketing e poi appari tu con le tue riflessioni…impossibile non rispondere! ( anche perché IL CASO NON ESISTE…lo dice anche il Maestro Tartaruga di Kung Fu Panda :-)))…
Vivo e lavoro ad Anzio, ma non volevo fare pubblicità a me stessa, piuttosto alla quantità di rimedi vegetali messi a disposizione dalla Natura…peccato non usarli!
E poi…TRASVERSALE è bellissimo…è il futuro, secondo me.
Grazie ancora per l’attenzione.
Maddalena Affinito.
Buongiorno Maddalena, trovo interessante e condivido il tuo punto di vista.Sono una psicologa che da un percorso inziale in psicologia del lavoro, ha scelto di concentarsi con piu attenzione sulle persone. Anch’io cerco di proporre un approccio che integra le conoscenze classiche e quelle “trasversali” (sono anche naturopata e floriterapeuta)….al di là di cavalcare l’onda”, ritengo sia necessario un radicale cambiamento del modo di avvicinarsi all'”altro” che a noi si rivolge portando un disagio….. HO trovato nella medicina naturale la mia dimensione d il giusto equilibrio tra tradizione e innovazione….e spero di riuscire a proporre nel giusto modo queste modalità di essere e lavoare ( e i suggerimenti di marketing di nicola in questo senso sono sempre molto utili….)
buona giornata a tutti!!!!
Bravissima, Elena!
Mi fa piacere sapere che c’è già chi usa strumenti efficaci come quelli messi a disposizione dalla Natura in un’ottica olistica e incentrata sul cliente. Credo in questa strategia e credo che sia vincente nel prossimo futuro. Credo anche nella promozione, il Self Brand come oggi si usa dire: promuovi te stesso e quello che fai attraverso più canali possibile, non solo le web community. Ad esempio: non credi che l’erboristeria, al momento un luogo di “smistanento informazioni” per una varia utenza che in prima istanza si rivolge ad un punto commerciale anonimo e a costo zero, possa fare da collegamento fra il cliente finale e lo psicologo? Certamente, chi è orientato a curarsi con la natura, sceglierà una terapia più “dolce” rispetto a quella “classica” che propone l’uso di psicofarmaci. Nella mia esperienza venticinquennale di erborista al banco, avrei desiderato per molti dei miei clienti un supporto psicologico adeguato e avrei certamente preferito una persona come te, con il tuo approccio a tutto tondo che secondo me crea un effetto di “centratura energetica” ( come amiamo dire noi erboristi e voi naturopati) che rende il cliente finale più consapevole e responsabile. Coinvolgerò in questa nuova tendenza gli psicologi della mia zona, organizzando degli incontri formativi sull’uso delle Piante Officinali…sono sicura che la maggior parte ne sarà entusiasta! Buon lavoro,
Maddalena Affinito.
?Inviato da MyPhone?
Il giorno 06/set/2012, alle ore 11:10, “Disqus” ha scritto:
ciao Nicola. non so…l’articolo sembra scritto quasi con (passami il termine) sarcasmo, forse saranno quei corsivi che hai inserito? non saprei dirti con precisione. e poi super specialisti? che vuol dire? gli psicologi della corrente umanistico-esistenziale non li hanno mai chiamati “pazienti”, ma sempre clienti e il motivo sta tutto nella considerazione del concetto di malattia (penso tu conosca bene la differenza che passa tra l’eliminare il sintomo e la salutogenesi). la necessità di imparare a pubblicizzarsi senza esagerare è una necessità profonda, considerando ognuno di noi di fronte a quanta concorrenza si trova.un abbraccio. Giovanni
Ciao Giovanni, non vi è sarcasmo nel post tuttavia ammetto che è difficile condensare l’attuale scenario, i mutamenti, in così poche righe… Inevitabilmente mi trovo a procedere per categorie forse troppo forzate, o comunque impossibilitato a trattare le varie sfumature per approcci, tipologie di servizi, ecc… Detto ciò, rimanendo su tendenze generali, credo che i processi descritti siano realmente in essere e che sarà importante per noi avviare una riflessione in merito… Questo primo post vuole essere una sorta di incipit, necessariamente dovranno seguire ulteriori contributi, ed anzi il tuo commento mi offre l’opportunità per dire che mi rendo con piacere disponibile ad ospitare e pubblicare ulteriori contributi sul tema :))
ciao Nicola.
Darwin sosteneva che la specie che sopravvive non è la più forte ma quella che è in grado di cambiare e mutare abitudini in base alle esigenze…se, come fai notare giustamente, le esigenze cambiano e noi rimaniamo fini a noi stessi, non vedo grandi sviluppi… e vedremo quindi che ne sarà di noi.
e cmq sarò felicissimo di offrire il mio contributo sul tema 🙂
ciao ciao
Giovanni
ciao Nicola. non so…l’articolo sembra scritto quasi con (passami il termine) sarcasmo, forse saranno quei corsivi che hai inserito? non saprei dirti con precisione. e poi super specialisti? che vuol dire? gli psicologi della corrente umanistico-esistenziale non li hanno mai chiamati “pazienti”, ma sempre clienti e il motivo sta tutto nella considerazione del concetto di malattia (penso tu conosca bene la differenza che passa tra l’eliminare il sintomo e la salutogenesi). la necessità di imparare a pubblicizzarsi senza esagerare è una necessità profonda, considerando ognuno di noi di fronte a quanta concorrenza si trova.un abbraccio. Giovanni
Ciao Giovanni, non vi è sarcasmo nel post tuttavia ammetto che è difficile condensare l’attuale scenario, i mutamenti, in così poche righe… Inevitabilmente mi trovo a procedere per categorie forse troppo forzate, o comunque impossibilitato a trattare le varie sfumature per approcci, tipologie di servizi, ecc… Detto ciò, rimanendo su tendenze generali, credo che i processi descritti siano realmente in essere e che sarà importante per noi avviare una riflessione in merito… Questo primo post vuole essere una sorta di incipit, necessariamente dovranno seguire ulteriori contributi, ed anzi il tuo commento mi offre l’opportunità per dire che mi rendo con piacere disponibile ad ospitare e pubblicare ulteriori contributi sul tema :))
ciao Nicola.
Darwin sosteneva che la specie che sopravvive non è la più forte ma quella che è in grado di cambiare e mutare abitudini in base alle esigenze…se, come fai notare giustamente, le esigenze cambiano e noi rimaniamo fini a noi stessi, non vedo grandi sviluppi… e vedremo quindi che ne sarà di noi.
e cmq sarò felicissimo di offrire il mio contributo sul tema 🙂
ciao ciao
Giovanni
Io invece sono d’accordo con l’articolo, proprio perchè “l’etichetta” che si affida agli psicologi di solito è sempre quella di psicologo, analista-paziente. Gli sviluppi recenti, sono utili proprio per far capire alle persone in generale, che lo psicologo può occuparsi anche della prevenzione e non soltanto della “cura”, può essere preso in considerazione anche il versante positivo. Mi permetto di affermarlo in quanto studio Psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni che quindi ha a che fare più che con pazienti, con clienti! Ma anche se si trattasse del classico paziente, le opinioni, i giudizi sugli psicologi dovrebbero cambiare, ampliarsi, forse così ci sarebbe anche più possibilità di lavoro in quanto le aziende ad esempio, potrebbero arrivare ad essere meno restie, nei confronti della figura professionale a cui possono rivolgersi per svariati motivi.
Io invece sono d’accordo con l’articolo, proprio perchè “l’etichetta” che si affida agli psicologi di solito è sempre quella di psicologo, analista-paziente. Gli sviluppi recenti, sono utili proprio per far capire alle persone in generale, che lo psicologo può occuparsi anche della prevenzione e non soltanto della “cura”, può essere preso in considerazione anche il versante positivo. Mi permetto di affermarlo in quanto studio Psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni che quindi ha a che fare più che con pazienti, con clienti! Ma anche se si trattasse del classico paziente, le opinioni, i giudizi sugli psicologi dovrebbero cambiare, ampliarsi, forse così ci sarebbe anche più possibilità di lavoro in quanto le aziende ad esempio, potrebbero arrivare ad essere meno restie, nei confronti della figura professionale a cui possono rivolgersi per svariati motivi.
Mi è capitato di leggere diversi contributi e commenti di svariati articoli di tutta questa galassia che poi è anche la mia galassia che,forse un pò troppo semplicisticamente,chiamiamo Psicologia.Rispetto sia ad annose questioni come l’istituzione dello Psicologo clinico di base,la fusione delle facoltà di Psicologia con una parte di Medicina alla Sapienza a Roma,ma anche il futuro dell’ENPAP,la cassa previdenziale e le prospettive dello stesso Ordine Professionale,tante davvero tante e discordanti sono le voci a fronte di una galassia,la nostra,che,pur con ingenti problemi di precariato e disoccupazione,potrebbe davvero essere una professione ambita e dal forte riconoscimento sociale.Non solo per il mandato etico che ogni psicologo sin da quando studia dovrebbe riconoscersi,ma anche per il numero di colleghi e di studenti in formazione che la Psicologia ha.Di certo inferiore a professioni come i farmacisti,i medici o i sanitari.Senza considerare che alcuni psicoterapeuti non sono psicologi.Dovremmo fare(e chi meglio di noi può farlo)della nostra frammentazione che è la principale debolezza della categoria,la principale forza e virtù.Siamo gli unici che possono davvero entrare di diritto in ogni contesto lavorativo da quelli clinici a quelli aziendali più disparati,passando per il terzo settore e l’impegno sociale.E,badiamo bene,ognuno di questi macro-contesti,ha in sè più di un sistema(parlo di sistema per mantenere il paragone che ho fatto in precedenza,quello della galassia)in cui far valere le nostre competenze specifiche che sono il frutto di tante generalità e specificità.Che il nostro compito sia quello di legare la terra con il cielo è sicuramente un compito arduo,ma dobbiamo anche essere consapevoli che siamo i soli che possiamo farlo:d’altronde già gli antichi sumeri ritenevano che ciò che è nel macrocosmo è anche nel microcosmo e il microcosmo non è altro che la psiche di ognuno.
Mi è capitato di leggere diversi contributi e commenti di svariati articoli di tutta questa galassia che poi è anche la mia galassia che,forse un pò troppo semplicisticamente,chiamiamo Psicologia.Rispetto sia ad annose questioni come l’istituzione dello Psicologo clinico di base,la fusione delle facoltà di Psicologia con una parte di Medicina alla Sapienza a Roma,ma anche il futuro dell’ENPAP,la cassa previdenziale e le prospettive dello stesso Ordine Professionale,tante davvero tante e discordanti sono le voci a fronte di una galassia,la nostra,che,pur con ingenti problemi di precariato e disoccupazione,potrebbe davvero essere una professione ambita e dal forte riconoscimento sociale.Non solo per il mandato etico che ogni psicologo sin da quando studia dovrebbe riconoscersi,ma anche per il numero di colleghi e di studenti in formazione che la Psicologia ha.Di certo inferiore a professioni come i farmacisti,i medici o i sanitari.Senza considerare che alcuni psicoterapeuti non sono psicologi.Dovremmo fare(e chi meglio di noi può farlo)della nostra frammentazione che è la principale debolezza della categoria,la principale forza e virtù.Siamo gli unici che possono davvero entrare di diritto in ogni contesto lavorativo da quelli clinici a quelli aziendali più disparati,passando per il terzo settore e l’impegno sociale.E,badiamo bene,ognuno di questi macro-contesti,ha in sè più di un sistema(parlo di sistema per mantenere il paragone che ho fatto in precedenza,quello della galassia)in cui far valere le nostre competenze specifiche che sono il frutto di tante generalità e specificità.Che il nostro compito sia quello di legare la terra con il cielo è sicuramente un compito arduo,ma dobbiamo anche essere consapevoli che siamo i soli che possiamo farlo:d’altronde già gli antichi sumeri ritenevano che ciò che è nel macrocosmo è anche nel microcosmo e il microcosmo non è altro che la psiche di ognuno.
e già.. è proprio così..un nuovo paradigma stà prepotentemente attecchendo imponendo nella nostra realtà e la comunità professionale degli psicologi non può che e deve abbracciarlo..:Già l’OMS rispetto al modello bio-psico-sociale, un buon primo passo verso questo nuovo scenario, aveva considerato la salute e la malattia come prodotti derivanti dalla combinazione di fattori biologici, comportamentali e sociali e che questi, dando vita a un intreccio inscindibile, sottendono / sono la causa o conseguenze del VISSUTO SOGGETTIVO rispetto e verso la malattia che la persona sta affrontando e vivendo. A questo poi si lega il mutato rapporto di potere fra curante e curato, l’evoluzione delle tecniche terapeutiche e soprattutto l’evoluzione culturale in atto nella popolazione. Alla luce di tali cambiamenti,già sopra citati, è necessario potenziare le nostre capacità di coinvolgere il paziente-ormai sempre più cliente- ma anche e soprattutto la sua famiglia nella gestione delle cure..a proposito del quale sarebbe giusto ridefinire e affrontare il tanto delicato limite tra ‘giuste cure’ e ‘accanimento terapeutico’, centrando l’attenzione e il processo di cura SUL paziente per migliorare la sua compliance ai trattamenti. Spero di aver contribuito con un pò del mio pensiero, Buona vita e buon lavoro 🙂
e già.. è proprio così..un nuovo paradigma stà prepotentemente attecchendo imponendo nella nostra realtà e la comunità professionale degli psicologi non può che e deve abbracciarlo..:Già l’OMS rispetto al modello bio-psico-sociale, un buon primo passo verso questo nuovo scenario, aveva considerato la salute e la malattia come prodotti derivanti dalla combinazione di fattori biologici, comportamentali e sociali e che questi, dando vita a un intreccio inscindibile, sottendono / sono la causa o conseguenze del VISSUTO SOGGETTIVO rispetto e verso la malattia che la persona sta affrontando e vivendo. A questo poi si lega il mutato rapporto di potere fra curante e curato, l’evoluzione delle tecniche terapeutiche e soprattutto l’evoluzione culturale in atto nella popolazione. Alla luce di tali cambiamenti,già sopra citati, è necessario potenziare le nostre capacità di coinvolgere il paziente-ormai sempre più cliente- ma anche e soprattutto la sua famiglia nella gestione delle cure..a proposito del quale sarebbe giusto ridefinire e affrontare il tanto delicato limite tra ‘giuste cure’ e ‘accanimento terapeutico’, centrando l’attenzione e il processo di cura SUL paziente per migliorare la sua compliance ai trattamenti. Spero di aver contribuito con un pò del mio pensiero, Buona vita e buon lavoro 🙂
e già.. è proprio così..un nuovo paradigma stà prepotentemente attecchendo, imponendosi nella nostra realtà, e la comunità professionale degli psicologi non può che abbracciarlo..:Già l’OMS rispetto al modello bio-psico-sociale, un buon primo passo verso questo nuovo scenario, aveva considerato la salute e la malattia come prodotti derivanti dalla combinazione di fattori biologici, comportamentali e sociali e che questi, dando vita a un intreccio inscindibile, sottendono / sono la causa o conseguenze del VISSUTO SOGGETTIVO rispetto e verso la malattia che la persona sta affrontando e vivendo. A questo poi si lega il mutato rapporto di potere fra curante e curato, l’evoluzione delle tecniche terapeutiche e soprattutto l’evoluzione culturale in atto nella popolazione. Alla luce di tali cambiamenti,già sopra citati, è necessario potenziare le nostre capacità di coinvolgere il paziente-ormai sempre più cliente- ma anche e soprattutto la sua famiglia nella gestione delle cure..a proposito del quale sarebbe giusto ridefinire e affrontare il tanto delicato limite tra ‘giuste cure’ e ‘accanimento terapeutico’, centrando l’attenzione e il processo di cura SUL paziente per migliorare la sua compliance ai trattamenti. Spero di aver contribuito con un pò del mio pensiero, Buona vita e buon lavoro 🙂
e già.. è proprio così..un nuovo paradigma stà prepotentemente attecchendo, imponendosi nella nostra realtà, e la comunità professionale degli psicologi non può che abbracciarlo..:Già l’OMS rispetto al modello bio-psico-sociale, un buon primo passo verso questo nuovo scenario, aveva considerato la salute e la malattia come prodotti derivanti dalla combinazione di fattori biologici, comportamentali e sociali e che questi, dando vita a un intreccio inscindibile, sottendono / sono la causa o conseguenze del VISSUTO SOGGETTIVO rispetto e verso la malattia che la persona sta affrontando e vivendo. A questo poi si lega il mutato rapporto di potere fra curante e curato, l’evoluzione delle tecniche terapeutiche e soprattutto l’evoluzione culturale in atto nella popolazione. Alla luce di tali cambiamenti,già sopra citati, è necessario potenziare le nostre capacità di coinvolgere il paziente-ormai sempre più cliente- ma anche e soprattutto la sua famiglia nella gestione delle cure..a proposito del quale sarebbe giusto ridefinire e affrontare il tanto delicato limite tra ‘giuste cure’ e ‘accanimento terapeutico’, centrando l’attenzione e il processo di cura SUL paziente per migliorare la sua compliance ai trattamenti. Spero di aver contribuito con un pò del mio pensiero, Buona vita e buon lavoro 🙂
Caro psicomarchettaro, come l’altra volta citavi a vanvera Serge Latouche, adesso scomodi, sempre senza alcuna logica di contenuto, addirittura Ivan Illich, che se sapesse chi sei si rivolterebbe nella tomba. Ma veniamo al dunque della tua considerazione sul futuro della professione di psicologo e sui cambiamenti in atto in merito al rapporto tra paziente-cliente e percezione di salute nella gente.
Per quanto mi riguarda la salute va intesa come equilibrio psicofisico in relazione al determinato contesto socio ambientale. Malattia invece è la rottura di questo equilibrio con manifestazioni di sofferenza. Si può ragionare su cosa sia l’equilibrio della salute, soprattutto in ambito psichico, poiché il nostro fondamentale dato sociale crea risposte diverse in epoche e culture differenti.
Nel nostro contesto economico, che i tuoi citati Illich e Latouche hanno criticato aspramente, la malattia è essenzialmente un mercato. Un mercato ricchissimo, che nel mondo occidentale viene subito dopo quello delle armi e del petrolio. Come ben saprai i mercanti della salute, case farmaceutiche, medici, finte associazioni di malati, e, ahimè, anche qualche psicologo folgorato sulla via dello e-psicomarchettarismo, ovviamente sfruttano il filone commerciale della sofferenza, addirittura creando nuove malattie, sia fisiche che psichiche, o cambiando i paradigmi per includere i sani in inutili e dannosi percorsi terapeutici.
Credo che uno psicologo abbia, o almeno debba avere, gli strumenti culturali e relazionali, soprattutto l’empatia, per potersi occupare più di sofferenza, anche quella indotta dal modello socioeconomico in cui viviamo, più che pensare a come modificare proprio atteggiamento per rincorrere più clienti possibile.
Ovviamente anche lo psicologo ha diritto a vedere riconosciuta, anche economicamente, la propria attività professionale, cercando di proporre nel miglior modo possibile, ma soprattutto utile alla cura della sofferenza del paziente, non solo quella percepita “culturalmente”, ma anche, e forse soprattutto, a quella indotta dai mercenari del mercato della salute, la propria qualità di terapeuta.
Quindi secondo me non si tratta di rincorrere attività autoreferenziali di pubblicizzazione del proprio impegno professionale, ma di lavorare per lo scopo comune, in un modello collaborativo e non competitivo, sempre per ricordarti le tue citazioni sconnesse, di rendere accessibile agli utenti un’informazione corretta e per lo più attendibile dell’intervento dello psicologo e dello psicoterapeuta in ambito sanitario.
Se si vuole questo bisognerebbe impedire la pubblicizzazione professionale indipendente, dove ovviamente ognuno, anche in buona fede, promuove più il sè ideale ipertrofico di kouthiana memoria, magari corroborato da avidità economica e di potere, che obbiettive indicazioni utili all’utenza.
Pertanto mi piacerebbe che ci fosse per i pazienti un’informazione professionale in ambito psicologico chiara e scevra da interessi individuali, dove le basi della professionalità non sono gli ammennicoli da imbonitore televisivo, ma chiaramente valutabili considerazioni di acquisita capacità d’intervento terapeutico adeguato.
Sono profondamente d’accordo che è importante conoscere e saper utilizzare gli strumenti di comunicazione più attuali, ma senza essere passivi, con l’unico scopo di sfruttarli a proprio vantaggio, e con la considerazione critica necessaria al loro utilizzo corretto e utile alla comunità.
Se il mondo cambia, e non necessariamente in meglio, possiamo provare considerarci come parte di quel cambiamento, e non solo come dei topi da laboratorio che rincorrono il formaggio per non morire di fame.
Awanagana… (cit.)
Carlo Cerracchio
Scusa Piccinini, è successo un fatto alquanto bizzarro: ieri avevo postato un messaggio qui in cortese risposta ad una tua richiesta di commento, ma non lo trovo più… Sicuro della tua indole generosa e impavida, del tuo disinteressato spirito filantropico, e della tua idiosincrasia verso la mistificazione culturale e politica, non oso immaginare che tu possa, addirittura, averlo cancellato! Ti prego aiutami a capire, magari rovistando tra il pattume del Disqus, quale malevolo disguido tecnico abbia causato tale infausto inconveniente. Ovviamente, con il solo scopo di aiutare il tuo veemente impeto democratico, qualora non si riproponesse qui a breve il testo smarrito, sarà mia cura ricordarti pedissequamente e con ricorrenza stretta, con copia di tale post, l’evento increscioso. Awanagana! (cit.) Carlo Cerracchio
Il Suo commento è stato rimosso e la sua email è stata bannata. Visti i toni della presente, provvederò a bannare anche il Suo IP.
Ne ho dato serena comunicazione, ma ahimè sbagliando post. Ne trova nota a questo link
http://www.psicologialavoro.it/articoli/personal-marketing-psicologo/elenco-psicologi/#comment-648113549
Per trasparenza, un commento che inizia così “Caro psicomarchettaro, come l’altra volta citavi a vanvera Serge Latouche, adesso scomodi, sempre senza alcuna logica di contenuto, addirittura Ivan Illich, che se sapesse chi sei si rivolterebbe nella tomba” e prosegue con toni da ring, se lo può postare a casa sua o in altri blog che non siano questi.
Il regolamento lo può trovare qui http://www.psicologialavoro.it/marketing-psicologo-internet/regolamento-sui-commenti/
Non è la prima volta che esordisce con toni sgradevoli ed inopportuni. Se i contenuti che pubblichiamo proprio non li digerisce, se ne vada altrove ed eviti di leggerli e commentarli, almeno non corre il rischio di farsi venire attacchi gastrici con relativo sversamento di acido.
Ci sono mille modi per discutere e confrontarsi anche con opinioni diametralmente opposte. Quello che Lei ha scelto in questa occasione non è gradito in questo blog, così come chiaramente stabilito da regolamento.
Buona continuazione… altrove
Nicola Piccinini
be’, come diceva il tale, “La théorie c’est bon mais ça n’empêche pas d’exister”… checché ne dica anche l’OMS, le malattie continuano ad esistere… di
be’, come diceva il tale, “La théorie c’est bon mais ça n’empêche pas d’exister”… checché ne dica anche l’OMS, le malattie continuano ad esistere… di
Carissimo Piccinini, desolato assai per la controversia porgo riverente le mie sommesse scuse qualora il colorito termine “psicomarchettaro”, frutto di una scherzosa, inoffensiva e magari incauta translitterazione di “psicomarketing”, termine a te caro, abbia indotto offesa nella tua sensibile indole. Per quanto riguarda Latouche e Illich qualsiasi conoscitore della teoria della decrescita considererebbe alquanto incauta l’associazione dei due critici del sistema economico liberista con lo psicomarketing da te legittimamente propugnato.Anzi, qualche estremista concettuale potrebbe vederci addirittura un tentativo di mistificazione. Pertanto ritengo legittimamente fantasticatile, sempre con il solito briciolo di ironia, un ribaltamento tombale, anche con doppio carpiato e avvitamento a destra, del buon Illich a causa delle tue citazioni. Ma oltre questo nel mio post c’erano indicazioni serie, certo non in linea con il tuo pensiero, ma forse utili al dibattito sul tema da te proposto, che, purtroppo, data la tua comprensibile idiosincrasia verso le contrapposizioni linguistiche e culturali, non sarà possibile qui dibattere. Ahimè me ne farò una ragione, non è che abbia solitamente fremiti inconsulti, se non a volte di esterrefatta incredulità, nel frequentare i tuoi blog, e, come ben sai, visto che li banni periodicamente, ho altri spazi di ben più ampia, o comunque diversa, prospettiva culturale dove far scorrere la mia penna virtuale. Ma visto che mi era stato da te chiesto via email, e stranamente in un idioma comprensibile senza troppe “awanaganate” da piccolo “americano a Roma ” di sordiana memoria, che di solito mi rendono incomprensibile, mea culpa da inadegata acculturazione anglofila, le tue missive, un contributo, se pur critico, te l’ho inviato. Qualora la tua frenesia bannatrice dovesse avere un sussulto tollerante ti autorizzo a pubblicare il messaggio inquisito cambiando il termine sacrilego “psicomarchettaro” in quello più politicamente corretto “psicomarketingaro”. Qualora l’onta fosse da te ritenuta indissolubile, attendo con referenza l’elenco dei padrini, armati di fioretto o di bolli legali a tua discrezione. Ovviamente ritengo questo post come legittimo esercizio di diritto di replica, con le opportune conseguenze.
Buona continuazione nei suoi altri spazi di ben più ampia prospettiva culturale.
ciao Nicola l’articolo è pertinente e puntuale. chiaramente non mi sono mai sognato di chiamare pazienti le persone che a me si rivolgono. da psicologo (e non da medico;scusate la precisazione…) per me sono soggetti in divenire, ovviamente clienti da accogliere e da ascoltare. questo è il principale insegnamento che ho ricevuto dalla mia formazione universitaria e post-lauream. per quanto riguarda i clienti è vero che oramai aborrono al termine malattia psichica, rifuggono dalle etichette. la ricerca di informazioni e di soluzioni autoterapeutiche è dilagante e al tempo stesso è ampiamente diffusa la classica diffidenza/resistenza verso i professionisti della salute psichica. anche la domanda di super-salute (termine poco adatto ma efficace) sembra attecchire sempre più. chiaramente c’è molta confusione nelle persone su cosa comporti una salute che concerne e che si fonda sulla la dimensione del benessere e quella del bene-stare. Infine sono d’accordo quando dici che le persone cercano soluzioni ai loro problemi. quello che spetta fare a noi professionisti del benessere è fornire suggerimenti e soluzioni (oltre che ascolto e comprensione che sono fondamentali) non certo magiche ma neanche lunghe e interminabili. Infatti le persone fuggono dai professionisti psy anche perchè temono di essere ingabbiati in un rapporto senza fine e senza soluzioni di continuità. ascolto, sostegno, consulenza e problem solving restano a mio avviso le parole chiave nel mondo contemporaneo.
buon lavoro e a presto
ciao Nicola l’articolo è pertinente e puntuale. chiaramente non mi sono mai sognato di chiamare pazienti le persone che a me si rivolgono. da psicologo (e non da medico;scusate la precisazione…) per me sono soggetti in divenire, ovviamente clienti da accogliere e da ascoltare. questo è il principale insegnamento che ho ricevuto dalla mia formazione universitaria e post-lauream. per quanto riguarda i clienti è vero che oramai aborrono al termine malattia psichica, rifuggono dalle etichette. la ricerca di informazioni e di soluzioni autoterapeutiche è dilagante e al tempo stesso è ampiamente diffusa la classica diffidenza/resistenza verso i professionisti della salute psichica. anche la domanda di super-salute (termine poco adatto ma efficace) sembra attecchire sempre più. chiaramente c’è molta confusione nelle persone su cosa comporti una salute che concerne e che si fonda sulla la dimensione del benessere e quella del bene-stare. Infine sono d’accordo quando dici che le persone cercano soluzioni ai loro problemi. quello che spetta fare a noi professionisti del benessere è fornire suggerimenti e soluzioni (oltre che ascolto e comprensione che sono fondamentali) non certo magiche ma neanche lunghe e interminabili. Infatti le persone fuggono dai professionisti psy anche perchè temono di essere ingabbiati in un rapporto senza fine e senza soluzioni di continuità. ascolto, sostegno, consulenza e problem solving restano a mio avviso le parole chiave nel mondo contemporaneo.
buon lavoro e a presto
Non posso che condividere in pieno questo articolo, decisamente orientato, tra l’altro, verso la linea europea di promozione della professione. Nessuno, per esempio in Inghilterra, sa cosa sia lo “psicologo generico” (e manco si sogna di chiamare “paziente” uno che malato non è, e paga pure la parcella piena) ed è stato, e ancora è, un deficit tutto italiota quello di presentare socialmente la figura dello psicologo come scimmiottamento delle professioni sanitarie, in primis del medico. Strategia perdente dal punto di vista sociale e professionale (e ora anche economico), cui, spero AltraPsicologia darà una dritta innovativa e più anglo-sassone che italianamente medievale. Io abolirei pure l’esame di Stato, che prova solo la competenza di qualcuno nel qui ed ora della sede d’esame, e non lungo tutto il corso della sua carriera professionale. Inoltre, servono specializzazioni differenziate e calibrate sulle richieste del mercato, non sulle competenze degli accademici (che con il mercato, che non sia quello della formazione, hanno spesso poco a che fare…).
Ciao Nicola, ho letto con interesse le tre proposte di articoli della tua ultima newsletter, in merito a “liquidità” e bisogno di star bene. Mi ritrovo pienamente nelle tue considerazioni. Trovo che la psicologia ha bisogno di rinnovarsi, se non vuole apparire una scienza “vecchia” (anche la filosofia può essere sembrata vecchia ai pionieri psicologi, anche Freud può essere sembrato vecchio a chi ha iniziato ad utilizzare strumenti e metodologie nuove). Gli psicologi (non tutti…) si muovono lentamente, pachidermi appesantiti dal loro sapere e dalla loro certezza accademica, fissi su modalità operative consolidate ad osservare tristemente che il mondo intanto sta andando da un’altra parte… Altri ci stanno “rubando” il lavoro e a nulla serve che noi, seduti nel nostro Studio, ci lamentiamo delle loro tecniche da venditori, della loro presunta incompetenza e rivendichiamo i nostri diritti, dopo 10 o 20 anni passati sui libri e denaro speso tra Università e Scuole di specializzazione. Alla fine “il cliente ha sempre ragione”, e le sue scelte determinano il successo o il fallimento di chi eroga Servizi. Dunque forse abbiamo qualcosa da imparare da tutti i “professionisti della salute” ai quali le persone con più facilità si avvicinano perché li sentono più vicini ai loro bisogni, fossero anche insegnanti di danza… (pur senza “svilire” o “svendere” il nostro bagaglio di competenze…)
Ciao Luciano e grazie del commento, mi trovi perfettamente in sintonia. Abbiamo di fronte una sfida di “innovazione culturale” e, come normale che sia, ci sono piccoli gruppi di innovatori che battono sentieri poco conosciuti, creando pian piano strade per i followers. Inizialmente gli innovatori potranno essere visti anche con sospetto. L’unico timore è che il cambiamento corre molto molto veloce, e così le modalità di scelta ed acquisto delle persone. Dobbiamo riuscire a coprire questo scarto culturale (e tecnico) nel breve termine 😉