No panic! E’ una provocazione, una suggestione offerta dal “dramma professionale” che da questo agosto attanaglia la comunità degli avvocati italiani.
Questa estate il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha approvato il regolamento attuativo della legge professionale n. 247 del 2012, art. 21, che stabilisce l’iscrizione d’ufficio degli avvocati alla Cassa Forense (la cassa di previdenza degli avvocati).
[blockquote]Nel regolamento viene stabilito che gli avvocati iscritti alla cassa forense (il corrispettivo dell’ENPAP per gli psicologi) dovranno versare un minimo contributivo in misura fissa (contributo soggettivo), indipendentemente dal reddito dichiarato. Tale decisione metterà così in ginocchio quei 50 mila avvocati che non si sono mai iscritti alla cassa per via delle loro condizioni reddituali, inferiori ai 10.300 euro annui.[/blockquote]
Il regolamento – in pratica – introduce il principio che l’esercizio della professione forense si potrà svolgere sulla base della capacità reddituale. Potrà fare l’avvocato solo chi ha un reddito sufficiente per affrontare i pesanti costi fissi professionali: Cassa Forense, Iscrizione annuale all’albo, assicurazione professionale e via dicendo.
La conseguenza è evidente. Chi non potrà affrontare questi costi avrà solo una scelta: cancellarsi dall’albo.
Cinquantamila persone che hanno scelto di fare l’avvocato da un giorno all’altro rischieranno di ritrovarsi disoccupati e senza alternative per il futuro.
La criticità che ha mosso tale, sanguinolenta audace e impopolare, scelta? Decine di migliaia di avvocati con attività sommersa, ai limiti della sostenibilità, un pericolo sia per la professione che per i clienti perché faticano a mantenere il minimo di struttura organizzativa e aggiornamento necessari, con l’aggravante che rastrellano comunque clientela, erodendo il mercato con prezzi insostenibili dagli avvocati professionisti, anche perché tendono a non pagare contributi previdenziali e tasse.
Ovviamente gli avvocati che rischiano di essere colpiti dalla mannaia sono sul piede di guerra e già si prevedono ricorsi che mirano a evidenziare i profili di illegittimità del regolamento nel merito e forse anche nella forma.
Lasciamo perdere l’esito dei ricorsi e gli sviluppi che tale regolamento produrrà nella comunità degli avvocati.
Vi immaginate una decisione del genere all’interno della nostra comunità professionale?
[well]Siamo oltre 90.000 psicologi iscritti all’Albo, solo la metà è iscritta all’ENPAP e quindi lavora fatturando da Psicologo, tra l’altro con un reddito annuo medio fanalino di coda tra le professioni ordinate. L’eccesso di offerta di servizi psicologi genera una competizione sul prezzo della prestazione professionale che porta a svendere (o anche frequentemente a REGALARE) la competenza psicologica, e di conseguenza a garantire uno standard di qualità dubbio ed incerto. Una dinamica perversa che poi genera bassa credibilità e svilimento dell’immagine professionale.[/well]
Quella degli avvocati è una scelta netta e coraggiosa, non so se negativa o positiva…
Che ne pensi a riguardo? Come vivresti una simile decisione da parte dell’ENPAP o di un Ordine Psicologi territoriale?
[blockquote]A tuo avviso è preferibile l’aumento incontrollato del numero di psicologi iscritti all’Albo (con tutto ciò che ne consegue) oppure un vincolo forte sul reddito come fatto dalla cassa forense (con tutto ciò che ne consegue)?[/blockquote]
Suggestioni… che ne pensi?
20 risposte su “Psicologi italiani. E se in 50.000 rischiassero la cancellazione dall’Albo?”
… ci saranno 50 mila avvocati che senza Albo continueranno a lavorare e faranno firmare le carte all'unico avvocato che ha il reddito alto. Tutti sanno che gli unici studi che possono permettersi di avere redditi alti sono solo quelli dove il titolare lavora per lo stato, anzi "magna" ( a Roma i titolari di studio considerati di alta fascia sono politicanti e non si vedono mai a studio) dallo Stato e senza aver mai visto un atto e senza saper nulla di processo telematico per es. (un importante avvocato di Roma ha creato un problema ad un cliente perché non sapeva usare la PEC e la firma digitale – questi sono i professionisti che mettono le regole) sfrutta il giovane meglio se senza nulla così lo paga ancora meno. Oggi in città come Roma solo i professionisti inseriti nel settore pubblico possono permettersi redditi alti. Vale per i medici con la questione della super assicurazione professionale che per un giovane e gli stipendi attuali è un miraggio, vale per gli psicologi che sopravvivono alla meglio. … Al cliente di qualsiasi categoria importa poco la burocrazia se gli risolvi il problema e paga poco. Un sitema basato sul reddito può andare se la base di partenza è 1 € visto il reddito delle famiglie e delle imprese negli ultimi anni. Aumentare regole e divieti, inserire continue restrizioni spinge a fare l'esatto contrario, arriveremo ad un punto in cui ognuno deciderà da se infischiandosene delle regole imposte dai soliti poteri forti. L'ultimo presidente dell'Ordine degli avvocati è stato massacrato dall'opposizione per aver vinto e tolto il trono ai soliti e per avere cercato di introdurre regole nuove uguali per tutti e non a favore dei soliti.
Era ora! Cosi' tutti gli psicologi che lavorano in nero saranno costretti ad uscire allo scoperto! Fosse davvero che questa crisi finalmente accenda un neurone in qualche cervello…
la “emersione del nero” è sicuramente un tema di dibattito in-target rispetto all’articolo
la modalità con cui lo proponi, Luca, lo vedo invece un pò troppo netto ed eccessivo
il nero non appartiene solo agli psicologi, così come altri tratti negativi a cui spesso veniamo accostati, quindi non vedo il motivo di scagliarsi contro in modo generico e violento… al di là delle oggettive criticità e svilimenti che comunque da alcuni vengono messi in opera 😉
la "emersione del nero" è sicuramente un tema di dibattito in-target rispetto all'articolo
la modalità con cui lo proponi, Luca, lo vedo invece un pò troppo netto ed eccessivo
il nero non appartiene solo agli psicologi, così come altri tratti negativi a cui spesso veniamo accostati, quindi non vedo il motivo di scagliarsi contro in modo generico e violento… al di là delle oggettive criticità e svilimenti che comunque da alcuni vengono messi in opera 😉
Purtroppo l'errore sta nella non programmazione del sistema universitario. Se fate un confronto con il sistema universitario comunista capirete perché l'Italia ha questi problemi. Insieme a tanti altri anch'io faccio parte di quei 90000 iscritti all'Albo. È una vergogna! A mio parere l'università in Italia serve solo come fonte di raccolta delle tasse e per abbassare la dissociazione nella fascia d'età fra 19-25 anni. Io sono ventuta dall'estero per studiare in Italia e devo dire che sono rimasta molto deluso. Cordiali saluti
Ottima suggestione Nicola, complimenti!
Nicola Piccinini Caro Nicola, chiedere il rispetto delle regole non significa scagliarsi contro in modo generico e violento… il problema è che il rispetto delle regole è vissuto come una violenza! Ad ogni modo, l'iscrizione all'Enpap è un obbligo, non un'optional… oppure facciamo che diventi opzionale, io voto a favore al 100%… almeno le regole siano uguali per tutti… secondo me creare una categoria professionale più definita e matura sarebbe un bene per tutti…
Gli avvocati sono legati per legge ( L. 319/75 eL. 576/80 ) al criterio dell’esercizio dell’attività professionale con il carattere della effettività, continuità e prevalenza, cosa che a noi manca.
Sul lavoro nero nella professione mi sembra più un mito o una pia illusione che serve ad aumentare il mito che vi siano tanti clienti in giro e che sicuramente sono visti in *nero*.
Psicologo Roma Dottor Saita auspicare che la cosa "accenda un neurone in qualche cervello", ad esempio, non mi pare avere nulla a che fare con il GIUSTO discorso sulle regole, bensì mi lascia pensare ad una generica, generale ed assolutistica Svalutazione della categoria, evidentemente – a tuo modo di scrivere – senza neppure un solo neurone acceso 😉 Ma andiamo oltre… nella sostanza la tua posizione la potrei in linea di massima condividere
Oibò! Che succederebbe? Mi cancellerei, dovrei farlo…e poi? Al primo cliente correre a iscrivermi? Bah…forse lo stare in "nero" dei "piccoli" verrebbe alimentato…forse bisognerebbe programmare tutto meglio sin dall'università..
Nicola ha messo in evidenza un problemone, urge una riforma professionale. Basta cliccare su google per trovare pagine e pagine di saccenti che a quanto pare sono specialisti competenti su ogni problematica partendo dalla A di Anoressia passando per la S di schizofrenia fino alla Z. esperti inoltre in formazione di ogni tipo , specialisti in marketing.. insomma non vorrei essere blasfemo ma dei veri e propri "profeti". Vi sembra credibile una cosa simile? a me no, per nulla!
Come è possibile che siano tutti cosi esperti da formare? Esistono corsi di ogni tipo e nessuna regolamentazione! Sono convinto Nicola, che bisogna mettere mano a tutto questo, chi ha praticato e e pratica, sa benissimo che la possibilità di sviluppare ed affrontare più problematiche contemporaneamente non è umanamente possibile nella nostra professione. Sono convinto che prima di tutto ci voglia un controllo su chi deve andare a "formare", si deve essere sicuri che i corsi di formazione siano realmente professionalizzanti, controllati e riconosciuti dalle istituzioni e specifici. In secondo luogo sono convinto che la psicologia che è una scienza, debba come è per la medicina essere divisa in specializzazioni di classi di patologie, cosi come è già indicato nei decreti ministeriali che regolamentano la pratica della psicologia in Italia. La legge già esiste, quindi creare le specialità ad esempio psicologo specialista nei disturbi dell' apprendimento con formazione specifica in tale ambito, disturbi emozionali.. etc etc etc. In terzo luogo, credo che la selezione debba essere fatta all'università, non necessariamente col numero chiuso, infatti ricordo che proprio al mio anno da matricola dopo i test venne abolito il numero chiuso. All' improvviso da 180 che si doveva essere ci siamo ritrovati in più di 2000 iscritti i corsi del primo anno erano sotto assedio: biologia generale faceva almeno 3 turni di lezioni con 2 professori idem per fondamenti anatomo patologici della psiche, dopo 2 anni proseguendo con gli esami, alle lezioni delle materie del terzo anno ci trovavamo in una decina di persone a seguire. Perchè non fare selezione con la meritrocazia? Chi studia e ottiene più risultati va avanti chi non riesce o sopratutto non ha voglia và a fare altro! Studiare è un diritto, ma è anche un diritto fondamentale lavorare, e un professionista se ne ha i titoli, non deve essere escluso. Non sei convinto come lo sono io Nicola che sia solo un problema organizzativo, per la nostra professione, poter esprimersi al meglio? E' lavoro di riorganizzazione che si può fare negli ordini questo o sbaglio?
…aggiungo una cosa… il training… io ho avuto la fortuna di avere dei supervisori severi ma cordiali e professionali, infatti ogni giorno firmavo il foglio di ingresso e di uscita con orario preciso ai minuti e ogni giorno mi veniva controllato l'orario e controfirmato all'uscita, alla fine il foglio firme è stato rivisto e controllato anche dal primario, prima di essere consegnato come da prassi… conservo ancora i fogli firme.. insomma credo che chi si prende la briga di "formare" debba garantire un training reale e tutto questo debba essere supervisionato da chi di dovere.. tempo fa proprio qui sul tuo sito ho letto un articolo che parlava appunto di training non proprio regolari e reali.. training effettivi e controllati sarebbe da aggiungere a ciò che già ho scritto..
La storia ci insegna che in momenti di crisi sociale, ogni decisione drastica (in un senso o nell'altro) ha portato solo la crisi stessa ad aggravarsi. Forse è così che deve essere; fisiologico. Ma se in passato sono stati fatti dei palesi errori di scarsa lungimiranza (non programmando il numero degli iscritti nelle CL di Psicologia congruentemente con l'effettiva domanda sociale) adesso andare a tagliare con le cesoie a occhi chiusi sarebbe un altro errore. Bisognerebbe prima pensare a "sistemare" quegli iscritti all'Ordine che verrebbero tagliati fuori dai giochi e fornirgli un appoggio, un sostegno con cui poter vivere. Soltanto poi si può tagliare. Altrimenti se le persone vengono messe nella condizione di cavarsela da soli, faranno in modo di trovare delle soluzioni personali, alimentando il caos e l'insofferenza.
Quoto il collega Bellizzi e aggiungo che la professione legale e quella psicologica non sono commensurabili: i margini della volontaria giurisdizione in Italia sono ristrettissimi, per quasi tutte le procedure giudiziarie il cittadino è obbligato a rivolgersi ad un avvocato (ed a pagarlo di tasca sua o, se ne ha diritto, tramite lo Stato ed il gratuito patrocinio); viceversa non è data alcuna circostanza in cui un cittadino debba obbligatoriamente diventare cliente di uno psicologo/psicoterapeuta, opzione che rappresenta sempre per chiunque una libera scelta. Per il SSN, poi, l'intervento psicologico è subordinato ad una valutazione psichiatrica, di fatto il presidio di prima istanza. Infine, mentre non vi sono professioni concorrenti/alternative a quella legale, lo psicologo/psicoterapeuta compete di fatto con una pletora di altri operatori non tutti vincolati da una struttura ordinistica. La situazione prospettata implicherebbe che gli psicologi a basso reddito espulsi dall'Albo avrebbero quantomeno due opzioni: il già citato "nero", oppure, per restare nell'alveo della legalità, l'apertura di una normale partita iva in qualità di coach, counselor, mediatore, facilitatore ecc.
A mio avviso andrebbe ripensata l'intera professione, ridiscussi i suoi margini operativi, le sue specifiche, i suoi impieghi anche nella pubblica amministrazione, a cominciare dalla tipologia, percorso di studi e modalità di accesso.
Falcidiare i prodotti di un sistema di studi e professionale fallimentare equivale a rottamare dei prodotti di scarto, ma quei "prodotti-improduttivi" avevano un loro perchè allorchè "facevano numero" (e stipendio) ai corsi di laurea, di specializzazione, ai master ecc., di quei loro colleghi produttivi perchè inscritti nel sistema.
Il sistema è strutturato per foraggiare i suoi sodali (novero a cui si accede per cooptazione), spremere ed espellere col marchio di incapacità/incompetenza la massa degli aspiranti. Ma qualcuno si domanda mai perchè siamo arrivati a quota 90.000 a fronte di posti di lavoro zero? Forse un po' di disinformazia? Forse un corso di laurea sconclusionato e velleitario?
Programmassero meglio il numero esorbitante di iscrizioni alla facoltà di Psicologia questo problema non si porrebbe neanche!
Signori, tenete presente che esistono psicologi iscritti all'Albo che, x vostra fortuna, fanno altri mestieri, ad es. il formatore in azienda, come la sottoscritta, ma vi assicuro che ce ne sono molti altri nelle aziende e fuori che fanno altri mestieri ma, essendo dipendenti possono godere di altri servizi di welfare. Quanto agli avvocati mi sembra che siano proprio tanti noti studi professionali ad approfittarsi di neolaureati che sfruttano come nell''800!
questo significherebbe che per gli psicologi, a meno di cancellarsi dall'albo, resterebbero solo due strade: o sfondare come psicoterapeuti, con studio e quant'altro, e un numero di clienti sufficiente e sostenere un simile esborso, oppure passare direttamente all'attività in nero, peggiorando quindi l'attuale situazione. L'esercizio illecito o scorretto della professione va perseguito di per sé, non tormentando chi invece cerca di farlo onestamente seppure in modo marginale, cioè senza esercitare come psicologo clinico. DImentichiamo che ci sono psicologi (fra cui la sottoscritta) che proprio avendo scelto di non puntare sulle "consulenze pricologiche" (vuoi per motivi economici ma anche per interessi differenti) si sono dedicati ad attività del tutto lecite ma che hanno come clienti associazioni, enti, gruppi di discenti, quindi docenza, partecipazione a congressi, trsmissioni, libri, articoli, eccetera. E che non hanno partita IVA né iscrizione alla cassa mutua, dato che si tratta di prestazioni occasionali. Che dovrei fare nel caso, mi riciclo come filosofa – o come guru? O hanno la cassa mutua obbligatoria anche loro?
Sono convinta che noi psicologi dovremmo puntare a una maggiore credibilità della nostra immagine professionale, e quindi invece che svendere le nostre competenze dovremmo tenere adeguate qualità e tariffe. Si innescherebbe una dinamica che porterebbe più lavoro e più soddisfazione….
Apprezzo lo spunto critico, ma non attribuisco assolutamente agli avvocati con inferiore capacità reddituale l'erosione del "mercato dei prezzi", né l'aggravante per la quale "rastrellano comunque clientela". Sono frasi che ho sentito spesso e sai da chi? Da quei Colleghi, professionisti affermati da anni, che si avvalgono della competenza professionale dei "giovani" avvocati, corrispondendo loro remunerazioni da fame, ovviamente fatturate.
Guarda il primo commento a caldo che mi viene di fare è che intanto le casse tutte!! sono una truffa!!! prendono 100 dei tuoi soldi e ti ridaranno si e non il 50 -60, ma solo se campi olte i 90 anni. Non ti ridanno mai tutti i soldi che hai versato con gli interessi, che sarebbe leggittimo, perchè le casse potrebbero fare come le banche prendere soldi investirli trarre guadagno, ma di chi ? Loro, non certo nostri. La seconda considerazione è di sistema, il sistema(liberale, liberismo, privatistico ecc.) oggi è fatto in maniera tale che ad ogni sospiro devi pagare comunque una certa tassa, anche se piccola, sono come le cavallette finchè la spiga di grano non è esuarita non l'abbandonano. La reazione quindi sarà quella che alcuni che mi hanno preceduto, hanno abbozzato, lavoro in nero, nero, nero, nero, fregare, fregare, fregare, fregare, è una dura guerra!! Speriamo di vincere almeno una battaglia.