Il reddito degli psicologi non sta messo bene, ma gli altri professionisti non se la passano meglio.
In generale, ci informa il VI Rapporto ADEPP 2016 (scarica il file PDF), la ricchezza dei professionisti in dieci anni ha perso un quinto del peso. Tutto il comparto delle libere professionisti sta affrontando una crisi prolungata e di forte rilievo.
Gli psicologi, nonostante tutto, offrono letture che permettono di vedere “aree di miglioramento” piuttosto che “punti di debolezza” 😛
Se da un lato risulta che nel periodo 2005/2015 gli psicologi hanno perso un 12,6% di reddito medio, dall’altro risulta che tra 2014-2015 segnamo un +1%.
E tutto ciò a fronte di una crescita di iscritti che, nell’arco di 10 anni si è quasi raddoppiata e supera oggi i 100.000 psicologi. Insomma, aumenta il numero di psicologi, ma di fatto tiene il reddito medio rispetto alle altre categorie.
Su 19 casse, rappresentate da ADEPP e analizzate nel rapporto, solo 8 hanno segnato una variazione percentuale in aumento tra il 2014 e il 2015:
- Pluricategoriale (+7,8%),
- Biologi (+6,8%),
- Periti industriali (+6,5%),
- Notai (+3,8%),
- Consulenti del lavoro (+2,9%),
- Giornalisti liberi professionisti (+1,3%),
- Psicologi (+1%)
- Ingegneri e Architetti (+0,5%).
Reddito, genere ed età
Di notevole importanza per noi psicologi sono i dati di reddito relativi a genere ed età.
Tendenzialmente la disparità presente tra i redditi medi delle professioniste donne e quelli dei colleghi uomini. nel periodo 2010-2015, cresce nella maggior parte delle Regioni.
Nello specifico, focalizzandoci al 2015 nel Lazio, in Liguria e in Valle d’Aosta le professioniste donne guadagnano un reddito medio compreso tra il 52,4% e il 54,8% del reddito dichiarato dai loro colleghi di sesso maschile. Questo sta a significare che in queste regioni le donne guadagnano circa la metà degli uomini
Per quanto riguarda invece le fasce d’età, i redditi medi più elevati sono quelli delle fasce comprese tra i 55 anni e i 65 anni. Al contrario, le fasce ove sono presenti i redditi medi più bassi sono quelle comprese tra i 25 e i 40 anni d’età.
Tenendo presente che la nostra comunità professionale è composta da donne all’86% ed è tendenzialmente giovane, con un terzo degli iscritti under 35, direi che la questione non è per nulla banale!!
E per il futuro?
Nel post del dicembre 2012 “ENPAP? Una questione per GIOVANI psicologi!” spiegavo la differenza tra sistema contributivo (ENPAP) e sistema retributivo (ad es. INPS), e sottolineavo quanto sia importante guadagnare oggi per poter avere una pensione domani.
Ebbene, questo nuovo Report ADEPP non fa che rilanciare tale sfida!
Siamo una popolazione professionale mediamente giovane, con tutta la carriera lavorativa di fronte, e ciò ci offre un prospetto strategico che diviene area di miglioramento su cui realisticamente lavorare.
E’ vero che abbiamo un reddito medio inferiore a tante altre professioni, ma allo stesso tempo è vero che nonostante un aumento vertiginoso di iscritti (e quindi eccesso di offerta), abbiamo chiuso con un +1 di reddito medio, rispetto magari a professioni mediamente più ricche ma in costante declino quanto a reddito medio.
Ordini professionali ed ENPAP devono puntare a favorire l’entrata nel mercato del lavoro in tempi brevi, devono puntare ad innalzare la continuità lavorativa dei colleghi e conseguentemente il reddito medio degli psicologi italiani. E per fare ciò bisogna produrre innovazione, bisogna puntare sulla competenza e la formazione di qualità dei colleghi, bisogna aprire nuovi mercati (che ci stanno!).
Devo dire che in tal senso, in questi 4 anni di ENPAP a maggioranza AltraPsicologia abbiamo veramente fatto innovazione e cominciato a costruire una macchina di sostegno alla professione. Tenendo poi conto che abbiamo ereditato il governo dell’Ente dopo il becero scandalo del palazzo di via della Stamperia, ci fa intuire veramente il grande lavoro che siamo riusciti a mettere in opera.
Personalmente credo che la strada sia tracciata, e parlo anche come Ordine Psicologi Lazio:
- innalzare il tasso di competitività medio degli iscritti, e quindi profili di competenze più allacciati alle nuove domande, passaggio di competenze abilitanti e trasversali, maggiori e migliori servizi di supporto alla professione, vere e proprie azioni di sostegno allo start-up professionale, misure ad hoc per il pink power, ecc…
- riposizionarci presso la società civile, anche creando nuove committenze, e quindi uscire dall’esclusivo ambito della cura, per divenire promotori di qualità di vita e lavoro, agganciare e conversare con nuove nicchie, produrre eventi e comunicazione per la cittadinanza, ecc…
- rafforzare le relazioni istituzionali con decisori politici ed altre professioni, e quindi sviluppare progettualità e sinergie (sempre più ad impatto economico), fare azioni di lobbying, agire con approccio consulenziale offrendo soluzioni win-win, ecc…
E’ ovvio che non stiamo parlando di un cambiamento netto dall’oggi al domani, non abbiamo realisticamente la forza politica ed economica – come comunità professionale – di creare immediata discontinuità… ma nonostante ciò continuo a non vedere punti di debolezza, quanto più aree di miglioramento… sfidanti, complesse, ma su cui possiamo concretamente lavorare e generare cambiamento evolutivo 🙂