Il 24 Marzo si è tenuto il secondo Workshop di preparazione alla Consensus Conference sul Counseling
Il CNOP Consiglio Nazionale Ordine Psicologi sta infatti da oltre un anno valutando l’organizzazione di una Consensus Conference sul Counseling, unitamente ad AIP Associazione Italiana di Psicologia e CPA Consulta della Psicologia Accademica.
[quote_box_center]Una delle ipotesi maggiormente accreditate sarebbe quella di integrare e completare la formazione di counselor NON psicologi al fine di ricondurli entro percorsi riconosciuti e regolati da Università ed Ordine Psicologi, e non in conflitto con la figura dello Psicologo[/quote_box_center]
Questa l’ipotesi emersa nel gruppo di lavoro a cui ho partecipato questo 24 Marzo e di cui ti anticiperò in questo articolo – lungo, ma da leggere d’un fiato – e riprenderò nel Facebook Live alle 14 di oggi
Gli antefatti
A Dicembre 2014 l’Ordine professionale, su stimolo dell’Accademia, ha avviato un Tavolo Counseling, a cui sedevo. Quale la ragione di questa richiesta?
Nel 2010 la Conferenza Stato-Regioni ha deliberato la costruzione del sistema nazionale dei percorsi di istruzione e formazione professionale. Tale sistema di rilascio di qualifiche professionali viene gestito ad esclusiva competenza regionale. Per ciascuna delle figure professionali prese in esame, la Regione stabilisce le competenze da acquisire in esito ai percorsi, nonché le abilità minime e le conoscenze essenziali.
Se da una parte tale sistematizzazione delle qualifiche professionali è funzionale, ad esempio, a tutto l’ambito della formazione finanziata, dall’altra – come potrete immaginare – rischia di creare accavallamenti di qualifica professionale con professioni già riconosciute e regolamentate. E così è stato.
Capita in alcune Regioni che l’Accademia, cattedre di Psicologia del Lavoro, di Psicologia dell’Orientamento, vengano chiamate per profilare alcune qualifiche professionali in potenziale conflitto con la professione di Psicologo, soprattutto per quanto riguarda la competenza di counseling.
A quel punto l’Accademia contatta il CNOP e chiede di organizzare un Tavolo sul Counseling. L’idea che pian piano prende corpo è quella di organizzare una Consensus Conference sul Counseling
Cosa è la Consensus Conference e cosa comporta?
La Consensus Conference (Conferenza di Consenso) è un evento partecipato da tutti i portatori di interesse su uno specifico tema con l’obiettivo di arrivare a raccogliere opinioni e deliberazioni su questioni e/o aspetti controversi e su cui non vi è accordo (scarica il Manuale Metodologico sull’organizzazione di Conferenze di Consenso a cura dell’ISS)
Una Consensus Conference sul Counseling vedrebbe quindi partecipare tutti i portatori di interesse, COUNSELOR INCLUSI!
La metodologia di una consensus conference è piuttosto articolata. Più semplicemente, si arriva ad elencare una serie di quesiti sull’argomento controverso, si individuano un panel di esperti che vi relazionano pro e contro, dopodiché vi è una platea di portatori di interesse che si esprime in modo favorevole o contrario. Se si trova consenso, si fissa il punto. Se non si trova consenso, si stralcia il punto.
La Consensus Conference non ha potere normativo, tuttavia – proprio grazie alla partecipazione di tutti gli stakeholder – assume comunque un peso politico rilevante e di indirizzo. Insomma, una roba mica da poco!
Ovviamente questo scenario ha destato forti perplessità, soprattutto ai pochi consiglieri di minoranza in CNOP. Personalmente feci mettere a verbale tutti i miei timori su questa operazione, anche a fronte della DISORGANIZZAZIONE sino a quel punto mostrata (portai esempi per me lapalissiani) dal CNOP su quel Tavolo.
A quel punto il CNOP, a maggioranza, ha deliberato attorno a metà 2015 di organizzare la giornata “Workshop Counseling” partecipata esclusivamente da psicologi (anche formatori di counselor) così da valutare se almeno internamente alla categoria vi fosse una condivisione estesa sugli aspetti strutturali della questione counseling.
A fronte di consenso il CNOP avrebbe remato verso la Consensus Conference, in caso contrario avrebbe dismesso il tutto.
La giornata Workshop Counseling di Dicembre scorso
Il 18 Dicembre 2015 si è svolta la giornata “Workshop Counseling” a Roma.
Eravamo circa 60 invitati. I Consiglieri del CNOP, l’Accademia, Associazioni, Scuole, ecc… una giornata interessante, ma troppo breve per permettere un adeguato confronto e – soprattutto – una opportuna analisi e valutazione delle tante istanze emerse. Non ci si poteva attendere di arrivare ad una esplicitazione di consenso e così è stato. Tant’è che il CNOP ha quindi organizzato un secondo Workshop Counseling questo 24 Marzo.
Società liquida: c’è domanda di Psicologia, ma non sempre di psicologi
Qui di seguito ti riporto alcun passaggi di sintesi che il prof. Guido Sarchielli (UniBO) ha prodotto nell’interessante articolo “Punti di domanda, criticità e contrapposizioni sul significato del counseling in Italia”
Il desiderio delle persone di riuscire a progettare e realizzare una esistenza soddisfacente risulta attualmente ostacolato da numerosi fattori situazionali che rendono complesse le normali interazioni nei differenti contesti di vita: scelta scolastica, formativa, familiare, professionale, di transizione, ecc…
L’incertezza, l’instabilità, la sfiducia verso il futuro sembrano connotare l’esistenza personale e collettiva, generando disagio psicologico, timori sulla riuscita personale, riduzione di autostima, instabilità nella regolazoine delle emozioni, crisi delle capacità progettuali.
E’ quindi giustificabile la necessità per le persone di poter disporre di maggiori risorse cognitive ed emotive per fronteggiare la situazione con ragionevoli probabilità di riuscita (quella che personalmente definisco come DOMANDA DI PSICOLOGIA).
Il problema è che a questa esigenza individuale e sociale pare non corrispondere una visione consensuale del tipo di professionisti che sono legittimati ad agire in questo ambito.
Mentre in Europa e negli USA da tempo si sono sviluppate sistematiche iniziative professionali che coinvolgono l’expertise psicologica nell’erogazione di specifici servizi a persone e comunità (tra cui il counseling) in Italia il “libero mercato” e la recente L. 4/2013 stanno creando parecchia confusione, sino al rischio di produrre malpractices di counseling a tutto svantaggio dei cittadini.
Rispetto al quadro normativo italiano è quindi utile chiedersi se sia giustificato il nascere di una nuova professione che selezioni ed isoli questa funzione di aiuto come base identitaria o siamo di fronte a funzioni di una professione esistente, da potenziare.
La risposta è che non è richiesto un nuovo “profilo professionale” (il COUNSELOR), né si giustifica una nuova “qualifica professionale” in senso stretto. In Italia abbiamo già lo Psicologo.
Non esiste il “counselor”, ma una “funzione di counseling”
Il counselor, senza termini qualificativi, è solo una definizione commerciale fonte di confusione e incomprensioni per i potenziali utenti del servizio.
Non esiste quindi il “counselor” in quanto tale, ma una “funzione di counseling”, che – a proposta degli accademici – sarebbe riconoscibile e delimitabile sulla base della combinazione di tre criteri:
- i contesti sociali ed organizzativi di azione (scuola, servizi sociali, sanità, famiglia, sport, ecc…)
- il tipo di clienti/utenti
- i metodi e tecniche convalidate scientificamente
La gran parte delle metodologie e delle attività che sostengono la funzione di counseling è di carattere psicologico, tuttavia la funzione di counseling non può essere reclamata in esclusiva dallo psicologo. Mi spiego meglio.
Esistono molte professioni che operano nella relazione, ovvero che per erogare la loro specifica attività professionale devono relazionarsi con il cliente. Ciascuna di queste professioni non psicologiche (infermiere, insegnante, avvocato, allenatore, orientatore, ecc…) può avvalersi di elementi base di funzione di counseling per integrare, arricchire, migliorare, qualificare la propria professionalità primaria, per fare meglio l’attività che già fanno senza però “cambiare mestiere” (e diventare coach, counselor, psicopedagogista clinico, reflector, motivatore della mente, ecc…)
Questa visione non solo tutela lo psicologo, ma lo vede protagonista elettivo nella formazione e supervisione di tali professioni, che rimarranno tali pur volendo acquisire maggiori conoscenze e competenze psicologiche per migliorare la loro attuale attività professionale.
Nei casi precedenti la funzione di counseling è quindi uno degli strumenti abilitanti che quei professionisti hanno nel proprio zainetto degli attrezzi. Quando invece la funzione di counseling, lungo questo continuum, diviene la funzione identitaria e caratteristica, lo strumento più importante dentro lo zainetto, allora è a tutti gli effetti funzione tipica ed esclusiva dello psicologo (per lo meno qui in Italia, facendo riferimento al quadro normativo di riferimento).
[quote_box_center]In linea di massima mi ritrovo in questo dispositivo di lettura, ma non ne potrò dare valutazione positiva sino a quando non sarà chiarificata in modo inequivocabile la soglia entro cui la funzione di counseling diviene tipica dello psicologo![/quote_box_center]
Su questo punto abbiamo in effetti cominciato a discutere nel Workshop Counseling di questo 24 Marzo, ma prima di ciò vorrei puntualizzare un ulteriore aspetto 🙂
In tutto ciò, che fine ha fatto la Sentenza del TAR Lazio?
In diversi colleghi me lo hanno chiesto e la domanda è del tutto logica e legittima: come mai il Consiglio Nazionale Ordine Psicologi sta portando avanti questa idea di consensus conference sul counseling a fronte della sentenza del TAR Lazio di Novembre 2015 in cui viene affermato che il counseling è una competenza dello psicologo?
Vi sono più questioni che concorrono a rispondere:
- questione temporale: il Tavolo Counseling è partito nel Dicembre 2014, l’organizzazione della prima giornata Workshop Counseling (del 18 Dicembre 2015) era stata fissata attorno a Settembre 2015 (con tutti gli inviti formali del caso), la sentenza TAR Lazio è arrivata a Novembre 2015 quindi quando l’evento era già work in progress;
- questione legale: la sentenza del TAR Lazio sarebbe sicuramente stata ricorsa (e così è avvenuto: a Febbraio il Ministero Sviluppo Economia e Assocounseling hanno ricorso) e non si ha quindi, a tutt’oggi, la certezza assoluta che passerà in giudicato, ovvero che diverrà “come fosse legge“;
- questione pratica: il sistema delle qualifiche professionali, nelle Regioni, comunque sta procedendo e rimane comunque necessario poterci rapportare a loro con una posizione unica, forte, che veda compatte le componenti professionali ed accademiche;
- questioni di maggioranza: e da ultimo, ma non meno importante, se l’esecutivo decide che vuol fare una cosa, la cosa si fa. E spesso senza neppure poterne discutere in Consiglio, si delibera in presidenziale e si ratifica alla seduta successiva, un mero atto (di forza) formale, come accaduto ad esempio in questa seconda giornata workshop
Cosa ne penso io?
- Penso che sosterrei una Consensus Conference sul Counseling (con a bordo i COUNSELOR) solo e soltanto se avessi intima certezza e sicurezza che CNOP, AIP, CPA e tutti gli attori presenti a questi workshop abbiamo una posizione che valuto a REALE TUTELA dello psicologo e del cittadino (e ad oggi non ce l’ho!)
- Penso che laddove alcuni dei dubbi che mi rimangono dal secondo workshop non venissero sciolti, personalmente sarei contrario a procedere verso una Consensus Conference ed alimenterei con tutte le risorse disponibili questa posizione.
- Penso che, visto comunque lo scenario “legale” e “pratico” di cui sopra, vale comunque la pena fare un tentativo.
Quali gli esiti del secondo Workshop Counseling del 24 Marzo?
Come affermavo in apertura:
Una delle ipotesi maggiormente accreditate sarebbe quella di integrare e completare la formazione di counselor NON psicologi al fine di ricondurli entro percorsi riconosciuti e regolati da Università ed Ordine Psicologi, e non in conflitto con la figura dello Psicologo
In pratica, dopo l’apertura dei lavori in cui hanno presentato la situazione internazionale sul counseling, e decimati dalla vigilia di festività pasquale (da 60 al primo workshop eravamo poco più di 30), ci hanno suddiviso in due sottogruppi.
Ci hanno fornito un elenco di domande potenziali da sottoporre ad una potenziale consensus conference. Ci hanno quindi chiesto di farle transitare dallo stato di bozza ad elenco di domande semi-definitivo.
In verità, almeno nel mio sottogruppo, non abbiamo lavorato sulle domande ma siamo rimasti sulla cornice generale della questione (come già dicevo, il primo workshop di dicembre necessitava di più tempo). Sul finire, soprattutto da parte degli accademici, è stata rappresentata una proposta…
A grandi linee il ragionamento proposto da alcuni sarebbe stato:
- preso atto di tutte le considerazioni sin qui prodotte,
- esistono ad oggi una serie di figure professionali che operano con il counseling e che non possiamo cancellare, far finta che non esistano,
- c’è quindi da domandarsi (a mio avviso un pò troppo ingenuamente): meglio averle contro o invece portarle a noi?
- ovviamente lo scenario auspicato dai proponenti era il secondo per cui…
- perché non pensare – rifacendosi al sistema dei crediti formativi universitari – ad una sorta di conguaglio in base a cui quel professionista finisce di acquisire ulteriori crediti in facoltà come un “normale” studente di Psicologia, e poi si laurea?
- che succede dopo, ovvero se dovrà fare anche esame di stato o meno, se dovrà anche iscriversi all’Ordine Psicologi o meno, è rimasto dibattuto anche tra i colleghi proponenti
Insomma, uno scenario di massima, cui ho posto domande stress-test che ad oggi (anche per motivi di tempo, devo dire) non hanno trovato risposta…
Nell’incontro di oggi, alle 14 sul mio profilo Facebook https://www.facebook.com/piccinini.nicola ne potremo parlare più dettagliatamente e confrontarci 😀
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