“L’eterno secondo“, questo il tema dell’intervista che mi ha fatto la conduttrice Annalisa Manduca di Life, su Radio RAI 1.
https://www.facebook.com/nicolapiccinini.it/videos/297381180619980
Qui di seguito la traccia testuale dell’intervento.
La targhetta dell’eterno secondo in verità si applica ad una varietà di situazioni e soggetti anche molto differenti tra loro.
Innanzitutto l’eterno secondo non è da intendersi necessariamente come il secondo per numerazione cardinale, ma come colui che, consapevolmente o meno, si trova a rincorrere continuamente qualcun altro.
All’eterno secondo così inteso manca “il guizzo”, l’originalità, il genio del primo della classe. Ci sono tantissime altre persone che, pur essendo idealmente numeri 2, 3 o 4 non sono “seconde” a nessuno perché hanno comunque una leadership.
Da ciò ne discende, secondo aspetto, che molto dipende da come la singola persona vive la sua condizione di eterno secondo. Possono esservi infatti casi di consapevole accettazione e di grande resilienza della persona.
Possono esservi cause situazionali, di contesto, e/o cause individuali, personali.
La famiglia è ad esempio un contesto in cui può accadere di affibiare ad uno dei figli il ruolo di eterno secondo. In alcuni casi sino a sviluppare nel bambino una vera e propria sindrome dello sfavorito, che può provocare – nello sviluppo della persona – insicurezza e senso di inadeguatezza in ambito sociale, lavorativo e/o affettivo/sessuale.
Le dimensioni individuali e personali le troviamo invece, ad esempio, più frequentemente in ambito sportivo, dove è l’atleta a posizionarsi nel ruolo di eterno secondo, in questo caso si arriva a parlare di vera e propria paura di vincere, la nikefobia.
Più in generale, la persona che si vive – in modo scomodo e frustrante – come “eterno secondo” ha bassa autostima, tende più frequentemente a sentirsi debole e insicura, a sfuggire ad un ambiente che sente come ostile o non meglio gestibile.
In alcuni casi si possono verificare veri e propri stati depressivi e senso di forte solitudine. Altre volte, per tutelare un Sè coeso, per “salvarsi la faccia”, l’eterno secondo può crearsi una corazza difensiva ponendosi magari con superiorità, arroganza, aggressività.
ANCHE se giurano il contrario la maggior parte di genitori hanno un figlio prediletto, il preferito c’è e con ogni probabilità è il primogenito, maschio o femmina che sia.
Un recente studio dell’Università della California, uscito sul Journal of Family Psychology, rileva – in modo anonimo – che circa il 70% dei genitori ha un favorito. Nessuno specifica quale, tuttavia la rilevazione parallelamente effettuata sui bambini – chiedendo se sentivano di essere trattati da mamma e papà in modo diverso rispetto al fratello o alla sorella, e se questo ha inciso sulla loro autostima – ha individuato che i secondogeniti erano più inclini a riferire bassi livelli di sicurezza in se stessi e bassa autostima, a causa dei favoritismi percepiti per il primo nato.
Per contro due docenti dell’Università di Nantes, nel loro libro spiegano invece che i genitori tendono a preferire il figlio che gli somiglia di più, sia per carattere che per tratti somatici.
Molto più semplicemente direi che è normale che un genitore possa nutrire preferenze, è cosa umana e non deve generare senso di colpa. La vera questione sta nel come gestirà tale preferenza, su quanto ne sarà consapevole e su quante risorse compensative, di tipo relazionale e affettivo, saprà mobilitare sul presunto eterno secondo.
Neil Armstrong e Buzz Aldrin
Neil Armostrong, tutti si ricordano, per antonomasia è il primo uomo sceso sulla luna, del secondo – Buzz Aldrin – molti di meno. Nonostante fosse stato lui, Aldrin, a guidare la navicella sino alla luna ed addirittura a ripararne un guasto che ne avrebbe impedito il ritorno sulla terra. Aldrin è stato il vero eroe dello sbardo dell’uomo sulla luna, eppure passò alla storia come eterno secondo.
Negli anni a venire Aldrin andò incontro al periodo più inquieto della sua carriera e della sua vita. Divenne depresso e per lunghi periodo in scacco dell’alcol.
La storia di Aldrin è la storia di un eterno secondo, ma anche di un vero numero primo, dell’eroe rimasto celato e forse, per certi versi, rappresenta la storia di tutti noi, che almeno una volta nella vita siamo entrambi questi personaggi.
Non è un caso che la Pixar abbia ripreso la sua figura trasformandola nel mitico Buzz Lightyear di Toy Story