Il Sistema Sanitario italiano non se la passa certo bene. Quello del Lazio, nonostante i proclami, a quanto pare se la passa anche peggio!
Rimanendo strettamente sul nostro ambito, è da poco uscito il Rapporto Salute Mentale del Ministero della Salute.
Stando al documento che il 18 Gennaio 2001 tutti i Presidenti di Regione avevano sottoscritto, le Regioni si impegnavano ad investire almeno il 5% del budget sulla “Salute Mentale”. Ebbene, ad oggi la percentuale di spesa è pari al 3,49%
Rispettano l’impegno le sole Trento e Bolzano, guarda caso Provincie autonome. Dodicesimo il Lazio, con un investimento pari al 3,32%, sotto media nazionale.
Indice di Performance Sanitaria
Sempre in questi giorni è stato pubblicato dall’Istituto Demoskopika il Rapporto IPS – Indice di Performance Sanitaria 2016 (qui scheda sintesi metodologica), che prende in esame sette indicatori con dati desunti da diverse fonti istituzionali: soddisfazione sui servizi sanitari, mobilità attiva, mobilità passiva, spesa sanitaria, famiglie impoverite a causa di spese sanitarie out of pocket, spese legali per liti da contenzioso e da sentenze sfavorevoli, costi della politica.
Cosa emerge? Il Piemonte è la regione in testa per efficienza del sistema sanitario italiano. Crolla invece il Lazio che precipita di ben 10 posizioni rispetto all’anno precedente, collocandosi nell’area delle regioni “influenzate”.
Dare più voce ai pazienti, alle persone!
Questa è invece l’indicazione che emerge FORTE dal rapporto OCSE (Organizzazione internazionale per la cooperazione dello sviluppo economico) “RECOMMENDATIONS TO OECD MINISTERS OF HEALTH FROM THE HIGH LEVEL REFLECTION GROUP ON THE FUTURE OF HEALTH STATISTICS”
Mentre gli altri settori si sono reinventati intorno al consumatore, nella sanità esiste un vero e proprio gap tra le persone che hanno un piede nel futuro e i servizi che sono bloccati nel passato.
In un mondo di crescente complessità, così come di opportunità, i nostri sistemi sanitari semplicemente devono organizzarsi attorno alle esigenze degli utenti, raccomanda l’OCSE.
Un approccio centrato sulla persona promette di aumentare la qualità, ridurre gli sprechi e – cosa più importante – migliorare la nostra salute e il nostro benessere. È solo quando misuriamo i risultati riportati dai pazienti stessi – come la qualità della vita – che emergono importanti differenze nei risultati delle cure.
Il paradosso delle politiche sanitarie laziali
Ora, come conciliare queste evidenze con le attuali politiche della Regione Lazio?
L’evidenza che la Psicologia fa risparmiare è oramai palese pure per chi non lo vuol vedere.
Così come palese risulta il fatto che la Psicologia facilita processi di adattamento e relazione del cittadino con l’apparato sanitario, per altro concorrendo ad abbattere gli enormi costi generati dalla medicina difensiva.
La domanda di Salute che i cittadini pongono al Sistema Sanitario è profondamente mutata negli ultimi 10 anni, ci dice che è aumentata sensibilmente la domanda di “sostegno psicologico” e non di “patologia e disturbo psichico”
Ma nonostante ciò, prendiamo atto che in Regione Lazio:
- i servizi di Psicologia e Psicoterapia sono assenti strutturalmente dalle Case della Salute,
- i colleghi Psicologi sanitari sono ad esaurimento e con età media di circa 59 anni,
- circa 400 nuove assunzioni, ma neppure uno psicologo. Sono stati assunti, tutti, proprio tutti, ma neppure uno psicologo,
- quei pochi investimenti sono diretti al comparto psichiatrico (laddove la domanda dei cittadini è minore) piuttosto che a quello psicologico (laddove invece la domanda dei cittadini è in continuo ed ampio aumento).
Ora, a me sembra un pò tafazziana la cosa e nonostante in questi 3 anni di governo di Ordine Psicologi Lazio si sia riusciti a produrre degli spazi di sviluppo e discontinuità per la comunità professionale ed a vantaggio dei cittadini, devo oggettivamente ammettere che qui nel Lazio si deve produrre uno sforzo 10 volte maggiore (come i punti persi dalla Sanità regionale laziale!) che in altre Regioni.
Credo che i motivi siano tanto interni quanto – soprattutto – esterni alla comunità professionale… ma la questione è articolata e magari avrò modo di entrarci nel merito in un successivo post.
Tu che ne pensi?
Anche se di altre Regioni mi farebbe piacere conoscere altre esperienze “da dentro”?