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Psicologi & Società

Rabbia e depressione. La crisi sociale dell’Italia.

Pochi giorni fa il Censis ha diffuso il suo ultimo studio “La crescente sregolazione delle pulsioni” sulle trasformazioni in essere della società italiana. Una fotografia che lascia poco da sorridere. Rabbia e depressione i due tratti più marcati e caratterizzanti degli italiani dipinti dal Censis.

Una rabbia ed aggressività che impatta sul vivere quotidiano, sul bene comune. Pensiamo ai dilaganti fenomeni del bullismo, del mobbing, dello stalking, alle derive della violenza legata ad eventi sportivi, ai tanti crimini apparentemente inspiegabili, pensiamo ad un normale incrocio stradale all’ora di punta in una città medio-grande…

Il Censis parla esplicitamente di “crisi dell’autorità, declino del desiderio, riduzione del controllo sulle pulsioni”. Ed è così che, negli ultimi 5 anni, le minacce e ingiurie sono aumentate del 35,3% e le lesioni e percosse del 26,5%. Numeri da crisi sociale che ben si spostano con un chiaro imbarbarimento culturale:

  • l’85,5% degli intervistati pensa che l’unico arbitro sia la propria coscienza,
  • per il 63,5% si può essere buoni cattolici anche se non ci si adegua alla morale della Chiesa,
  • il 70% dice che se non ci si fa rispettare, non si otterrà mai il rispetto e per il 48,6% degli italiani a volte è giusto difendersi da solo,
  • il 21,2% ritiene che in un mondo di furbi sia necessario diventare furbi,
  • per il 46,4% degli italiani è giusto accettare compromessi per raggiungere i propri obiettivi.

In questi ultimi anni è venuto meno il sentimento di “bene comune”, le regole non sono percepite più come “uguali per tutti” e forse è scomparsa anche la figura di chi tenta di farle rispettare, la religione si è diversificata in vari rivoli e la chiesa ha perso credibilità, capacità aggregativa e di indirizzo. Penso poi che, in un simile terreno socio-culturale contaminato e compromesso, eventi quali condoni edilizi, scudi fiscali, impunità su reati ambientali/economici e simili abbiano rafforzato uno stato anarchico, una giungla dove vige la legge del più forte o furbo.

L’altra faccia della medaglia è la depressione e disperazione. Il consumo di antidepressivi è raddoppiato in dieci anni (+114,2%): le dosi giornaliere sono dal 2001 al 2009 sono passate da 16,2 a 34,7 per 1.000 abitanti. Le farmaceutiche gioiscono! Anche il consumo di droghe ed alcol aumenta significativamente: tra i giovani di età compresa tra i 18 e i 24 anni incremento del 2,5 % tra il 2009 e il 2010.

Una società che ti propone modelli di vita tanto perfetti e luccicanti, quanto irraggiungibili con le risorse di cui disponiamo. Un sistema mediatico che ti inocula, come l’ago ipodermico, grandi fratelli, amici di maria, isole di famosi, puttane che diventano escort, escort che diventano ministro, sessualità da mettere in vetrina per un futuro migliore, veline, virgoline, schedine, zoccoline, coca party, bunga night e cotillon…

Una società veloce, deregolata, a pulsione libera. Tutto è relativo. Il 44,8% dei giovani ammette la trasgressione. Ed i colleghi sessuologi che trattano adolescenti e giovani sanno bene di cosa sto parlando. 20enni che ingoiano più viagra di 70enni. Interventi di chirurgia estetica che schizzano a 450.000 solo nel 2010, si abbassa la fascia di età, aumentano gli uomini.
Nell’Italia odierna, per il 16,9% è legittimo che una donna usi il suo corpo per avere successo, e poco importa se i reati sessuali sono aumentati del 26,3%! Tanto sicuro è sempre colpa di qualche extracomunitario…

Siamo di fronte ad un vero e proprio quadro sintomatologico dell’Italia molto preoccupante e grave. Stiamo attraversando una crisi sociale, politica, culturale ed economica importante, frutto di un processo di degrado ed imbarbarimento multidimensionale che va avanti ininterrottamente da anni.

La mia domanda è: noi psicologi cosa possiamo fare? E’ possibile fornire un contributo critico di lettura e riflessione? E’ possibile proporre progettualità e servizi a supporto di questa crisi sociale? E’ possibile provare a giocare un ruolo di rilevanza sociale di fronte ad una situazione che non è solo economica, politica e culturale?

No? Si? Forse? Di certo non aspettando il “paziente” che bussa allo “studiolo” ;o))

E voi che dite?

0 risposte su “Rabbia e depressione. La crisi sociale dell’Italia.”

… non ci sono più le mezze stagioni non lo mettiamo?
penso che fare un elenco di situazioni gravi, parlare di morale
di furbizia, di modelli di vita perfetti e luccicanti, di imbarbarimento culturale etc,significa parlare con il senso comune non certo con chiavi di lettura psicologiche, utilizzando un modello allarmistico e preoccupante fine a se stesso, e utile ad altri tipi di professione (per es. giornalisti)
penso che lo psicologo può dare un contributo, quando comincerà a farlo!

X RISIA:

Gentile collega, il post non vuole essere una “lettura in chiave psicologica”, ma semplicemente un flash su una ricerca di interesse, che comunque si cala in un contesto sociale di situazioni e dinamiche più o meno note.

L’obiettivo è quello di fornire l’incipit per una discussione/riflessione – come auspicato in chiusura – su “noi psicologi cosa possiamo fare”.

Se quindi, oltre a svilire articolo ed autore (esercizio molto semplice per altro!), vorrai fornirci e condividere un tuo contributo tangibile su ciò che predichi sarà ben accetto e fonte di stimolo e discussione :o)

grazie e buona vita
nicola

Quoto il commento di Fernando…se il 44,8% dei giovani “trasgredisce” (anche se non ho capito che vuol dire ‘sta trasgressione che i colleghi sessuologi che trattano adolescenti comprenderebbero…bah! Amore libero? rapporti etero ed omosessuali…sveltine nei cessi dei locali? Siamo sicuri che se il 45% dei giovani ha una sessualità diversa da quella dei padri sia trasgressione? Probabilmente se parlassimo di droghe sarebbe anche di più la percentuale che beve, fuma e cala qualcosina il sabato sera…forse dovremo cominciare a riflettere davvero su cosa è trasgressivo e deviante e cosa non lo è più 🙂

purtroppo non trovo che portare questi dati sia un’azione allarmistica o da giornalisti, credo invece che come psicologi dovremmo sempre più connetterci con l’urgenza sociale che c’è fuori e che, secondo me, non riusciamo a cogliere nè a volerla considerare come causa anche di malessere privato, troppo spesso continuiamo ancora a dare colpa al singolo o al massimo alla famiglia, come se non fossero inseriti entrambi in un contesto maggiore che li influenza notevolmente.
Dovremmo fare qualcosa, credo che lo psicologo possa essere una figura di cambiamento sociale se “solo” cominciamo a porci questa domanda: “come possiamo noi influire?” “cosa possiamo fare di prevetivo?”, “come possiamo influire su una società alla deriva?”…..
beh fondamentale sarebbe trovare momenti per parlarne tra colleghi interessati davvero ad un cambiamento sociale e che ci credono,
o forse dovremmo non limitare la discussione a soli psicologi ma creare un gruppo più vasto
fatto sta come possiamo cominciare?
dovremmo trovare una sede, un giorno….

Sarebbe fantastico potersi occupare di questi problemi, ma, purtroppo, occorre sottolineare che in Italia conta più la tv spazzatura e l’esaltazione del nulla, del creare posti di lavoro per noi psicologi e per le persone in generale. Purtroppo stiamo decadendo e la ragione per la quale ciò avviene è determinata dalla totale assenza di prospettive che i giovani, e non necessariamente loro, vedeno davanti ai loro occhi! Noi psicologi potremmo fare tanto, se solo ci dessero la possibilità di lavorare!
Forse una visione eccessivamente polemica e pessimista la mia, anche se ritengo sia semplicemente realista!

STIMOLARE LE COSCIENZE
Questa la mia risposta alla domanda “cosa può fare uno psicologo” io non faccio parte della categoria nemmeno ho mai aperto un libro di psicologia, forse la faccio troppo semplice, ma partendo dal presupposto che un paziente inizia a curarsi quando prende coscienza del problema, allora stimolare una coscienza comune, partendo dalle coscienze individuali, facendo capire al singolo che determinati pensieri e atteggiamenti se possono essere tollerati a livello individuale diventano insostenibili se massificati. Per dirla semplice: ci può stare un bullo in una scuola ma non ci può essere una scuola di bulli.
Secondo me l’idea che bisognerebbe avere di noi stessi non dovrebbe limitarsi ad essere: “faccio/sono ciò che mi piace” ma si dovrebbe aggiungere “CHE ESEMPIO SONO PER GLI ALTRI?”, “COSA STO COMUNICANDO A CHI MI STA INTORNO?”

Bello Rob mi piace la cosa finale che dici: che esempio sono e cosa sto comunicando…..
sarebbe davvero una buona domanda da porci e su cui far riflettere anche chi ci consulta

Denise

Buongiorno,
sono psicologa da poco psicoterapeuta, pratico in provincia di Torino, sono pienamente d’accordo sul fatto che lo psicologo può, e deve, avere un ruolo importante nella società nel far comprendere come si manifesta attualmente la sofferenza psicologica, cercando di chiarirne cause e possibili modi di affrontarla. Ancora troppa gente, ho constatato, è totalmente disinformata, prevenuta nei confronti dello psicologo, oppure propensa a cercare altre soluzioni”immediate” alla sofferenza (es. dosi massicce di psicofarmaci, riempitivi di qualsiasi tipo che sembrano dare la carica ma poi lasciano il problema inalterato…) Personalmente propongo corsi e conferenze ad un pubblico dell’Università della Terza età,tra cui si trovano anche persone abbastanza giovani, di varia cultura, cercando di sensibilizzare a queste tematiche e nel mio piccolo noto che con il tempo questo sta dando risultati, non solo ovviamente in termini personali di lavoro ma anche come attenzione e ricettività del pubblico. Credo che informare e riuscire a collaborare con altre figure professionali, ad esempio introdurre lo psicologo all’interno delle farmacie o degli ambulatori medici di base, sarebbe veramente un passo avanti notevole in questa direzione. Purtroppo nonostante alcuni apprezzabili tentativi ed esperimenti è ancora difficile per uno psicologo far valere il proprio contributo in questi ambiti (parlo per esperienza personale). Spero che in futuro si riesca a vedere un intervento dello psicologo di pari dignità di quello del medico e dello psichiatra, con sicuri benefici sociali per tutti.

QUESTA CRISI NON E SOLO ECONOMICA MA ANCHE CRISI MORALE…CERTO CHE HANNO DA FARE I PSICOLOGI…POSSONO AIUTARE LE PERSONE A TROVARE LA VERA GIOIA CHE NON SI TROVA NEL ABUSO DI ALCOOL,NELLE RELAZIONI SESSUALI CON QIUNQUE O NEL CONSUMO DI DROGHE…SONO ALTRE LE RISORSE CHE DEVE INDICARE A UNA CHE TROVA FELICITA PER UN MOMENTO…

Tutto giusto! Direi proprio che l’Italia è ormai un paese senza valori nè futuro, in cui l’ignoranza, l’inciviltà, la cattiveria, l’arroganza e la furbizia regnano sovrane. Come difendersi da tutto ciò ? Emigrare, lasciando che questi italioti si scannino fra di loro oppure “sperare” in una bella rivoluzione totale.

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