Poco prima della pausa estiva l’Associazione Filo d’Argento AUSER ha pubblicato il IV Rapporto Nazionale su bisogni e disagi degli anziani in Italia. L’estrema sintesi? Anziani sempre più soli e privi di assistenza.
Già in un precedente articolo abbiamo parlato della popolazione anziana e delle potenziali opportunità di lavoro per lo Psicologo. Bene, in questo rapporto emergono ulteriori spunti a mio avviso interessanti. Proviamo a ragionarci sopra?
Filo d’Argento, attraverso il suo numero verde 800-995988, haseguito nel 2010 oltre 433.000 anziani, tendenzialmente donne (circa il 70%), un’età media superiore ai 65 anni, che vivono principalmente al Nord (88%), a rischio emarginazione, con un gran bisogno di compagnia e socialità. La bassissima presenza di uomini viene ricondotta a motivazioni culturali e sociali che inibiscono gli uomini nel chiedere aiuto. Altro dato interessante: il 16,6% dell’utenza ha un’età “non anziana”, inferiore ai 65 anni, e tale percentuale è in aumento rispetto al 13,7% del 2008.
Il rischio isolamento, come detto in apertura, è molto presente: il 76,4% degli anziani vive da solo, contro il 23,6% che vive in famiglia. Allo stesso modo la difficoltà delle Istituzioni a rispondere ai fabbisogni di servizio, cura ed assistenza: risulterebbe che il 90% degli anziani non è inserito in un piano di assistenza pubblica, né assistito da soggetti privati.
D’altro canto capita spesso che le Istituzioni (ASL, Comune, altri enti pubblici, ecc…) reindirizzano gli utenti a realtà del volontariato, causa anche i “famosi” tagli orizzontali che hanno gambizzato il volontariato ed i finanziamenti al sociale pubblico.
Di particolare interesse per noi psicologi è il sunto dell’analisi dei fabbisogni. Questo il passaggio:
“Compagnia telefonica o a domicilio, trasporto sociale per visite, controlli e terapie o altre esigenze, aiuto relazionale, piccoli interventi domiciliari, consegna spesa e farmaci, informazioni sui servizi nel territorio, attività di intrattenimento, iniziative culturali e per promuovere il benessere.”
Ed ancora:
“In definitiva, le attività svolte da Filo d’Argento rispondono a una forte e, in parte, nuova domanda sociale espressa dagli anziani, che si indirizza verso l’uso “attivo” del territorio; domanda che può essere soddisfatta sempre meno attraverso il ricorso alla istituzionalizzazione, al contrario, richiede il potenziamento del sistema dei servizi reali e la creazione di nuove opportunità (integrazione sociale, promozione del benessere, invecchiamento) nelle comunità locali.”
Così, su due piedi, vedo emergere alcuni elementi in modo netto:
1) la popolazione degli anziani in Italia è destinata a crescere enormemente, rappresentanto un enorme, potenziale, bacino di utenza di servizi di vario genere
2) gli anziani delle grandi città in particolare e del nord più del sud mostrano più attivamente una ricerca di servizi per il benessere e la socialità
3) le Istituzioni pubbliche non sono più in grado di gestire il fabbisogno di servizio emergente, ed allo stesso modo il terzo settore mostra segnali di crisi causati dalla drastica mancanza di finanziamenti pubblici
4) indubbiamente anche questa enorme fascia di popolazione anziana risulta economicamente in difficoltà, tuttavia – nel gran numero – esistono pur sempre dei segmenti con disponibilità ed in cerca di servizio
Se questo quadro (e ditemi anche voi se vi sono altri elementi che scordo o non scorgo) è più o meno condivisibile, potremmo allora affermare che:
1) effettivamente esistono spazi di intervento privato con la popolazione anziana, che non siano quelli dello Psicologo nelle strutture pubbliche o nel volontariato sociale
2) avranno più possibilità di successo le iniziative che integrano e organizzano più servizi e soggetti, così da rispondere al fabbisogno allargato del segmento di anziani con maggiore disponibilità
3) avranno più possibilità di successo le iniziative che proporranno alla popolazione anziana soluzioni di servizio innovative ed in modo pro-attivo (l’anziano odierno è sempre meno interessato all’esclusiva badanza fisiologica, e sempre più alla ricerca del benessere allargato… cercatevi qualcosa sull’anti-aging!)
Che ne pensate? Chi di voi opera con questa fascia di utenza? Possiamo condividere esperienze di servizio “non-convenzionali”? Operate nel privato? Siete in rete con altre figure per offrire servizi allargati?
Insomma… vediamo se riusciamo a ragionarci sopra e far emergere qualche spunto interessante su cui, poi, ciascuno potrà valutare se investire o meno. Spero che il Rapporto Auser vi sia di stimolo :o)
Buona vita e ben trovati! Si riaprono i lavori…
Nicola Piccinini
0 risposte su “Anziani soli e senza assistenza. Quale il ruolo dello Psicologo?”
Salve, negli ultimi anni dell’università, mi ricordo che un mio bravissimo professore, ricercatore nell’ambito dell’invecchiamento psicologico, ci diceva che questo settore poteva essere una grossa opportunità per noi psicologi. Il problema è che sento continuamente parlare di ottime opportunità per noi Psicologi, ma di fatto, e soprattutto al livello formativo, pochi di noi sono preparati per affrontare professionalmente queste nuove realtà. Infine, rivolgersi come professionisti liberi e privati a categorie che sono per definizione meno abbienti, è un gran bel problema. Bisognerebbe comunque cercare di coinvolgere il pubblico per sovvenzionare o quanto meno contribuire alle spese…
Ciao Federico,
riguardo la condizione economica, come scrivo nell’articolo, sarebbe sicuramente utile operare una segmentazione dell’utenza così da individuare fasce con possibilità di spesa.
rispetto alle opportunità… effettivamente ne esistono, ma – come dici tu – non ci preparano per affrontare queste realtà, né – tanto meno – ci passano le competenze abilitanti per operare in contesti competitivi, per analizzare fabbisogni di mercato, per progettare servizi, per pianificare strategie ed azioni di promozione
ed allora ti dico: lo spazio ci potrebbe essere, ma dovremo dotarci di qualche strumento in più delle “sole” tecniche e competenze psy
sentiamo se qualche collega rilancia con qualche spunto o esperienza fatta
ciuz
nicola
Gentile Collega, leggo sempre con grande piacere i tuoi approfondimenti e le tue riflessioni.In particolare, l’articolo sugli anziani mi colpisce e appassiona.
Mi spiego…mi sono sempre occupata, almento a livello di collaborazione con enti, di psicologia giuridica, ma dopo la ‘batosta’ e grande delusione rispetto alla vicenda degli psicologi in convenzione con il ministero della giustizia (esperti ex.art.80)con cui ho collaborato per ben 18 anni, presso l’IPM ‘Bicocca’ in Catania (vedi articolo collegha Dott.ssa A.Palmonella) negli ultimi anni ho avuto modo di collaborare per un progetto di Ass.domiciliare anziani, per l’attivizione di un servizio di ass.psicologica domiciliare.
All’inzio, non ti nascondo, la proposta mi ha spventata, in quanto inesperta e poco competente in questo ambito (a me sconosciuto), ma in “periodo di vacche magre!!!!”, non mi sono voluta tirare indietro. leggo,studio e mi appassiono e soprattutto la relazione con questi utenti mi entusiasma,mi incuriosisce, mi spinge ad un approfondimento…Così ..in breve…dagli incontri presso il proprio domicilio con alcuni utenti, ho proposto e ottenuto di relizzare anche un progetto di attività di gruppo(io ho una formazione gruppoanalitica…e ho il difetto di mettere spesso in cerchio…) con gli utenti che invece possono’uscire’ da casa. Così presso dei bei locali del comune (un comune alle pendici dell’Etna’…da qui si vedono le fontane di lava) realizziamo un gruppo finalizzato al benessere psico-fisico delle persone.
Infatti, oltre la mia conduzione ho coinvolto una collega esperta in bionergetica, per cui il binomio mente-corpo (elaborazione della esperienza di vita e attivazione corporea) è ben alimentato. Questa esperienza mi incoraggia visto il coinvolgimento ed entusiasmo degli utenti (fascia 65-83 anni) spesso sì anziani soli, donne spesso all’interno di una condizione psicologia denominata sindrome di Penelope…e tanto altro ancora di umano vivere. Giorni fa, un sera ero con amiciad una sagra del paese, con sorpresa ho incontrato alcuni utenti..che mi hanno fermata con cordialità e mi chiedevano..”dottoressa..ma quando riprendiamo il gruppo???…io adesso mi sento meglio!!!”.e proprio vero non si finisce mai di imparare.
spero che il progetto (con fondi comunali..anche se pochi) possa andare avanti. Intanto con la collega stiamo cercando di promuovere questo modello di intervento anche nel privato..e sembra che la cosa stia ‘scoprendo’ una domanda nascosta, il bisogno di una categoria umana, “rimossa” anche da noi psicologi.
spero di non aver tediato il mio intelocutore..e spero anche che così sia, ma soprattutto questo mio intervento e di poter -per chi fosse interessato- di poter creare una rete tra di noi che ci occupiamo anche di psicologia dell’invecchiamento..anche se io preferisco usare psicologia del cambiamento.
Grazie ancora per lo spazio che mi hao concesso.
Laura Monteleone
penso alle possibilità che potrebbe offrire il computer, in particolare la comunità di second life: questa piattaforma permetterebbe all’anziano di superare in un certo senso le barriere fisiche di un corpo non più giovane, potendo identificarsi con un avatar giovane e che interagisce con altri nella comunità virtuale.
Molto interessante, personalmente me ne sono occupata fino a due anni fa, come coordinatrice e docente nei corsi di formazione per Operatori servizi sociali e operatori di assistenza per anziani,effettivamente utenti ed operatori riportavano esigenze ed esperienze coerenti con quanto riportato sopra;talvolta i direttori delle RSA erano contenti di introdurre iniziative di socializzazione ed intrattenimento nuove e stimolanti, ma più spesso purtroppo si limitavano all’accudimento igienico-sanitario.
Ciao Ferderico, come al solito mi trovi in accordo con te sulle idee e sul da farsi. Quello che noto è che per noi psicologi ci sono molti corsi di formazione, master etc..a cui poter accedere pagando personalmente o con pochi aiuti. Ed altro ? Nulla! quello che credo manchi è la possibilità o la volontà di accomunarci e formare un gruppo che possa soddisfare le utenze anziane in difficoltà. A questo proposito mi sovvinene una domanda ” Siamo in grado, noi psicologi, di formare tali gruppi”? “Cosa ci blocca”? Forse la paura che l’altro possa lavorare più di noi ? La paura di investire del tempo e del danaro quando già ne abbiamo poco ? e poi quanto possiamo noi se non veniamo aiutati da una buona comunicazione mediatica (vedi spot pubblicitari)condotta dalla Regione (che più voce ha in capitolo)? Detto questo a me piacerebbe collaborare in questa impresa. E’ il nostro domani che definirei attuale. Ti ringrazio di leggermi ed a presto.
Simonetta Sodo
Ciao,
non so se ho capito bene,
ma quello che chiedi è relativo alle esperienze/attività profit che abbiano come utenza la popolazione anziana… io ho avuto esperienza in ambito ospedaliero, esistono delle realtà di reti di sostegno anche per la popolazione anziana, ma finanziate sempre dai comuni, in cui ad esempio l’anziano abile sostiene ad aiuta altri in difficoltà o partecipano a percorsi pro-benessere…
per quanto riguarda l’anti-aging butto lì uno spunto… sto avviando la professione privata presso un poliamulatorio dove fra le altre cose si occupano di medicina estetica (non chirurgia!), si tratta di interventi prevalentemente al laser, parlando con la titolare lei mi raccontava che capitava che signore di una certa età si rivolgessero a loro appunto per interventi anti-invecchiamento e che in alcuni casi si erano già sottoposte a molteplici tipi di intervento, anche chirurgici, con l’obiettivo di mantenere la loro “bellezza” arrivando a detta della responsabile a risultati spesso discutibili, ma spendendoci un bel pò di soldi… credo che in casi simili l’intervento dello psicologo potrebbe essere interessante, così come nei casi in cui la persona perde parte della propria efficenza, deve ri-creare un’immagine di sè che posas apprezzare, etc… ma prima è necessario creare una domanda/bisogno…
cosa ne pensate? 😉
Caro Nicola,
leggo sempre con interesse i tuoi comunicati e ti ringrazio per il tuo costante impegno.
Sono una collega psicologo psicoterapeuta del Lazio che – come moltissimi di noi – vive di altro ma si dedica ugualmente alla professione, per passione.
Recentemente, per seguire una madre molto anziana (91 anni) ho momentaneamente abbandonato l’attività che amo. Confido nel futuro per riprendere.
Nel contempo posso darti il mio contributo vivendo “sulla mia pelle” il problema del vivere oggi da anziano.
Mia madre ha mille problematiche fisiche ma tutto sommato è ancora una persona abbastanza attiva (che per questo dà spesso anche filo da torcere) che pochi giorni fa mi ha confessato di “annoiarsi”. Perché effettivamente quando si pensa agli anziani si pensa alle medicine, alla fisioterapia, ai ricoveri in belle (o meno belle..) case di riposo, ma sto notando, difficilmente al loro svago. Cercando di risolvere problematiche personali e per mia informazione sto telefonando a diverse di queste case di riposo. In pochi casi mi hanno parlato di vere e proprie attività di svago. Al massimo hanno citato la “ginnastica”, ..“il cantante che viene ogni tanto…”.
Per mio conto sto facendo dei tentativi. L’ultimo – che mi sembra valido – è quello di aver riscoperto con mia madre i puzzle. Me ho comprato uno bello e grande e stiamo lavorando insieme, tassello dopo tassello, al nostro quadro di Renoir. Così lei pensa meno ai suoi problemi e socializziamo molto – e con molta soddisfazione – discutendo di come continuare il lavoro, come aggregare i pezzetti, come suddividerli per facilitare l’attività. E la sua mente intanto si allena..
Tutto questo per dire che effettivamente abbiamo perso il valore della relazione con l’anziano; è difficile realizzarla all’interno delle nostre vite frenetiche e nel chiudo delle nostre famiglie nucleari e le istituzioni sono assenti. Presenti solo per visite o analisi, o ricoveri ospedalieri.
Secondo me gli anziani – quando è loro possibile e con i dovuti limiti – possono svolgere una marea di attività. Bisogna solo scoprirle e far sì che anche loro si sentano parte attive del mondo. Noi psicologi possiamo in questo senso fare molto. Capire in quale direzione incanalare le energie, le forme creative ancora esistenti in una persona, seppur anziana.
Nota dolente è purtroppo la solita: soprattutto in certi ambiti la via primaria offerta in Italia è il volontariato, mentre la professionalità andrebbe comunque remunerata e uno psicologo dovrebbe poter sempre vivere del suo lavoro, anche nel nostro paese.
Cari saluti.
Adriana Sacchi
……come in molte altre realtà, per esempio nel distretto sociosanitario RMG5 recentemente con alcuni colleghi ci stiamo occupando di vari progetti, e sappiamo che ci sono molti Seniors con piccoli e grandi bisogni.
Per ora stiamo presentando dei progetti di musicoterapia nei centri anziani, allo scopo di animare e rendere più utile il tempo condiviso in tali centri.
Potrebbe un modo per entrare più in profondità rispetto ai bisogni reali, per i quali si potrebbero studiare insieme eventuali proposte, che altri ambiti (come quello scolastico) noi già stiamo discutendo nei piani di zona del distretto medesimo.
Quindi gli psicologi (preferibilmente del territorio in questione) che vogliano in qualche modo interloquire e pensare insieme a noi sono benvenuti.
Più che un badantaggio qualificato e organizzato non riesco a vedere. L’anziano tende ad essere molto riservato e per difesa diventa molto selettivo in termini relazionali. Per cui può risultare molto difficile e dispendioso organizzare gruppi di anziani fuori dalle strutture pubbliche o convenzionali (coop, enti assistenziali, ecc.) che dispongono di supporti e servizi già consolidati nel funzionamento. Che poi siano tutti carenti ed insufficienti è un’altro paio di maniche.
Vengo da un’esperienza di tre anni di assistenza agli anziani di famiglia che mi ha fatto toccare con mano la qualità di lungodegenze, case protette e simili: il livello è pessimo! Con in ballo un mucchio di soldi, pubblici e privati: a Ferrara i primi sei mesi di casa protetta sono a carico della famiglia e costano 2500 euro al mese, poi subentra la convenzione pubblica e si scende a 1500 euro. Con i tempi attuali le famiglie cominciano a non farcela più e le rette insolute in questo momento sono tante. Come verrà risolto il problema non si sa.
Secondo me occorre ricoinvolgere le famiglie dando maggiori sostegni per mantenere in casa l’anziano. Permangono comunque difficoltà e problemi prettamente fisiologici.
Certo lo psicologo potrebbe essere il miglior agente di coordinamento di un’equipe di OSS-Infermiere-Badanti da selezionare, formare e…….gettonare (passatemi il termine). Molto meglio che le semplici agenzie di “noleggio” badanti, che comunque stanno spuntano come funghi.
Disponibile ed interessato al confronto e grazie dello stimolo.
Ciao, alberto