Questo post è diretto a tutti quei colleghi psicologi soddisfatti del passaggio sotto Medicina 2, convinti dei presunti vantaggi. Proprio a loro intendo fornire uno spunto utile a chiarire – meglio di tanti discorsi congetture e fantasie – cosa ci attende. Ma prima permettetemi un piccolo cappello…
Quanto sta accadendo a La Sapienza di Roma, l’aggregazione di Psicologia a Medicina (articolo), ha suscitato molto interesse tra i colleghi, ma anche internamente ai diversi Ordini regionali (eccetto ovviamente all’Ordine Psicologi Lazio che ha partecipato al verificarsi di questa frittata). Oltre 15.000 visitatori al blog, circa 2000 persone lo hanno segnalato al loro network di amici su Facebook, centinaia di commenti tra blog e social network.
Una comunità professionale che si attiva e discute, certamente in alcuni frangenti commentando in preda all’emotività, ma di fatto si informa, si confronta, cerca di condividere pro e contro di una situazione piuttosto controversa nei modi e nei contenuti.
Questo è ciò che auspicavo e sono felice che stia accadendo!
Ovviamente esistono diversi punti di vista, e tra questi anche la convinzione/auspicio che portare la Facoltà di Psicologia sotto la Facoltà di Medicina possa apportare benefici alla nostra categoria.
Mi spiego meglio: i medici hanno lobby politiche ed economiche molto forti, i medici hanno una rilevanza sociale chiara ed importante, prescrivono ricette, coprono ruoli chiave nelle strutture sanitarie, gli specializzandi vengono addirittura retribuiti. Tutti elementi che indurrebbero alcuni colleghi a pensare che questi benefici si trasferiranno magicamente anche a noi psicologi, o per lo meno alcuni…
Questi stessi colleghi, vengono evidentemente tranquillizzati dalle parole rilasciate da Francesco Avallone (intervista), che parla di un’autonomia gestionale e scientifica pienamente garantita. Parla solo di presunti vantaggi e di nessuna ricaduta negativa.
Io sono di opinione diversa, sono qui a confrontarmi con voi. Personalmente penso che non sempre andare sotto il più forte porti vantaggi, e ciò soprattutto in momenti di crisi sociale ed economica dove ciascuno pensa – più del solito – a portare acqua al proprio mulino. Fra l’altro l’esperienza mi insegna che a più riprese i medici hanno cercato di accaparrarsi ambiti di nostra pertinenza, ma non solo… pensiamo alla medicina naturale o altre situazioni (da cui: smettiamola di additare come paranoici o disfattisti gli psicologi che pongono seri dubbi sull’operazione!)
In un prossimo articolo, vi parlerò nel merito di come Cultura e Professione (al governo dell’Ordine Psicologi Lazio) e l’AUPI (al governo del Consiglio Nazionale Ordine Psicologi) siano venuti meno al mandato che i colleghi gli hanno dato durante le scorse elezioni. Vi rappresenterò come questa operazione sotto traccia tradisce il mandato a loro affidato, e condividerò alcune riflessioni sul perché hanno lasciato che accadesse, quali i possibili vantaggi ed interessi (di pochi).
In questo articolo invece vi riporto un’interessantissima comunicazione ufficiale della SIMPSI (Società Italiana Medici Psicopatologi e Psicoterapeuti) in cui si evidenzia a chiare lettere la prospettiva dei medici rispetto al passaggio di Psicologia a Medicina… e, come dire, non è molto congruente con le attese di chi ancora crede a Babbo Natale e ragiona con “meccanismi di funzionamento del mondo/business” presi a prestito dal Paese delle Meraviglie.
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S I M P S I – SOCIETA’ ITALIANA MEDICI PSICOPATOLOGI E PSICOTERAPEUTI
Oggetto: laurea in medicina e psicologia
Il Consiglio direttivo della Società Italiana dei Medici Psicopatologi e Psicoterapeuti (SIMPSI), riunitosi a Genova, in data 3 novembre 2010, presso la sede dell’Istituto CESAD – Centro Studi per l’Analisi Dialettica,
– avendo avuto notizia come, ormai da più mesi, siano in corso, presso diverse Università italiane, operazioni di ristrutturazione delle facoltà e dei dipartimenti che, tra l’altro, dovrebbero portare alla costituzione di facoltà universitarie di Medicina e Psicologia;
– avendo appreso, in particolare, da una intervista rilasciata all’ Ordine degli Psicologi del Lazio da parte del prof. Francesco Avallone, prorettore vicario dell’ Università “La Sapienza” di Roma, che, in quest’ultima Università, “la nuova facoltà di Medicina e Psicologia coordinerà sette dipartimenti, di cui 3 di area psicologica e 4 di area medica”,
– avendo verificato come l’impostazione di tali operazioni per la costituzione di Facoltà di Medicina e Psicologia presenti significative corrispondenze con una proposta della SIMPSI già approvata dalla FNOMCEO e successivamente presentata dalla stessa SIMPSI, nel 1985, al XXXVI Congresso della SIP (Società Italiana di Psichiatria) con una comunicazione dal titolo “Formazione dello psicoterapeuta e riforma della facoltà di Medicina”, con la quale veniva sottolineata la necessità di integrare, nei piani di studio universitari per la preparazione professionale del medico, generico e specialista, un programma di studi organico concernente le discipline psicomediche, in funzione della possibile istituzione di una laurea in Medicina e Psicopatologia;
— avendo rilevato come le proposte e le raccomandazioni, nel senso indicato della FNOMCEO e dalla SIMPSI, siano state, a tutt’oggi, completamente ignorate dalle gerarchie universitarie, soprattutto per quanto concerne la richiesta, più volte ribadita, negli ultimi decenni, dalle suddette Associazioni, che venisse garantita al medico, in sede di formazione universitaria, generica e specialistica, un’adeguata preparazione clinica nel campo della diagnostica psicopatologica differenziale, indispensabile per un corretto esercizio della sua attività professionale;
— avendo deplorato come una tale carenza nella formazione accademica del medico sia stata e sia tuttora alla base del fallimento ormai centenario dei servizi di assistenza psichiatrica, oltre che fonte di non lievi malintesi che hanno finora impedito una seria collaborazione con gli Ordini professionali degli Psicologi;
CHIEDE
alla FNOMCEO ed agli Ordini dei Medici se, nella incombente prospettiva dell’ istituzione, presso le Università italiane, di facoltà di Medicina e Psicologia, dalle quali dipenderà la formazione professionale del Medico, non ritengano doverosa e necessaria l’urgente costituzione di una Commissione di Consulenza per una verifica delle condizioni scientifiche e didattiche che dovranno garantire al Medico, nel corso dei suoi studi universitari, un’adeguata preparazione teorica e clinica nelle discipline psicomediche, soprattutto per quanto riguarda l’acquisizione delle fondamentali competenze cliniche nella diagnostica psicopatologica differenziale, indispensabili per un corretto esercizio della sua attività professionale, generica e specialistica,
Dott. G.Giacomo Giacomini
Presidente SIMPSI
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Torniamo a noi. Respiriamo profondamente e non abbandoniamoci all’emotività.
La SIMPSI è comunque una realtà di rilievo nel panorama professionale dei Medici. Cosa sta dicendo? Dice che da anni reputa strategica l’acquisizione, da parte del medico in formazione, di competenze cliniche e psicodiagnostiche all’interno del percorso universitario medico. Denuncia altresì che questa carenza impedisce la strutturazione di un buon servizio di assistenza psichiatrica (che evidentemente dal suo punto di vista deve essere erogato SOLO da medici e non da equipe con psicologi, che hanno per legge quegli atti tipici).
Vede quindi in questa aggregazione un’opportunità per ottenere ciò che da anni va professando: non tanto quindi una valorizzazione del profilo professione e del ruolo dello psicologo, quanto più un’appropriazione legalizzata di nostri atti tipici per colmare carenze del profilo di medico!
Può bastare per far toccare con mano come funziona la cosa? Quale è la direzione intrapresa? Cosa significa andare sotto il più forte in Italia?
Sicuramente alcuni colleghi, che invece sostengono fino allo sfinimento Babbo Natale possono obiettare che – per quanto importante possa essere la SIMPSI, è comunque un singolo caso. Ecco, vi anticipo che ho altra carne al fuoco, ma ne parlerò più avanti in quanto ho dato segnalazione ad un preciso Ordine regionale.
Condivido questo comunicato – a mio avviso molto preoccupante – per provare a rendere tangibile il fatto che dietro ad alcune decisioni non sempre ci sono valori ed interessi chiari. Molto più frequentemente lavorano lobby di potere, pochi soggetti, e non è detto che ciò che ci è dato sapere sia la verità vera… o piuttosto la favoletta di Babbo Natale e del Mulino Bianco.
VORREI CHIEDERVI: NON TROVATE SCANDALOSAMENTE PREOCCUPANTE UN SIMILE COMUNICATO???
43 risposte su “Dedicato agli psicologi che ancora credono a Babbo Natale…”
Non sono d’accordo!..anzi, penso che dichiarare che il medico abbia bisogno di una formazione psicologica, sia un’ammissione di come la medicina sia stata imperfetta…Non credo che vogliano “farci fuori”…
Come ho già avuto modo di dire, la mia formazione è molto medica, ed ho sempre creduto che l’integrazione delle 2 professioni sia fondamentale per capire l’uomo..
almeno per l’ambito clinico. Sicuramente i medici non potranno mai essere accumunati a degli psicologi del lavoro…così come gli psicologi del lavoro, per la loro formazione, non hanno nulla a che fare con la clinica…
“..siamo angeli con una sola ala…possiamo volare solo rimanendo abbracciati” (L. De Crescenzo)
Soltanto se impariamo a lavorare insieme, riusciremo a costruire!!!..
Grazie e buon lavoro
Marilena
Cosa possiamo fare nel nostro piccolo per arginare la situazione?
Sono una laureanda in psicologia e non so bene a chi dovrei rivolgermi, a chi scrivere, che petizione firmare.
Puoi indicare anche a chi come me, vorrebbe fare qualcosa e intanto si documenta sulla situazione quali sono le vie migliori per farsi sentire?
Grazie
Il problema sta tutto nella frase “fondamentali competenze cliniche nella diagnostica psicopatologica differenziale”… io sinceramente mi chiedo come facciano i colleghi psicologi a distinguere una psicopatologia primaria da una secondaria, non potendo fare una diagnosi medica…
Dovendo escludere cause mediche di una qualsiasi sofferenza psichica, devo per forza collaborare con il medico. Se la sofferenza psichica è secondaria ad una patologia organica, devo saperlo per predisporre un adeguato progetto terapeutico. E non potendosapendo fare diagnosi organiche.
Poi c’è sempre quel piccolo dettaglio difficile da accettare: Freud, Jung etc etc erano tutti MEDICI.
Freud e Jung curavano persone per le quali erano escluse cause organiche: la diagnosi medica era stata fatta prima di quella psicologica. Strano che su questo punto gli psicologi attuino una forte NEGAZIONE.
Oggi le principali scuole di psicoterapia sono dirette da PSICHIATRI…
Caro Fernando, infatti qui non si sta parlando di far collaborare lo psicologo con il medico, quanto più di dotare il medico di adeguate competenze per “rendersi indipendente”. Poi se uno vuole leggere per forza ciò che più gli piace, pace… E per chiudere, se vogliamo, tutto è nato da Adamo ed Eva (per chi crede alle favole) e forse da qualcuno prima di loro… poi però ci sono stati percorsi differenti, riconoscimenti di ruolo e quant’altro. Per quanto ancora la si deve menare con questa storia? A più di un secoo di distanza esistono colleghi che si occupano da psicologi, legalmente riconosciuti, di ben altre cose da freud e compagnia cantante…
Mestamente ti rispondo di si.
A babbo natale non credo più da tanti anni, basterebbe riflettere da adulti professionisti e domandarsi perchè mai i medici dovrebbero avere a cuore le nostre sorti.
Finchè alcuni (molti) di noi penseranno che sia compito di altre figure garantire loro una qualsiasi tutela rimarranno sempre in sudditanza morale e professionale da chi gliela elargisce.
Condivido appieno. Le rivoluzioni ormai si fanno come gli omicidi con l’arsenico; lente e inesorabili. Per un Medico la Psicologia non esiste! E’ una carenza della professione del Medico. Chiedo allora cosa ne pensi Umberto Galimberti. Scrive a suo tempo (vedi Psiche e Techne. L’uomo nell’era della Tecnica) il grande Professore (lo dico senza ironia, è veramente un grande), che la Psicologia è il fallito tentativo di una cultura scissa di porre rimedio alle proprie scissioni. Se questo tentativo lo fa la Medicina, QUESTA MEDICINA, siamo garantiti dal fatto che tra breve non avremo solamente una Psicologia Medica o (a mio avviso peggio) una Medicina Psicologica?
Caro Nicola, come vedi ogni psicologo tira acqua al proprio mulino, ed io da psicologo clinico ti rispondo che il ritorno a medicina è appunto un *RITORNO* per quanto riguarda la psicologia clinica.
Poi sono d’accordo con te che psicologia non è solo *clinica*, ma è anche comunicazione, marketing, etologia e selezione del personale, educazione mentale, studio sociale e comportamentale delle masse etc etc
Sarà forse che psicologo è un calderone molto amplio?
Sarà forse che gli altri ordini quali avvocati e commercialisti non sono rivolti a tutti i laureati in legge ed a tutti i laureati in economia, ma a specifici professionisti
sarà pure che la “clinica” non è necessariamente “medica”, ma squisitamente “psicologica”!
lo trovo molto triste, ma ovviamente c’è da rapportarsi anche con questo genere di visuali…
condivido appieno le preoccupazioni di Mario Bianchini.
comunque sia, largo al confronto… altre chicche stanno arrivando… anche per i più duri e puri sostenitori di Babbo Natale ;(
Beh…ma che dobbiamo ritornare a leggere Freud sulla psicanalisi fatta da non medici? Proprio lui ebbe l’intuizione di separare le 2 professioni, pur essendo egli stesso un neurologo (certo non mi pare che al giorno d’oggi siano nati altri geni come lui!). Mi sembra chiaro l’intento della classe medica di accaparrarsi il titolo di Psicologo aggiungendo qualche esamuccio qui e lì.Io sono convinta che medico e psicologo debbano collaborare (ecco perché lo psicologo può richiedere al medico di valutare ev.approfondimenti diagnostici strumentali, eventuale somm.ne di farmaci, ecc.), ma altrettanto convinta che debbano restare professioni e formazioni distinte, soprattutto perché partiamo da assunti differenti rispetto ai concetti di “cura”, “terapia” e tutto ciò che ne consegue. Un medico-psicologo o uno psicologo-medico a mio avviso resterebbero sempre un po’ più med o un po’ più psico; questo è già visibile nella formazione dei Npi (ne ho conosciuti diversi) chi è più med e chi è più psico, i quali nonostante la formazione psichiatrica e in parte psicopatologica, non c’è niente da fare, non hanno le competenze dello psicologo, non “vedono” le dinamiche interpersonali, non considerano l’analisi della domanda e un sacco di altre cose; non lavorano sulle emozioni (a meno che siano psicoterapueti, ma anche su questo ci sarebbe molto da commentare), insomma fanno un altro lavoro! Ma che è un delirio d’onnipotenza? Non si può sapere tutto e fare tutto, anzi così il medico rischia pure di detrutturarsi secondo me! Comunque, mi resta difficile sintetizzare ulteriormente il mio pensiero e non intendo dilungarmi troppo. Ribadisco però la distinzione tra l’identità di Psicologo e di Medico nelle rispettive funzioni, entrambe valide nella ricerca e promozione della salute e del benessere dei clienti/pazienti. Per cui sono contraria a questo accorpamento delle due facoltà.
qual è il problema? non vedo nulla di allarmante in un comunicato di una associazione che legittimamente chiede una formazione piu adeguata per i propri professionisti. La diagnosi psicopatologica non è “cosa nostra”,e quindi nulla può vietare loro di approfondire questi aspetti, anzi ben venga un approccio olistico al paziente… Io non conosco ancora nei dettagli le conseguenze di questa operazione, ma sinceramente ho l’impressione che nessun altro qui le conosca: si stanno facendo soltanto tante ipotesi, tutte pessimistiche, ma pur sempre ipotesi..
Come sai, Caro Nicola, a mio avviso non solo l’oridne laziale, ma l’intero ordine è venuto meno al proprio mandato. Riporto qui brani dei miei interventi in ml orizzonti-psy:
1.Psicologia ha un’Ordine che dovrebbe tutelarne i confini. Ordine che anche in questa circostanza non fa nulla, o – se fa qualcosa – lo fa in silenzio.
Ci sono dei nostri rappresentanti nel Miur che non hanno detto nulla, che non hanno avvisato la comunità di questo fatto, non si sono strappati le vesti, non hanno minacciato le dimissioni, la denuncia ai giornali.
Che dire? E’ stato costruito nel tempo un enorme specchietto per le allodole: e le allodole son cascate nella trappola, in 72.000!
Una domanda sorge però spontanea: fatemi capire, perchè dovremmo ancora pagare per l’iscrizione ad un Ordine che non rappresenta assolutamente i nostri interessi?
Per il prossimo anno io sarei per saltare un turno: “No taxation without representation”.
2.non credo nell’attuale ordinamento per ragioni che non sto qui a ripetere. Pertanto mi limito a sottolinerare le incongruenze fra mandato per il quale l’ordine è stato istituito, così come traspare anche dal codice deontologico: vedi articoli dall1 al 6.
In particolare reputo che se si chiede a ciascuno di noi –> Art. 6 del codice deontologico:
“- Lo psicologo accetta unicamente condizioni di lavoro che non compromettano la sua autonomia professionale ed il rispetto delle norme del presente codice, e,in assenza di tali condizioni, informa il proprio Ordine. – Lo psicologo salvaguarda la propria autonomia nella scelta dei metodi, delle tecniche e degli strumenti psicologici, nonché della loro utilizzazione; è perciò responsabile della loro applicazione ed uso, dei risultati, delle valutazioni ed interpretazioni che ne ricava. – Nella collaborazione con professionisti di altre discipline esercita la piena autonomia professionale nel rispetto delle altrui competenze.”
Lo stesso debba attendersi ciascuno di noi dagli eletti nell’orine e negli ordini, a tutela dei principi del codice deontologico.
.. in molte altre occasioni l’ordine è venuto meno ai propri doveri, ma (a parte il fatto che ogni volta ho cercato di dire quello che pensavo) stavolta penso la breccia aperta sia più ampia e il difetto di tutela più grave.
Mi limito a questo.
….. è noto che i medici sono i portatori non di una scienza, ma di un insieme di tecniche che provengono da varie scienze (insomma, che sono dei supertecnici); d’altro canto il fatto ad esempio che essi utilizzino principi della chimica o della fisica non li spinge a istituire un corso di laurea in fisica o in chimica presso medicina. E allora perchè in Italia si possono permettere di fare ciò con psicologia? quando sappiamo che psicologia è una scienza, peraltro dai confini molto più ampi di quelli che possono essere utili utilizzabili tecnicizzabili all’interno di alcune branche della medicina?
3.parto dal presupposto che nel mandato ci sia innanzitutto l’osservanza del codice deontologico.
Poichè è il Cnop che ha nominato i nostri rappresentanti al Miur ne deriva che: – o il Cnop condivide l’operato e l’inerzia di questi rappresentanti che son venuti meno all’art. 6; – oppure ne chieda le immediate dimissioni.
Altrimenti – come diceva Brancaleone da Norcia – “stiamo a prenderci per le natiche”.
d.
Nicola e Mario, sono contento che apprezziate il buon Umberto Galimberti, filosofo psicanalista… (http://it.wikipedia.org/wiki/Umberto_Galimberti)
X BELLIZZI: non mi riferivo a quello, ma ti lascio giocherellare. L’importante è che tu sia contento e fiducioso nel futuro. Tanti saluti.
X DINO: la “No taxation without representation” è molto affascinante, ma non so fino a che punto possa essere adottata massivamente dai colleghi. Ho invece un’idea molto più prgmatica ed ho già invitato gli Ordini regionali a me conosciuti di richiedere parere formale al loro legale di riferimento. Se vi sarà esito positivo, come credo, avremo uno strumento potente per inchiodare il CNOP. E comunque, avrò modo di vedere – NEI FATTI – i Presidenti che intendono genuinamente “compromettersi” a favore della categoria, da quelli che invece galleggiano facendo buon viso. E questo è per me fondamentale 😉
10+ per Dino
dal mio punto di vista,da questo stato di cose noi psicologi corriamo il rischio.. di non avere molto da guadagnare. bene che i medici vogliano ampliare le loro competenze di base, per carità, ma guai se questo diventasse un movimento da parte della medicina di inglobamento della psicologia, anzichè la promessa di una proficua unione (di collaborazione) di due professionalità diverse. Ogni sapere ha le sue ragioni, l’importante è che si dia ad ognuno il suo peso, senza senza far sì che l’uno abbia il sopravvento sull’altro. Ma questo forse potrebbe accadere, dal momento che la medicina è una scienza riconosciuta da millenni, mentre la psicologia a confronto è molto più giovane… Perciò è bene che teniamo gli occhi aperti e che difendiamo la nostra autonomia. Un approccio olistico può, anzi forse deve esistere, nel senso che si dovrebbe tenere conto dei diversi aspetti che compongone quello che è l’uomo (corpo, mente, razionalità , emozioni), per trovare ad esso delle risposte, ma si spera sempre nel rispetto delle specifiche competenze.. e poi immaginare una possibile professione che racchiuda in se’ tutte le competenze, mi sembra un abbandonando a deliri di onnipotenza.
…purtoppo sembra un processo iniziato da molto tempo…non vorrei sembrare eccessivamente pessimista, ma analizzando la realtà mi rendo conto che l’area clinica è prettamente impermeabile e la psichiatria detiene un potere “decisionale” al quale noi psicologi non siamo contemplati, se non con ruoli di relativa importanza…siamo chiaramente non riconosciuti nelle nostre competenze, spesso messi in discussione e per questo perennemente in “formazione”…
Non hanno aggiunto nulla alla facoltà di psicologia, al contrario, hanno accorpato qualcosa alla facoltà di medicina e cioè le nostre “competenze” e con essa i nostri diritti di esercitare una professione che merita una propria autonomia (collaborare non necessità confusione di ruoli)…non ci vedo nessun processo di “integrazione”.
Soluzioni???
Nicola,
ci conosciamo da tanto tempo, per cui penso che tu sappia quanto interesse ho sempre mostrato per la tutela della nostra identità professionale. Però qui c’è nell’aria, secondo me, qualcosa che non possiamo ignorare e non riguarda i medici, ma noi psicologi e che non trovo giusto archiviare semplicemente come sciocca fantasia infantile (Babbo Natale!). Sinceramente, con mia stessa sorpresa, la mia prima reazione emotiva alla notizia è stata positiva, una sorta di liberazione, come lo scioglimento di una contraddizione che ho sempre avvertito e che ha sempre interferito con la formazione della mia identità professionale. Sulle tante risposte positive che non mi sarei mai aspettata (e forse neanche tu?), partendo dal presupposto che siamo tutti colleghi mossi da onestà intellettuale, credo che dovremmo ragionare. Per noi che lavoriamo nella clinica, la carenza di una preparazione medica è spesso avvertita come una lacuna importante. Allo stesso modo ti assicuro che è un grande compromesso per noi accettare di lavorare con diagnosi medica (DSM),rischiando, tra l’altro, denunce per abuso della professione medica. Non dico che questo passaggio sarà favorevole per noi.Sono sicura che saremo risucchiati. Ma lo saremo proprio perchè spesso noi stessi (i clinici, intendo) ci sentiamo i fratellini più piccoli della medicina, perchè non siamo riusciti seriamente a esprimere una scienza e una professione indipendenti dalla medicina, perchè se predichiamo di unità mente/corpo non possiamo batterci allo stesso tempo per due scienze diverse una della mente e una del corpo. Sarebbe bello lottare per l’integrazione, alla pari, ma so bene che questo è reso impossibile dalle lotte di potere (prima di tutto economico) che ci schiacceranno e annuleranno. Però, detto tra di noi, se potessi tornare indietro, preferirei iscrivermi a Medicina/Psicologia. Anche se temo che mi leverai il saluto 🙂
Il saluto non te lo tolgo certo per questa tua scelta, e neppure ho nulla “a prescindere” contro i medici, ci mancherebbe! Anch’io sarei dell’idea che alcune brache della psicologia dovrebbero dotarsi di equipaggiamenti più hard… tu parli della medicina, altri potrebbero dirti di economia o marketing, altri di tecnologie e così via… ma non è questo il fatto. Il mio sforzo è invece di focalizzare l’attenzione non tanto sul mondo che ci piacerebbe fosse, quanto più sulla cruda realtà che, come anche tu ammetti, rischia di vedere la Psicologia schiacciata ed annullata. Visto che anche tu conosci bene me, sai quanto adoro lavorare su piani di realtà e non di “auspicata fantasia”. Altra cosa, ritengo che, in ottica strategica, la nostra categoria dovrebbe lavorare in termini di promozione e quindi di valorizzazione della nostra professionalità (alla pari e senza alcun timore reverenziale con NESSUNO!), tuttavia in ottica tattica ed operativa (il da farsi nel qui ed ora) c’è una situazione grave da affrontare e sventare. Non nego che mi disturbano i colleghi che ti additano come paranoico, senza avere la lucidità di distinguere i due piani… e comunque ti sembrano tanti, ma in realtà erano una manciata, ma scrivevano quanto una truppa ;o)
Buona vita e a presto
nicola
Per quel che può servire sono completamente d’accordo con Carmen Pernicola. Daltronde se ci sono incomprensioni è proprio il segnale che il calderone psicologo include troppe competenze diverse tra loro, per cui difficile immaginare universi diversi tra loro.
Chissà se non ci fosse stata la psicologia clinica se ci sarebbe stato bisogno di un Ordine. Io credo di no, ma m’informerò presso un avvocato.
A me vengono in mente 3 considerazioni:
1. è un dato di fatto che molti psicologi si pentono di non aver frequentato medicina. Invece però di pretendere una formazione clinica più “hard” come scrivi tu, sperano che la propria disciplina venga sciolta in quella medica, fantasticando un “ritorno alle origini”.
2. è piuttosto curioso dire che la figura dello psicologo è troppo ampia senza accorgersi che quella di medico ingloba praticamente tutto lo scibile umano, o almeno ci prova. Dotandosi degli “strumenti della psicologia” il medico aggiungerebbe un ulteriore ambito agli innumerevoli di cui già si occupa. Avremo un medico sempre più onnipotente e onniscente. Non so a voi, ma a me questa prospettiva non mi rende più sereno…
3. il problema alla base, Nicola, sono le specializzazioni. I miei colleghi dicono che ho un’ossessione su questo tema, ma penso seriamente che uno dei nodi critici sia quello. È ora che gli psicologi pretendano delle specializzazioni che non siano esclusivamente psicoterapeutiche e non siano dei “fan club” di Freud, di Beck, di Erikson etc. Gli psicologi meritano specializzazioni professionalizzanti per i diversi ambiti di cui si occupano, con l’acquisizione pratica degli strumenti adeguati.
Se vuoi, Nicola, posso buttare già qualche riga al riguardo. Pensavo di inserirlo quando avrò aperto il mio sito professionale (anche grazie ai consigli del tuo e-book), ma ancora sto costruendo la grafica, Ci vorrà del tempo. Se ti va di ospitarlo qui o sugli altri tuoi “presidi” nel web te lo invio volentieri. Visto mai che per gli psicologi la fede in Babbo Natale torni ad essere una semplice, piacevole favola e non una fantasia allucinatoria?
Christian
Caro Christian, qualsiasi contributo – se valido e di interesse – è il benvenuto! Quindi comincia pure a buttare giù tutte le righe che desideri ;o)
Molto interessante il commento di Christian Giordano. Mi auguro che abbia voglia di scrivere qualcosa in merito al suo 3° punto, perchè mi incuriosisce l’idea di dotare la preparazione degli psicologi (qualsiasi sia la declinazione del loro lavoro) di percorsi di specializzazione più ampi di quelli finora a disposizione.
Spero anche di leggere il resto di quanto indicato da Nicola perché vorrei farmi un’idea più precisa di quello che sta accadendo. Certo questo comunicato del SIMPSI sembra tutt’altro che incoraggiante. Ma aspetto di capirci qualcosa di più.
Confusioni di ruoli.
Mi sono imbattuto in questo sito, che secondo me genera parecchia confusione nella professione di psicologo.
http://www.abcsalute.it/ricercavetrina.php?macro=533&idCategoria=576
Il sito è ovviamente *medico* per cui mette di tutto nella sezione psicologia – psicoterapia. Innanzitutto accorpa psicologia a psicoterapia come fossero la stessa cosa (Nicola, credo tu debba intervenire per spiegare anche a loro le differenze).
Il *mette tutti dentro* è interessante perchè crea un minestrone veramente curioso.
Infatti c’è di tutto (e legalmente parlando è corretto, ma viene fuori un quadro pieno di colori).
A parte i laureati in psicologia e poi psicoterapeuti, troviamo diversi medici con svariate specializzazioni (e anche qui interessanti i vari accostamenti).
Poi troviamo quelli che la laurea non la dichiarano e dichiarano solo la psicoterapia (è corretto metterli nella sezione psicologia?).
Altra cosa curiosa, ma indicativa dell’indirizzo del portale: chi non mette la foto nel portale gli viene messa un’immagine di chiaro stampo medico (e questa potrebbe essere molto fuorviante) poichè ha camice e stetoscopio (noto strumento della psicologia e della psicoterapia, daltronde è un *l’ascolto meglio*)! : )
Anche il portale sopra indicato genera molta molta confusione, se non altro perchè associa alla psicologia anche chi è solo psicoterapeuta…
Vorrei segnalare un possibile punto di vista sulla questione che trovo ben sviluppato dagli scritti e i lavori sulla teoria della tecnica psicologica proposta da Renzo Carli.Il professor Carli ha dedicato gran parte del suo lavoro ad analizzare e formare studenti sul rapporto tra psicologia ed altre discipline e sui risvolti istituzionali dello stesso (in primis disipline mediche), nell’ipotesi che non si possa fare gli psicologi senza prima capire chi sia lo psicologo e cosa faccia lo psicologo.
Noi studenti che abbiamo investito fortemente in quel modo di fare psicologia, per anni abbiamo cercato di formarci per essere psicologi che fanno gli psicologi (nella scuola, nell’ospedale, nelle aziende, nei comuni, nelle associazioni,nelle cooperative,inventandoci lavori e contesti nuovi…). Abbiamo cercato di non frammentarci dietro al tecnicismo e all’iperspecializzazione(prerogativa della cultura medica)ma di costruire coerenza e specificitá negli interventi, convinti che si possa lavorare utilmente anche in assenza di un mandato sociale di “cura” che sensatamente é stato e sará sempre proprio del medico.
Credo che per molti di noi sia estremamente rassicurante ed edificante vederci finalmente protetti sotto l’ombrellone del mandato sociale della cura e che , come dice Nicola, é bello credere a Babbo Natale. Ma credo anche che ci siano molti professionisti che hanno costituito una rappresentazione della professione psicologica diversa, nuova, indipendente e svincolata dai vecchi contesti medicali e dalle solite “nicchie” della psicoterapia. Mi chiedo dove sono questi psicologi e se riusciremo a proporre un’alternativa valida.
cari colleghi,
voglio condividere con voi quanto emerso da un confronto con alcuni colleghi in merito al tema qui presentato.
la questione è:
quali risvolti sul nostro lavoro avrà questa riforma quando entreranno a mercato queste nuove figure professionali medico-psicologiche?
a chi credete che si rivolgeranno i pazienti? allo psicologo o dal medico psicologo? magari il secondo potrà pure prescrivere psicofarmaci..
io credo che per l’ennesima volta la generazione attuale di giovani psicologi subirà un nuovo smacco, schiacciata tra terapeuti senior e nuovi terapeuti più appetibili sul mercato..
tempi duri ci attendono..
Sono un neolaureato, per cui mi scuso se abbasso un pò il livello culturale del dibattito con alcune considerazioni e domande semplici.
Non capisco (davvero!) una cosa: l’esigenza di “un’adeguata preparazione teorica e clinica nelle discipline psicomediche, soprattutto per quanto riguarda l’acquisizione delle fondamentali competenze cliniche nella diagnostica psicopatologica differenziale” perchè non viene soddisfatta arricchendo i piani di studio delle facoltà di medicina? Perchè accorpare, insomma? Forse potrebbe aver senso in un’ottica di miglioramento delle economie gestionali di alcuni atenei ma è questo? Quali sono gli effetti pratici a breve/medio periodo di questi accorpamenti?
Piace anche a me leggere “transizione verso modelli professionali più integrati” in queste dinamiche che attraversano la scena politico-formativo-professionale di questi anni ma dobbiamo farlo gradualmente e nella concertazione! Se i fatti sono quelli denunciati dal collega Piccinini non mi sento affatto tranquillo.
@Giuseppe Piras. Che i medici stiano prendendo terreno in psicoterapia è già un dato di fatto… sono sempre più i medici che scelgono una scuola di psicoterapia, almeno questo ho constato nella scuola di ipnosi ericksoniana che ho frequentato. Quest’anno il primo anno ha il 50% di medici, principalmente psichiatri.
Ma è anche ovvio. Il direttore della mia scuola è psichiatra ed il suo bacino di utenza è psichiatria, dove fa psicoterapia.
Poi, psicologo e psicoterapeuta non sono la stessa, e questo lo dice la legge, dedicando l’art. 1 della 56/89 al primo e l’art. 3 al secondo.
Perchè andare dal medico psicoterapeuta? E’ più conveniente perchè il medico psicoterapeuta ha più strumenti, come dici tu: se ho bisogno dello psicofarmaco, che sappiamo avere la sua utilità, se vado dallo psicoterapeuta devo andare anche dal medico, se vado dal medico psicoterapeuta, se il disturbo è leggero, con la stessa visita magari ottengo pure lo psicofarmaco.
Nella struttura dove ho fatto tirocinio, il mio responsabile era medico psicoterapeuta. Alla struttura conviene far fare la notte al medico-psicoterapeuta o conviene assumere 2 figure diverse, cioè un medico ed uno psicoterapeuta?
Cari colleghi credo sia il caso di fare qualcosa da subito di eclatante per bloccare questo scempio… Solo 3 anni fa l’ordine del Lazio ha speso non so quanti soldi per bloccare l’istituzione di una facoltà di Psicologia Clinica Medica Presso la Facoltà di Medicina ed ora consegnano la Psicologia ai Medici …
Chessò potremmo comunicare ai nostri Ordini Regionali che operemo un vero e proprio sciopero fiscale non pagando la quota ad un ordine che, visti i fatti non ha più motivo di esistere… tra un po’ saremo tutti medici …
Cavolo se solo ci fosse l’interesse di almeno il 30% degli iscritti intaseremmo i fax e le email dell’ordine solo per tale comunicazione …
Ciao a tutti
Stefano
La questione è che in pratica si pensa che lo psicologo sia solo un esperto in nulla. I medici che fanno psicoterapia poi sono a tutti gli effetti psicologi, fanno tutto ciò che fanno gli psicologi e sono addirittura iscritti al nostro albo. In quale altro albo professionale avviene una cosa simile?
Il pensiero di fondo della richiesta di “acquisizione di competenze cliniche” mi sembra questo: perché io medico devo studiare addirittura 5 anni per fare anche lo psicologo? In fondo cosa mi manca? L’uso dei test. Ok, allora facciamo un corsetto universitario che ci abilita a usare i test e anche io potrò fare lo psicologo (in fondo “siamo tutti un po’ psicologi”, no?). Così esco da Medicina che sono medico e anche psicologo.
L’idea alla base di questo ragionamento è: il resto delle competenze che acquisisce uno psicologo durante i 6 anni di formazione?
Chiacchiere.
L’unica cosa concreta che fa lo psicologo è somministrare test e la legge non consente ad altri di farlo (ma allo psicoterapeuta-medico ovviamente sì).
rimango stupita nel leggere diatribe sulla giustizia o meno dell’accorpamento. da un punto di vista teorico può essere giusto, vantaggioso, ma solo a parità i risorse che di fatto non ci sono. il vantaggio può essere quello di una maggiore comunicazione con i medici? non vedo come l’autonomia delle due facoltà poteva però bloccare questo processo. mente vedo chiari molti svantaggi. preparare medici alla psicodiagnostica non è di per sè un problema ma non vigilare su cosa succederà della psicodiagnosi in italia è un bel problemone. prepararli come professionisti informati sui fatti o estendere le loro competenze per ricoprire ruoli che sono propri dello psicologo? temo che si verificherà la seconda ipotesi senza che nessuno ne sia informato per tempo e non è paranoia. noi sosteniamo esami di psicofisiologia ma non per questo entriamo nel merito dell’esercizio dell’endocrinologia. si tratta di difendere le competenze e non è nel calderone delle fusioni che si rafforzano le identità. un sano dialogo nella vita come nella professione ha luogo su linguaggi condivisi ma è nella serena eccettazione delle differenze che si può veramente dialogare. questo comunicato parte dal presupposto che i reparti psichiatrici non funzionino per la scarsa competenza psicodiagnostica dei medici e non per la scarsa considerazione o coinvolgimento di professionisti del settore come gli psicologi. è su questo che si deve riflettere, secondo me.
@Christian. I medici abilitati alla psicoterapia sono iscritti all’albo dei medici. Gli specializzati in psichiatria sono automaticamente anche psicoterapeuti.
E’ bella questa cosa che gli psicoterapeuti siano gestiti sia da medici che da psicologi.
Io propongo la creazione dell’Albo degli Psicoterapeuti… almeno è pure più semplice per il clientepaziente verificare se uno è psicoterapeuta o meno.
In fin dei conti Psicoterapeuta è un qualcosa per il quale non è necessario essere Psicologi e neanche Medici, cioè lo si diventa da entrambi percorsi, per cui alle fine nessuno dei due è fondamentale! 😀
Io sono troppo giovane per conoscere i “fatti burocratici” che si verificherebbero (o si verificano) con un procedimento del genere. Però conosco abbastanza bene le dinamiche ingroup – outgroup fra medici, psicologi, psicoterapeuti e psicoqualcos’altro.
A questo punto chiedo: quanto di queste dinamiche si riflette poi effettivamente e realmente nel lavoro? Un’integrazione di materie squisitamente di nostra competenza nelle facoltà di medicina sarebbe davvero un tentativo di tagliarci fuori dal mercato e di acquistare maggiore potere da parte dei medici o soltanto un semplice tentativo di migliorarsi come professionisti per meglio rispondere alle domande di aiuto da parte dei pazienti?
Non sono ironico nè cerco di dire cose fra le righe: sono davvero ignorante di quello che succede davvero nel mondo del lavoro, aldilà dei luoghi comuni (che ripeto, quelli li conosco).
Grazie in anticipo per la risposta.
@Fernando: sì, hai ragione, i medici figurano nel proprio ordine, ero certo che figurassero (come annotazione) anche nel nostro, ma non avevo mai verificato. Grazie della correzione!
Riguardo agli psichiatri, un tempo dovevano fare domanda formale di iscrizione come psicoterapeuti, altrimenti erano solo psichiatri. Non so se sia cambiata la procedura.
L’idea dell’albo degli psicoterapeuti non è male ed è anche stata più volte caldeggiata da diversi organismi europei.
Penso sarebbe attuabile se si istituissero percorsi formativi per psicoterapeuti, cioè una Laurea in psicoterapia. Negli Stati Uniti – ho letto in un articolo di Migone – anche chi fa l’assistente sociale può diventarlo. Non vedo perché non anche i pedagogisti o i sociologi…
L’attuale formazione in psicoterapia in Italia è sì di 4 (a breve 5) anni, ma non sono 5 anni paragonabili a quelli universitari, come sappiamo. Sei proprio sicuro che siano sufficienti per diventare psicoterapeuta?
– – chiedo scusa al padrone di casa, ma la risposta è venuta un po’ troppo lunga per cui ho pensato fosse meglio scrivere il resto su un blog provvisorio (sempre in attesa di finire di costruire il mio sito).
Non far caso alla pessima grafica e ai contenuti poco accurati, Fernando. Il link è il seguente: http://christiangiordano.blogspot.com/ se vuoi puoi farci un salto. Fermo restando che, per correttezza, il confronto sull’argomento continuerà qui – –
Leggete cosa dice il Direttore Prof. Emma Baumgartner durante il Consiglio di Dipartimento di Psicologia dei Processi di Sviluppo e Socializzazione del 13.9.2010, tra cui “(…)l?aggregazione con Medicina ci potrebbe rafforzare nell?intento di ridimensionare drasticamente l?offerta formativa, ridurre ulteriormente il numero di studenti (assumendo il modello del rapporto numerico docenti/studenti già esistente a medicina) per concentrare le nostre energie sulla ricerca, che già da oggi rappresenta la nostra carta vincente.”
C’è qualcuno che come ha la sensazione di essere stato VENDUTO?
Innanzitutto in Italia la ricerca in psicologia non vale un emerito ciufolo, e in special modo quella che avviene in ambito accademico.
E poi, se si voleva fare una battaglia per il numero chiuso, perchè non cercare di farla con i professionisti, le ssociazioni, etc? perchè non richiederlo tutti insieme al Miur? il fatto è che avere moltissimi iscritti faceva comodo per rimpinguare le casse delle varie facoltà che negli anni scorsi sono andate crescendo in Italia.
Questi NON HANNO NEANCHE COGNIZIONE del significato della docenza!
Che dire per chiudere? Li voglio vedere quando i medici gli sottrarrano le cattedre!
Caro Dino, perché tu parti dal presupposto che questi docenti siano psicologi eheheh Guarda che potresti sorprenderti nel conoscere quale sia l’estrazione professionale di chi ha ricevuto delega a trattare la riorganizzazione ;o) SIAMO IN RAMPA DI LANCIO… diffondiamo ed allarghiamo la partecipazione… FRA POCO SI PARTE!!!
@Christian. In Austria si diventa psicoterapeuti non solo da medicina e psicologia, ma anche da scienze infermieristiche. Questo lo so di sicuro da una amica italiana che vive in Austria e fa la psicanalista ed era molto perplessa. Non sono sicuro se anche altre lauree danno diritto (assistenti sociali ad es). Non ricordo quale paese europeo mette un vincolo d’età, per cui solo se sei over 50 puoi fare lo psicoterapeuta – credo la Francia (per ribadire che l’esperienza di vita ad essere determinante). Tant’è che c’era il famoso patentino europeo della psicologia che m pare sia naufragato da qualche parte…
@Carmen. La ricerca è la forza della psicologia. La psicologia non crea comportamenti, li spiega e poi li ripropone a chi non li ha. La metafora del cambiamento di punto di vista e di occhiali… o dell’accettarsi per come si è.
Qui il problema è che realmente a medicina ci va la psicoterapia, non tanto la psicologia. E forse così si è trovato finalmente il sistema per evitare di formare una marea di professionisti non richiesti dal mercato.
Tra le mani mi è capitato un libro della Franco Angeli: La psicologia e il mercato del lavoro: una professione destinata al precariato?
La postfazione è di un certo Francesco Avallone (ricorda qualcuno? E’ proprio lui). Beh, è molto interessante quello che dice, e che oggi, ha realizzato.
Alcuni passi sono molto interessanti.
[…] circa 11.000 nuovi studenti; in alcune regioni il rapporto psicologi/popolazione ha raggiunto livelli elevati (ad esempio, nel Lazio esiste uno psicologo iscritto all’Albo ogni 500 abitanti). In queste condizioni, si dice, non è possibile pensare ad un serio sviluppo della professione.
[…]
d) Il problema della formazione non riguarda solo il numero degli ingressi, ma riguarda, fondamentalmente, la qualità della formazione.
[…]
Psicologia è ricompresa nella classe dei corsi di laurea che consentono la contemporanea presenza del maggior numero di studenti a lezione nell’assunto implicito che le pratiche professionali non siano rilevanti per la formazione dello studente. Questo assunto è palesemente falso.
[…]
Gli spazi professionali non sono infiniti per nessuna professione, ma, nel caso della psicologia, la soluzione non sarebbe da ricercarsi in un mero irrigidimento del numero programmato ma in un diverso rapporto docenti studenti e in una maggiore possibilità di sperimentarsi in pratiche professionali durante il percorso universitario. Per raggiungere questo obiettivo sarebbe sufficiente abbassare il tetto degli studenti ammissibili in ciascun corso di laurea: in pratica passare psicologia, nella mia personale valutazione, dal gruppo D al gruppo B. Questo provvedimento comporterebbe, a risorse costanti, una contrazione delle immatricolandi ma assicurerebbe un salto di qualità della formazione universitaria in linea con guanto accade in altri paesi europei.
Per chi vuole leggerselo tutto l’ho postato qui… (è meno del 15% del libro quindi credo di non violare del tutto il copiright – http://www.psicologia121.it/avallone/ )
No, in Francia mi hanno detto degli amici che insegnano alla Sorbona che fa psicoterapia chiunque voglia farla, non è nemmeno necessario essere psicologi. Il fatto che i laureati in psicologia sono così tanti è una questione seria. La soluzione di fondere psicologia e medicina però non è la soluzione.
iO NON SONO TANTO IN DISACCORDO SULL’INTEGRAZIONE TRA MEDICINA E PSICOLOGIA QUANTO SUL FATTO CHE LA FACOLTà DI PSICOLOGIA NE RISULTI EMARGINATA MENTRE SI VA A DARE IMPORTANZA, MI SEMBRA, PIù ALLE ESIGENZE DI MEDICINA (COME D’ALTRA PARTE, MI SEMBRA CHE SPESSO SI SIA FATTO GIà IN PASSATO ANCHE NELL’OPINIONE COMUNE CHE LO PSICHIATRA FOSSE PIù COMPLETO DI UNO PSICOLOGO)
IL PROBLEMA QUI NON è L’unione TRA LE DUE FACOLTà MA L’annessione DELLA FACOLTà DI PSICOLOGIA (CHE IN QUESTO MODO APPARE RELEGATA AL MARGINE) A QUELLA DI MEDICINA. DOVREBBERO ESSERE POSTE SULLO STESSO PIANO IN MODO DA FAVORIRE E ARRICCHIRE ENTRAMBE.
oggi sappiamo che babbo natale esiste veramente … e vive a nord!!!
personalmente ho sempre creduto nella sua esistenza,
nel caso specifico, mi pare che molti pensino a babbo natale come colui che si occupa di sviluppo professionale, piuttosto che di doni e allegrezza per gradi e piccini. ma non è questo il punto. chiaramente.
nessuna professione si sognerebbe mai di fare omaggio di spazi professionali che vuole consevare propri e sopratutto quando si tratta di contesti profesionali che considera esclusivamente di propria pertinenza. anzi come si evince da quello che in giro si muove vuole competenze maggiori per evitare cedimenti e perdite di potere.
qualcuno può obiettare che è per il bene del paziente.
tuttavia il bene del paziente non è certo dato dall’onniscenza di qualcuno ma da un intervento integrato: ciò significa partecipazione di diverse conoscenze e capacita, e dunque di diverse soggettività.
la psicologia non è certo la psichiatria e neanche la medicina. lo sappiamo noi psicologi e lo sanno anche gli altri … dunque …
naturalmente non è mica colpa della clinica se noi psicologi esistiamo. anzi è proprio per via della clinica che esistiamo: se clinica significa stare accanto al malato occupandoci non solo dell’aspetto fisico ma anche emotivo-psicologico; se clinica (dal punto di vista psicologico) significa attenzione al mondo soggettivo della persona/paziente con cui entriamo in relazione non è certo la medicina che può insegnarcelo; di contro neanhè il medico da solo può apprendere ciò senza una formazione realmente psicologica: il che significa percorso formativo adeguato (non certo qualche esamuccio) e formazione/tirocinio sul campo.
per chiudere mi rammarica sentire e leggere che la psicologia è un calderone; semmai la psicologia è, oggi come sempre, complessa e molteplice.
certo di un ordine professionale vi era bisogno; il problema è che si chiama ordine degli psicologi ma al suo interno vi sono due albi: rispettivamente degli psicologi e degli psicoterapeuti; questi ultimi non sempre di formazione psicologica.
a voi le considerazioni su questo…………………
in bocca al lupo
Giuseppe
Riflettevo l’altro giorno su un fatto. A mia memoria (ma rischio di sbagliare la data) entro il 1012 o il 2015 l’Italia dovrà abolire gli ordini professionali. Tale eventualità, anche se faranno di tutto per non farla verificare,se considerata insieme ai fatti di cui discutiamo mette in luce un disegno, più o meno consapevole, che mette la psicologia nelle mani della classe medica .
P.S.
Caro Giuseppe hai ragione Babbo Natale non esist e, lo dico con cognizione di causa, non esiste neanche un Ordine degli Psicologi almeno nel Lazio, ma solo un Ordine degli Psicoterapeuti, in quanto nelle segrete stanze Psicologia coincicide ancora con Psicoterapia.
Un esempio su tutti. Quando vi fu il caso della scuola di Rignano Flaminio (ricordate la polemica) la maggioranza dell’Ordine invece di avallare la proposta di alcuni consiglieri (di minoranza ovviamente) nel promuovere un intervento di psicologia di comunità (idea frutto di una minima analisi di contesto), rispose con l’attivazione di professionisti psicoterapeuti che si resero disponibili per un generico quanto predeterminato intervento terapautico…
Ti sembra adeguato??? A me no…
Un saluto a Tutti
Stefano
Caro Stefano sono perfettamente d’accordo con te. probabilmente quello che da 20 anni si chiama Ordine degli psicologi non è stato creato per gli psicologi ma solo per affermare per legge il potere dell’istituzione psichiatrica dandoci l’idea che anche noi avessimo cittadinanza tanto quanto loro. riguardo all’esempio che riporti è azzeccatissimo, poichè evidenzia come la psicoterapia (così come intesa da una larga maggioranza) vede solo l’intevento come centrato sull’individuo.
legittimo e adeguato ma non in tutti i casi come del resto la psicologia ci insegna.
sono in accordo anche con Fernando Bellinzi anche se solo parzialmente. mi spiego perchè i medici-psicoterapeuti dovrebbero potersi iscrivere a due albi professionali. o meglio perchè i medici-psicoterapeuti possono iscriversi nella sezione psicoterapia dell’albo degli psicologi.
scusami Fernando ma non sono d’accordo sull’affermazione che la formazione di base dello psicoterapeuta non incida ne sul modello teorico-epistemico ne sul modello di intervento adottato.
sarebbe corretto (adc onore della verità professionale)che ciascun albo istituisse la sezione psicoterapeuti in modo autonomo. ovvero l’albo dei medici avrebbe la sua sezione degli psicoteraputi (con formazione di base medica) e l’albo delgi psicologi acoglierebbe (come sarebbe normale) gli psicoterapeuti con una formazione squisitamente psicologica.
questo non certo a vantaggio del piccolo orticello di ciascuna delle due categorie (medica e psicologica) ma a chiarezza e trasparenza (quindi maggior tutela) del cliente/paziente/utente che in questo modo saprebbe esattamente se si sta rivolgendo ad uno psicoterapeuta con formazione medica o ad uno psicoterapeta con formazione psicologica.
in definitiva il paziente potrà scegliere se volere un farmaco o meno sin dall’inizio del percorso terapeutico. è chiaro che, quando necessario, potrà decidere per l’assunzione di un farmaco; ma questo è un passaggio che arriva attraverso un processo clinico non perchè dopo il primo colloquio il medico-psicoterapeuta suole somministrare a prescindere una qualche forma di ansiolitico.
naturalmente questa è solo la mia personalissima opinione!
saluti
Giuseppe
Ciao GuidaPsy,
la scelta dell’indirizzo di psicoterapia dipende dalla vicende personali di ciascuno, e ciascun padre fondatore di teorie psi l’ha fattto sulla della Teoria del Filo Rosso… poi l’escamotage vuole che a curare sia la relazione psicoterapeuta paziente e non la teoria… ma questo è altro.
Personalmente credo che il “paziente” voglia solo stare meglio, e poco gli importa chi fa il miracolo… il “cliente” può invece essere attento a provare una certa esperienza per cui va alla ricerca di un qualcosa ben definito per cui forse sta attento alla teoria di inquadramento dell’intervento….
Sai quante volte la dichiarazione del tipo d’intervento ed il modello di riferimento ha avuto come risposta “Basta che sto meglio, faccia lei”.
Poi, non credo che ogni terapeuta non ci metta di suo… per cui alla fine ci sono più di 500 teorie psicoterapeutiche e relative scuole…
Se io ho 3 specializzazioni, secondo te applico qualcuna delle 3 in forma pura e assoluta? Non credo proprio.
Non ricordo che esame fosse all’università, ma era più o meno così: tizio ha un problema. In Europa la diagnosi sarebbe X ed il paziente verrebbe trattato col metodo X.
In America la diagnosi sarebbe Y ed il paziente verrebbe trattato col metodo Y. X e Y sono in antitesi. Il paziente troverà comunque miglioramento in entrambi i casi.
Sul farmaco non mi trovi d’accordo. Per me il farmaco è un valido alleato nel controllo del sintomo. E non credo debba essere il paziente a decidere quale è la terapia più adatta a lui.
L’idea che mi viene in mente è di uno che cade in un pozzo e poi da indicazioni ai vigili del fuoco su come salvarlo e come intervenire: potevi pensarci prima di finire dentro al pozzo.
Io so che i farmaci hanno efficacia e non vedo perchè debba privare il paziente di quella determinata risorsa terapeutica.
Il farmaco serve a creare un ambiente più tranquillo in cui lavorare. Il farmaco serve ad eviatre al paziente di essere distratto dal sintomo ed a dedicare maggiori risorse alla scoperta di un percorso terapeutico adeguato.