Ogni percorso di promozione e marketing, o comunque di cambiamento, parte da un’attenta analisi di scenario che ci indichi lo stato dell’arte del contesto in cui intendiamo operare. Bene, in questo primo articolo cominciamo a prendere in esame – a grandi linee – la situazione degli psicologi e della Psicologia in Italia.
Ecco quindi alcuni dati di sintesi sullo scenario della Psicologia e degli psicologi in Italia:
- nel 1998 c’erano 27.000 psicologi iscritti all’Ordine Psicologi su 56 Milioni di abitanti in Italia (Istat): 1 psicologo ogni 2074 abitanti,
- nel 2007 c’erano 55.000 psicologi iscritti all’Ordine Psicologi su 59 Milioni di abitanti in Italia (Istat): 1 psicologo ogni 1072 abitanti,
- nel 2009 abbiamo oltre 70.000 psicologi iscritti all’Ordine e rappresentiamo UN TERZO degli psicologi di tutta Europa, che sono circa 210.000,
- a inizio 2005 risultano circa 40.000 studenti iscritti ai vari corsi di laurea in Psicologia in Italia,
- a inizio 2009 risultano circa 70.000 studenti iscritti ai vari corsi di laurea in Psicologia in Italia,
- stando alla percentuale media dell’80% di studenti che raggiunge la laurea, si può ipotizzare che da qui a cinque anni, in potenza, avremo altri 56.000 psicologi iscritti all’Albo,
- in prospettiva, nel 2014, potrebbero esserci circa 117.000 psicologi iscritti all’Ordine su 60 Milioni di abitanti in Italia, ovvero 1 psicologo ogni 512,
- A Roma, già attualmente, abbiamo un rapporto di 1 psicologo ogni 371 abitanti, in pratica lo psicologo di condomino, e di 1 psicoterapeuta ogni 625.
La domanda sorge spontanea: “Una tale mole di professionisti psicologi può effettivamente trovare adeguata gratificazione economica e professionale dal proprio lavoro?”
In altre parole, in quali condizioni lavorative e di occupazione versa la categoria?
Andiamo a vedere alcune altre statistiche:
- mediamente gli altri Ordini professionali crescono dell’1,6% all’anno, mentre l’Ordine Psicologi cresce dell’8% (Fonte CNOP) o del 15% (Fonte Censis),
- ad inizio 2009 solo il 50% degli oltre 70.000 psicologi risulta iscritto all’ENPAP, ovvero lavora come psicologo,
- i rimanenti 35.000 psicologi iscritti all’Ordine – desumo – non lavorano evidentemente come psicologo o non lavorano proprio,
- i “non lavoranti come psicologo” sono presenti – in percentuali schiaccianti – nella fascia di età che và dai 25 ai 35 anni (fascia di età – tra l’altro – che rappresenta il 65% circa di tutti gli iscritti all’Albo psicologi in Italia),
- risultiamo iper-specializzati, ovvero passiamo anni post-lauream a seguire corsi di formazione, in particolar modo specializzazioni in Psicoterapia, tant’è che l’Italia conta il maggior numero di psicoterapeuti dell’intera Europa (oltre 37.000, di cui due terzi psicologi ed un terzo medici)
- in Italia abbiamo – di fatti – oltre 340 Scuole di Psicoterapia riconosciute dal MIUR ed autorizzare a formare sino a 20 allievi (anche se la media è circa sulla dozzina) per anno,
- in potenza abbiamo circa 7.000 nuovi psicoterapeuti all’anno (di fatto, circa 4.000)
Questo veloce e superficiale lavoro di problem finding (individuazione del problema) ci restituisce comunque uno scenario oggettivamente problematico. Un universo di cause e con-cause decretante uno stato di allarme che può essere riassunto in pochi punti:
- è impossibile pensare che tutti e 70.000 gli psicologi possano lavorare come psicologi,
- lo psicologo si confronta con una grande concorrenza interna, che spesso porta a sottopagamento o volontariato pur di guadagnare qualcosa o di fare una qualche esperienza,
- lo psicologo si confronta con una grande concorrenza esterna, fatta di figure limitrofe che – in modo più o meno efficace – intercettano segmenti di domanda (semplificando: medici e psichiatri per la cura e patologia; counselor, coach e simili per benessere e salute)
Come faremo a vincere la tanta concorrenza ed a ritagliarci il nostro piccolo angolo di Paradiso?
In questo blog cercheremo di offrire spunti e risorse per affrontare al meglio.
Nel frattempo… che te ne pare di questi dati? Li conoscevi? Cosa pensi possa riservare il futuro? Quali le strategie per costruirsi il proprio percorso professionale di psicologo?
0 risposte su “Lo scenario della Psicologia e degli psicologi in Italia”
che tristezza questi dati…..io sono iperspecializzanda…e non lavoro come psicologa….che speranze ho?? tanta volgia di lottare, ma non so fin quando reggerò…è piuttorsto deprimente, e poi noto con spiacere che non c’è meritocrazia, chi riesce a trovare l’aggancio giusto lavora….qualunque sia il suo curriculm e la sua preparaizione…che non ha l’aggancio….come me…si aggancia!!!! 🙁
cara Marcella la situazione non è certo facile, lo ammetto. Ti chiedo però, oltre ai tuoi continui investimenti in “iperspecializzazioni” cosa ha concretamente fatto per “promuoverti” come professionista? Hai definito il chi sei, cosa fai, a chi lo offri? Con chi competi e perché dovrebbero scegliere te? Giusto qualche domanda di stimolo… La situazione è difficile, ma è anche vero che nessuno ci ha mai insegnato a promuoverci adeguatamente…
le soluzioni secondo me non ci sono, o meglio, ormai il treno è partito e noi siamo rimasti a guardare. il più forte (economicamente) andrà avanti (il posto fisso), gli altri solo volontariato e qualche briciola. lo psicologo scolastico e quello di famiglia potrebbero dare un barlume di speranza, ma visto i tempi che corrono, è fantascienza.
che dire! julian huta non penso sia questo lo spirito giusto…
penso che sicuramente siamo in un periodo poco favorevole, ma questo non significa non riuscire a lavorare.
va avanti chi ha la giusta motivazione, chi ci crede davvero e chi smette di fare la vittima ;).
non ha senso fare l’educatore se si è psicologi, non ha senso fare gli operatori sottopagati per cooperative senza scrupoli!
insomma crediamoci un pò di più!
potremmo differenziarci, ognuno il suo ambito applicativo !
buona fortuna
questa è la vita cari colleghi!:)
andrea
Concordo con Andrea, ma solo nelle premesse ;O) Su un piano di realtà, siamo 70.000 psicologi ed altrettanti studenti, è palese che gran parte di noi non lavorerà come tale. A parte i raccomandati, riusciranno ad emergere quei colleghi con una marcia in più, non tanto nelle competenze peculiari dello psicologo, quanto più nelle competenze abilitanti del libero professionista, che sapranno meglio muoversi, indivuare domande e servizi di risposta, che sapranno pianificare un proprio piano di sviluppo professionale. Ed in tal senso non concordo che l’esperienza di educatore non è accettabile… non lo è nella misura in cui viene fatta random, senza pensiero né progetto. Se invece un’esperienza “laterale” rientra comunque in un Project Plan pensato e pianificato allora diviene sostenibile ed anche utile: la sto facendo perché ho valutato che può fornirmi un qualche valore rispetto all’obiettivo da raggiungere 😀
se lavorare da educatore può essere funzionale all’obiettivo che abbiamo in testa allora ben venga; ma non è il nostro lavoro 😉
penso, contrariamente a ciò che tendenzialmente si dice,che lo psicologo ha una marcia in più su tutto, ha la possibilità di lavorare in qualsiasi contesto ( cosa non è psicologia ? ).
i dati a disposizione potrebbero farci riflettere, ma personalmente darei il giusto peso.
Non penso che tutti ( tra i laureati) faranno gli psicologi; ciò non dipende dal fatto che ci sia o meno lavoro, ma dalla motivazione per la quale uno decide di frequentare un corso di laurea di psicologia.
Ho conosciuto colleghi che ci credevavo e ce l’hanno fatta, tutto qui.
c’è tanto lavoro!
un abbraccio
andrea
Sono una ragazza di 21 anni, a novembre prossimo conseguirò la laurea triennale alla facoltà di Psicologia di Roma. Quando mi sono iscritta sapevo delle difficoltà che avrei incontrato nel trovare lavoro dopo la laurea, ma ho voluto provarci lo stesso, per non avere rimpianti. Ora so che mi aspettano altri due anni di specialistica, un anno di tirocinio obbligatorio, l’esame di stato e bla bla bla…ma mi fa rabbrividire l’idea di dover per forza frequentare una scuola di specializzazione in psicoterapia per poter partecipare ad un qualsiasi concorso pubblico…è vergognoso perchè io non voglio fare la psicoterapeuta eppure quasi sicuramente sarò costretta a pagare fior di quattrini e a spendere altri 4 anni della mia vita in una specializzazione che non mi interessa! Per questo non disdegno l’idea di puntare sull’area risorse umane, dove magari potrò aspirare un giorno ad un posto di lavoro fisso senza per forza essere psicoterapeuta!
Cara Valentina, purtroppo debbo informarti che a fronte dei circa 4000 nuovi psicoterapeuti che escono annualmente, vi sono disponibili poche decine di posti “a concorso”. In altre parole, l’investimento in una specialistica in psicoterapia serve certamente più in là per dotarsi di ulteriori strumenti, ma non certo ad un giovane per nutrire certe ambizioni lavorative ;o)
Posso invece consigliarti di attivarsi sin da ora per cominciare ad informarti su cosa la gente chiede rispetto a salute e benessere, confrontati con colleghi, ascolta il “mercato” e non seguire percorsi universitari e post “preconfezionati”… questo blog nasce anche per offrire strumenti e stimoli di riflessione in tal senso, spero che possa nel tempo essere utile a te ed ai tanti altri studenti che navigano nelle tue stesse acque 😛
In bocca al luppolo!
nicola
E’ tutto vero quello che tu dici,Nicola, ma credo che dimentichi una cosa importante: si parla di cifre molte alte di piscologi e psicoterapeuti ma quanti sono veramente in grado di farlo questo lavoro? quanti ,oltre la specilizzazione, hanno gli ” strumenti” adeguati per evitare che tutta la categoria ne paghi le conseguenze di chi s’improvisa psicoterapeuta??? Io credo che se l’ordine decisse di fare dei controlli ben mirati una fetta non indifferente non potrebbe più lavorare.Per cui al di là del self marketing, al quale io credo molto, bisognerebbe lavorare anche sulla qaulità.
…sob, non conoscevo questi dati anche se ne ho avuto un “vago” sentore viste le esperienze da multitasking che ho dovuto/voluto fare dopo la laurea!
Comunque, da questo triste quadro mi vengono alcune riflessioni: se è vero che chi si iscrive a Psicologia lo fa spesso per esplorare il proprio disagio più o meno consapevole e conoscere meglio se stesso,(alcuni psicoterapeuti navigati dicono che quando si diventa sufficientemente sani si smette di fare questo lavoro!)allora dovremmo pensare che l’aumento delle iscrizioni ci indicano anche una maggiore diffusione del disagio individuale?!?!E poi, rispetto all’esigenza di lanciarci in molteplici specializzazioni, “masterizzazioni”, stage-formativi subito dopo la laurea, non ci sarà anche una sensazione di “non sapere fare nulla” senza aggiungere altro al sudato diploma di laurea,che il percorso di laurea stesso ci rimanda??In ogni caso, credo sia importante valorizzare e difendere la nostra figura professionale, forse come categoria ci servirebbe qualche iniezione di autostima collettiva!!!
Chiara
…mi aggancio al post precedente….una bella iniezione di autostima collettiva….e già!! Rispndo a te Nicola, grazie dello stimolo, ben venga sempre!! In effetti forse mi manca un adeguata autopromozione, forse so fare tanto ma non so bene come “venderlo”, vedo intorno a me tanti circolo chiusi, cooperative e associazioni che sono sempre al completo, allora che fare? l’idea sarebbe iniziare in proprio, ma sono frenata perchè se apro la partita iva e inizio a lavorare e fatturare devo pagare l’enpap…ma come posso permettermelo se inizio per esempio solo con uno o due pazienti?? come campo? Comunque dai, un po’ di coraggio e maggior consapevolezza la sto acquisendo grazie alla scuola di psicoterapia, e sono appena a fine primo anno….magari tra un po’ di post vi farò sapere del mio -finalmente. lavoro!!!! :-)) Dimenticavo…leggervi è un piacere, mi vengono in mente tante idee!!!
Ero a conoscenza di queste statistiche anche se non così nel dettaglio…certo non sono confortanti e una prima riflessione che viene da fare è come mai si siano moltiplicati gli indirizzi dei corsi di laurea con le varie riforme e controriforme invece di attuare un accesso programmato serio…ma, come dire, questo non mi compete…piuttosto, da neolaureata, mi compete invece assumermi la responsabilità della formazione passata (qualunque siano i suoi pregi e difetti), di quella certamente ancora da venire e trovare il mio posto nel mondo. Concordo quindi anche con quanti osservavano che, se non tutti lavorano come psicologi, non è detto comunque che tutti abbiano la motivazione o le capacità per farlo. Poi, che tenere alta la propria motivazione data la situazione attuale non sia proprio facile può darsi che ci stia, ma ho purtroppo l’impressione che da troppe parti, compresa la stessa università, non si faccia altro che “buttarci giù” facendoci sentire già sconfitti in partenza invece che, come osservava giustamente Nicola, spronarci ad autopromuoverci ad esempio… Un mia amica che ha fatto l’esame di stato in una città di cui non dirò il nome, dopo gli orali lei e i colleghi si son sentiti dire dai professori della commissione (che evidentemente pensavano di essere simpatici) “benvenuti nel mondo dei disoccupati”!! Io vorrei sapere questa gente come si permette!
Per Marcella: puoi lavorare in privato senza x forza aprire la partita iva, facendo delle semplici ricevute non fiscali, su cui scriverai il tuo codice fiscale. Basta non superare un tetto max annuale che sta sulle 5000 euro, mi pare. Informati! E’ tutto regolare.
Sono anch’io d’accordo con quanti affermano che bisognerebbe puntare sulla qualità nella nostra professione, ma a questo proposito mi vengono in mente due questioni a mio avviso molto importanti:
1. Questi “strumenti” di cui tutti parlano non sono adeguatamente forniti nel corso della nostra formazione universitaria. Una laurea in psicologia ci prepara a tutto e a niente, ecco eprchè molti cercano le tante agognate formazioni post-universitarie.
2. Più che pensare ad eliminare parte dei nostri colleghi che non possiede gli strumenti necessari a svolgere il nostro lavoro, penserei a difenderci da tutte quelle categorie professionali che abusano della nostra professione! Bisogna ritaglairsi uno spazio nel mercato che non sia invaso da tutti quegli psicologi improvvisati che ci porta via un sacco di lavoro
Gentile Nicola,
sono venuto a conoscenza da poco di un progetto molto interessante riguardante lo psicologo di quartiere che è stato sperimentato in alcune città italiane ed è andato benissimo, vi rimando al seguente link per informazioni:
http://www.vita.it/news/view/103223
La mia domanda è: che ne pensate di proporlo anche nella regone Lazio?
Visto le molteplici utilità di questa figura (psicologo di quartiere)pubblicizzata dalle farmacie per ora di Milano in cui molti clienti richiedevano colloqui clinici pagati o tramite finanziamenti dei municipi o tramite le società delle stesse farmacie che ne ricavavano pubblicità ed immagine positiva.
Che ne pensate? Sono convinto che “altra psicologia” sia tra le piu’ adatte a proporre questo “psicologo di base o di quartiere” sia a Roma che nella regione Lazio.
Spero siate interessati.
Un cordiale saluto
dott. Rolando Tavolieri
http://www.ti-aiuto.com
forza ragazzi l’intenzione è quella giusta!;)
Grazie Nicola, un articolo molto interessante. Sono uno psicologo e psicoterapeuta e da pochi anni anche giovane psicanalista (ho 40 anni). Ci ho messo quasi dieci anni per avviare (molto bene) due studi professionali. Senza spinte e agganci.
Come dice Nicola è fondamentale sapersi promuovere. Il che significa saper lavorare anche sulla propria autostima e sul proprio sano narcisismo (se bene incanalato, Davide Lopez docet) diventa volontà di potenza ben spesa. Forse è un requisito fondamentale poter lavorare su questa dimensione interiore che poi si declina anche sul piano esterno, professionale, insomma: del marketing di se stessi.
Quando nei primi anni 90 mi sono iscritto a psicologia ero disgustato dalla qualità…dei miei compagni di studi! Ebbene sì. Altro che i professori (su alcuni da stendere indubbiamente un velo pietoso, su altri no).
Sono stato tacciato di arroganza (intellettuale),anche a ragione talvolta, perché ritenevo i palinsesti di molti esami assolutamente esili, risibili. Ma dov’era il pathos della ricerca, della lettura, della autoformazione? Dove era il sacro fuoco del sapere che dovrebbe animare una persona che ha la baldanza di fare un corso che si chiama nientemeno che “psicologia”? Anche solo a studiarsi l’etimo dovrebbe venire in piccolo brivido…
E invece nulla: astenia degli intelletti e soprattutto delle anime, con studenti stravaccati a cianciare di politica maldigerita. Quando un professore metteva una ventina di libri di approfondimento si alzavano urla isteriche, anatemi, facili scomuniche. Ai tempi mi sono detto: ebbene, la formazione non è delle migliori, ma se questa è la mia concorrenza futura sono in una botte di ferro. Il tempo mi ha dato ragione.
Bene inteso: qualcuno si sentirà infastidito da toni e contenuti del mio intervento (domandarsi perché!) volutamente polemico e iperbolico. Ma facciamoci un benedetto esame di coscienza: siamo veramente all’altezza di questo mestiere? Lo abbiamo definito nei suoi passi? Cosa abbiamo fatto per investire in contenuti (sacrosanti) ma anche forma (benedetto sia Piccinini e i suoi sforzi).
Superati questi scogli del nostro fragile narcisismo che vorrebbe sempre una mamma-formazione pronta a tiraci fuori dalle paludi (che spesso sono nostre, interiori), forse bisogna imparare a muoversi. Ho pazienti stranieri che a 20 anni hanno una forza vitale straripante, un’energia personale, oserei dire etica, che molti connazionali neanche si sognano.
Vogliamo fare qualcosa anche in questa direzione? Non è un corso di formazione in più o un esame universitario che forgia un carattere e dà spinta, direzione, gioia di vivere e, perché no, amor fati.
Un caro saluto a tutti!
Ps: ho fatto l’educatore, ho lavorato gratis due anni in un consultorio, ma sempre scegliendo con cura tutor e punti di riferimento. Come dicono gli orientali: quando l’allievo è pronto il maestro si palesa (in qualunque forma). I soldi? Altri lavori di sostegno, a latere…
Grazie Camilla!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Sai se mi posso informare da un commercialista? grazie grazie grazie grazie grazie!!!!! 🙂
sono una laureanda in psicologia, ho 23 anni tanta energia e motivazione. per contro ho pochi da spendere e nessuna volontà di farmi sfruttare o sottopagare. per tanto io andrò all’estero a gambe levate. questo, con mio grande rammarico,è un paese per vecchi. in bocca al lupo.
Credo che il problema offra molte concause, ma alla base esiste un “errore di sistema” su cosa è uno psicologo e cosa potrebbe fare uno psicologo. Il resto è una conseguenza
I problemi sono solo questi:
1.molti laureati non sanno niente e non sanno fare niente, iniziamo a rimettere un bel numero chiuso con accesso solo a chi ha votazione in maturità da 95 a 100
poi diamo l’opportunità di accedere all’abilitazione solo a chi ha avuto votazione superiore al 106
già così si distingue chi almeno ha studiato da chi ha bighellonato
2.molti psicologi, e devo dire spesso donne, occupano senza nessun criterio di capacità nè di risultato i posti fissi nelle asl, gli unici che veicolano poi lavoro anche negli studi
lo sapete che molte psicologhe “anni ’70”, le cosiddette “femministe” non sono laureate in psicologia (primi ancora non c’era nemmeno la laurea specifica, ma i posti sì!!), e qualcuna non è nemmeno laureata
3.istituire per legge lo psicologo della mutua (tanto più che ora psicologia è con medicina, ci diano qualcosa in cambio, anche le ricette visto che loro non fanno altro che fare gli psicologi visto che di chirurghi e salvavite non ce ne sono èpiù, sono tutti “diagnosticatori” )
4.obbligo per le aziende di avere lo psicologo, esattamente come c’è l’obbligo del medico del lavoro
5.obbligo delle agenzie di selezione di avere uno psicologo del lavoro
COSI’ MAGARI QUALCOSA CAMBIA
E questi sono solo i dati degli iscritti all’ordine. Quanti laureati in psicologia, non hanno fatto l’esame di stato, né anche avendolo fatto si sono iscritti all’ordine?
La verità è che in Italia purtroppo si spinge molto su lauree inflazionate ma che non danno lavoro: scienze della comunicazione, sociologia, psicologia, filosofia, lettere.
Quanti laureati, invece, in fisica, matematica, biologia, chimica?
Da psicologo, mi spiace dirlo, ma la realtà è che in troppi ci siamo iscritti non considerando quali fossero davvero le opportunità, spinti spesso dalla scarsa conoscenza di quello che è il mercato del lavoro e spinti anche dall’idea che si studia all’università anche “per passione”.
Concordo con Sandro…. ci siamo iscritti in troppi.
Io personalmente ho discusso molte volte questo problema quando ero al primo anno (nel 2000) con i compagni di corso di allora. Mi hanno deriso e attaccata dicendo che ero una arrogante presuntuosa e che non avevo il dirrito di precludere agli altri il diritto di “provare”….
Credo che bisogna scegliere una facolta’ universitaria con criterio e un’occhio alla realta’ del paese in cui si vive, non basta l’interesse per lo studio e l’amore per la materia!!
Oggi a 10 anni di distanza sono l’IUNICA, fra le mie compagne di corso di allora che fa la psicologa (assunta e pagata). Ma sono anche l’unica bilingue che sapeva di poter trovare lavoro all’estero!
Bisogna essere realisti!
Anche se fa male, anche se costringe a rinunciare ai propri sogni.
La psicologia in Italia e’ per pochi eletti! Gli altri e’ meglio si riciclino al piu’ presto in qualche altro settore. Buona fortuna.
Rispondo a Nisy (aveva scritto il 27/05/2010) MA SEI COSI’ SICURA CHE ALL’ESTERO ASPETTINO TE?
Problemi di disoccupazione ce li hanno anche i nostri colleghi all’estero. Non e’ scappando che si risolvono i problemi…. Devono cambiare le cose QUI IN ITALIA…
Sono perfettamente d’accordo con Mario.
Le Università di Psicologia pullulano di gente parcheggiata che non sa neanche cosa vuole dalla vita. Sarebbe stato necessario introdurre criteri di selezione molto più restrittivi per garantire possibilità occupazionali a chi ha deciso di investire in questi studi 6 e passa anni della sua vita!
Sarebbe utile anche valorizzare la figura dello psicologo che nell’immaginario comune è legata ancora “all’archetipo” dello psicanalista Freudiano. Nessuno conosce e sa cosa sono i campi limitrofi alla clinica (educazione, lavoro, psicologia di comunità ecc..) e di come questi possano effettivamente tornare utili.
Ma ormai credo che il danno sia fatto. Troppo tardi.
Ciao ragazzi, mi sono trovata di passaggio e ho letto tutti i vostri commenti.. anche io sono una psicologa laureata da due anni e attualmente sto frequentando un master universitario in psiconcologia. pensavo di fare una bella esperienza, pensavo che essendo un master universitario (da premettere che l’anno scorso ne frequentai un altro non universitario che si rivelò deludente al massimo)avrei fatto un tirocinio per bene, che mi avrebbero offerto un approccio più pratico e non sempre la sola teoria…ma non è stato così!
poi c’è l’interrogativo della scuola di psicoterapia (sembra che senza quella non si vada da nessuna parte) ma onestamente non ho la voglia nè la possibilità economica per spendere tanti soldi e poi ritrovarmi comunque disoccupata.
per dirla in breve, dopo tanti anni di studio in cui ho dato tutta me stessa perchè ci credevo, perchè mi piaceva…oggi sono delusa e dico “perchè non ho ascoltato quelli che cercavano di dissuadermi dal fare questa facoltà?”
sto addirittura pensando di trovare altro..che so segretaria, baby sitter ma almeno vedere un riscontro economico piuttosto che continuare a spendere soldi in corsi di formazione inutili ai fini lavorativi..
è un quadro triste ma bisogna pur reagire, rimboccarsi le maniche e iniziare con altre strade….la domanda è: e di tutti i miei sacrifici che ne sarà? bhè mi sono trovata uan risposta che forse è una sorta di difesa: “ho studiato per me stessa, per ampliare il mio bagaglio culturale”!!! certo che continuerò a provare, a partecipare a concorsi dove non è necessaria la specializzazione, a mandare domande per partecipare ai pon e quant’altro ma intanto devo pur vedere qualche soldo fisso mensile e quindi seppur a malincuore mi rivolgo verso altre vie…. un saluto a tutti