A più riprese ho scritto di counselor e di abuso della professione di psicologo. In questo articolo vorrei discutere assieme a voi dell’Art.21 del Codice Deontologico degli Psicologi e dell’importantissima Sentenza Zonta, meglio conosciuta come Sentenza Venezia.
L’art. 21 così recita: “Lo psicologo, a salvaguardia dell’utenza e della professione, è tenuto a non insegnare l’uso di strumenti conoscitivi e di intervento riservati alla professione di psicologo, a soggetti estranei alla professione stessa, anche qualora insegni a tali soggetti discipline psicologiche. È fatto salvo l’insegnamento agli studenti del corso di laurea in psicologia, ai tirocinanti, ed agli specializzandi in materie psicologiche“.
Stando all’Art.21 del nostro C.D. molte delle scuole di Psicoterapia (e dei colleghi che si prestano) che ad oggi insegnano discipline psicologiche (vedi counseling e simili) a non psicologi dovrebbero immediatamente chiudere battenti. Il problema sarebbe bello e che risolto. Perché ciò non accade?
Nel novembre del 1997, l’Antitrust ricevette una denuncia da parte del Mo.P.I. riguardante proprio l’introduzione dell’Art.21 internamente al Codice Deontologico da parte del Consiglio Nazionale Psicologi, ‘volta a determinare ingiustificate restrizioni all’accesso al mercato della formazione nelle materie psicologiche a tutta la categoria’, ovvero – secondo il Mo.P.I. – in violazione della legge n. 287/90 che tutela la libera concorrenza di mercato.
Nel giugno del 1998, l’Antitrust rispose nel seguente modo: “l’Autorità ha ritenuto che l’Art.21 potrebbe introdurre un limite in relazione alle categorie di soggetti a cui gli psicologi possono insegnare alcune attività che non trova alcun sostegno in disposizioni legislative. Pertanto, è stato concordato con il Consiglio Nazionale degli Psicologi il testo di una circolare esplicativa, che sarà inviata ai Consigli regionali, nella quale si chiarisce che il divieto è limitato solo alla diffusione di test psicologici, la cui conoscenza da parte del pubblico potrebbe inficiarne la validità, o alla divulgazione a soggetti non abilitati di strumenti operativi utilizzati dai professionisti, escludendosi quindi che il divieto si riferisca alla diffusione di conoscenze teoriche.”
Questa sentenza dell’Antitrust venne accolta come una grandiosa vittoria da parte delle scuole e delle associazioni che formano counselor. Il nostro CNOP invece, forse contagiato dall’entusiasmo dei colleghi che formano counselor, cominciò a tenere un basso profilo sull’art.21 ed a perdere – INGIUSTIFICATAMENTE – un pò di convinzione e sicurezza su questo efficace “strumento” di tutela. L’Antitrust infatti, da una parte difende giustamente il diritto alla diffusione della conoscenza teorica, ma dall’altra parte esplicita CHIARAMENTE che non solo l’insegnamento di “test psicologici” è vietato, ma anche l’insegnamento di “strumenti operativi” della professione di psicologo. La questione è allora quella di andare a meglio dettagliare ed esplicitare questi strumenti operativi, senza farseli scimmiottare da chi intende svendere la professione ai quattro venti per $celte di vario gener€!
Di fatto il CNOP nei suoi vent’anni di vita non ha mai lavorato seriamente in tale direzione (e gli effetti nefasti sono sotto gli occhi di tutti!). Recentemente, tuttavia, ci è corsa in aiuto una nuova sentenza…
Nell’ottobre 2009 la Prima Sezione Civile del Tribunale Ordinario di Venezia pronuncia la Sentenza n° 13 del 01/10/2009, denominata Sentenza Venezia o Sentenza Zonta (scarica file .PDF). La sentenza riguarda il Direttore di una scuola di formazione in counseling ed accerta “l’insegnamento dell’uso di strumenti conoscitivi e di intervento riservati alla professione di psicologo a soggetti non qualificati a ricevere tale insegnamento“.
Perché tale sentenza è estremamente preziosa per gli Psicologi (e per il CNOP)?
In tale vicenda l’attenzione si focalizzò proprio sull’applicazione e validità dell’art.21 del C.D. degli Psicologi. Il CTU che stese la relazione afferma che:
“Per essere censurabile ai sensi dell’art.21 del C.D., l’insegnamento di materie psicologiche deve essere qualificato da due caratteristiche:
- deve riguardare l’uso di strumenti conoscitivi e di intervento riservati alla professione di psicologo. Ciò che rileva non è il semplice carattere genericamente psicologico dell’insegnamento (che deve considerarsi libero ed anzi socialmente desiderabile), ma il fatto di essere un insegnamento di taglio eminentemente tecnico-professionale (relativo cioè all’uso in contesti e con finalità professionalmente qualificanti) avente per oggetto competenze riservate ai membri della comunità professionale
- deve essere rivolto a soggetti estranei alla professione”
La precisazione del CTU mi sembra assai rilevante! In pratica dice che la circolazione di informazione e conoscenza psicologica deve essere libero, nella misura in cui – tale insegnamento – non si ferma alla sfera del sapere, ma affronta anche quella del saper fare e del saper essere, ovvero forma all’utilizzo pratico e professionale di strumenti. In questo caso non è diritto alla conoscenza, ma abuso di professione!
E rincara inoltre la dose: “Irrilevante la precisazione che la competenza del counselor sarebbe indirizzata solo ai portatori di disturbi “lievi” o anche soltanto a persone afflitte da semplice “disagio esistenziale”, essendo comunque necessarie – per poter affidabilmente differenziare queste condizioni – solide competenze di tipo diagnostico-differenziale, che la legge riserva esclusivamente alla professione psicologica e medica“.
Ed anche questo passaggio non è affatto banale, visto che spesse volte ti tocca sentire che lo psicologo si occupa di malattie e pazzie, mentre i counselor si occupano dei disagi dell’anima, di ristabilire l’equilibrio dello spirito interiore, di far tornare l’amore e la pace nel mondo. Insomma, formule e$otich€ fini a mascherare la sostanza psicologica della question.
Quale quindi la potenziale applicazione della sentenza Venezia del 2009?
In potenza, spingendo sulla direzione indicata dalla sentenza, le scuole per counselor potrebbero essere in regola se l’insegnamento in aula si limitasse al passaggio di conoscenza, senza alcuna esperienzialità, senza l’utilizzo di simulazioni, role playing, strumenti, esperienze pratiche, declinazioni esperienziali… nulla! SOLO e soltanto passaggio di teoria. Ecco, così si rispetterebbe il diritto alla libera diffusione di conoscenza teorica. Come ci si azzarda però a far si che il corsista acquisisca l’opportunità di mettere in uso pratiche professionalizzanti, secondo la sentenza Venezia, ecco il pericolo di concorso in abuso di professione.
Ed a rinforzare tale prospettiva, vi riporto anche uno stralcio dell’intervista che feci a fine 2009 all’avvocato e psicologo Eugenio Calvi, che curò – portandola a sentenza favorevole – una causa dell’Ordine Psicologi Emilia Romagna contro un counselor-naturopata per abuso di professione di psicologo.
Il collega psicologo Eugenio Calvi afferma che: “In tutte le attività professionali, le competenze specifiche sono disegnate non già unicamente dallo “scopo” dell’intervento, ma anche e particolarmente dai “mezzi” utilizzati per perseguire il risultato. E’ allora evidente che […] si devono ritenere specifici della professione di psicologo quei mezzi il cui uso si fonda sulla conoscenza dei processi psichici, e che consistono essenzialmente nell’osservazione, nel colloquio e nella somministrazione di test, aventi lo scopo di individuare particolari aspetti del funzionamento psichico, o, altri termini, che hanno la finalità della conoscenza dei processi mentali dell’oggetto indagato, avendo riferimento teorie proprie delle scienze psicologiche. Infatti, non tutte le osservazioni, non tutti i colloqui e non tutti i test hanno tali finalità, e quindi esistono, ovviamente, osservazioni, colloqui e test che non sono di esclusiva competenza dello psicologo.
Per conseguenza, le strutture formative che trasmettono competenze relative a strumenti tipici della nostra professione, e che preparano quindi all’applicazione di tali strumenti, devono rivolgersi unicamente e specificatamente allo psicologo. Diversamente, preparano il terreno alla commissione del reato di esercizio abusivo della professione.”
Eccolo, chiarissimo, puntuale, senza via di scampo!
Nel primo paragrafo chiarifica e riempie di senso e sostanza la sentenza dell’Antitrust del 1997, specificando che gli “strumenti operativi” dello psicologo sono “osservazione, colloquio e test” nella misura in cui sono “usati” per “indagare e conoscere processi mentali, facendo riferimento a teorie e modelli propri delle scienze psicologiche“. BINGO! Non si sta parlando della libera diffusione di conoscenze teoriche psicologiche, bensì della loro destinazione d’uso, della loro finalizzazione ad utilizzo professionale.
Nel secondo paragrafo invece si ricollega, amplificandone senso e portata, alla sentenza Venezia, che – nella sostanza – riconosce l’abuso di professione di psicologo nel direttore della scuola di formazione in counseling che formava non psicologi.
Credo quindi che gli strumenti per riprendere anche un certo tipo di lavoro sulla tutela della professione ci siano. Al CNOP – prima di tutti – la responsabilità ed il dovere di considerarli ed utilizzarli per meglio tutelare la categoria. A tutti gli PSICOLOGI il diritto e dovere di pretendere tale impegno dai propri Ordini professionali, il diritto e dovere di segnalare casi di abuso della professione di singoli counselor e simili, e casi di possibile concorso in creazione di reato di abuso di professione di scuole di psicoterapia (e non) con corsi di counseling.
Se lo ritenete utile, diffondete questo articolo ai vostri colleghi, giusto per avere un quadro della situazione. Sicuramente arriveranno anche i soliti commenti da mega-arrampicata sugli specchi dei sostenitori pro-counselor, ma va bene uguale… siamo alla vigilia di un bel ponte e quindi tutto si sopporta meglio :-DD
Buona vita e buon riposo/divertimento
Nicola
0 risposte su “Art.21 del Codice Deontologico degli Psicologi e Sentenza Zonta/Venezia”
Però, complimenti al Piccinini.
Così bravo ad affermare falsità sull’Ordine del Veneto che stralcia la carta etica, continua non dicendo che la sentenza citata è stata ottenuta dallo stesso Ordine……
Complimenti, continua così.
Marco Nicolussi
Caro il Nicolussi
il fatto che la sentenza sia comunemente chiamata “Venezia” ti accende qualche lampadina? Oppure c’è da specificare che è avvenuta nell’Ordine Psicologi Veneto grazie alla mirabolante lucenza del suo Presidente Marco Nicolussi? Stai tranquillo, carissimo, che se questo è il tenore, continuerò con piacere così! Comunque sia, le “falsità” di cui parli, per altri colleghi interni al Consiglio altrettanto credibili sono “verità”… e non mi riferisco – colpo di scena – necessariamente agli appini, giusto perché ti piace che “continui così”!
Di più, se questo è il registro, posso allora dedicarmi ad un articolo ad hoc in cui raccontare meglio come è nata, sviluppata e tramortita la Carta Etica in Veneto, magari intercalando anche su buoni propositi – a parole – uditi negli incontri romani, che ne dici? Penso sia meglio di no, spero infatti vi sia sempre spazio per recuperare iniziativa e credibilità… anche perché, da una parte i counselor cominciano ad usare la posizione equivoca del Veneto per sciacquarsi la bocca, e parallelamente so che in Consiglio (sempre veneto) sarebbe emerso il fatto che la CE è stata tramortita per un misunderstanding e che in realtà tutti tenete alla tutela della professione, alla qualità ed anche all’applicazione dell’art.21
In definitiva, e fuori da questi tristi botta e risposta (a meno che non si forzi l’interlocutore a perseverare!), penso sarebbe utile decidere il da farsi e perseguirlo poi nei fatti :o)
Buon Lavoro
Nicola Piccinini
Ahi Ahi, dunque si tratta di lesa maestà, caro Piccinini. Lo si evince chiaramente dalla tua reazione scomposta. Fai pure. Scrivi quello che vuoi. come hai sempre fatto. Mistifica la realtà, tanto l’importante è urlare.
Io, diversamente da come la racconti, ho sempre fatto le cose con coerenza e, anche con la carta etica, non ho nulla da rimproverarmi. Sono i verbali che parlano oggettivamente. Non i tuoi scritti urlati. Già, dovresti sapere cosa sono i verbali, visto che sei anche un consigliere, rappresentante istituzionale di un Ordine. Ma, lo sappiamo, dici e scrivi quel che vuoi…..
Vebbè, ora rimaniano in attesa che il moderatore che, guarda caso, sei sempre tu, valuti quanto ho scritto……..
una domanda? valuti anche quanto scrivi tu? 😉
Marco Nicolussi
scusate, ma non capisco. Conosco di fama il tipo (non la sentenza) perché opera vicino a casa mia. Il file pdf allegato non riporta la sentenza ma una perizia (e non riesco a trovae nulla online, sul caso). Mi risulta inoltre che l’insegnanate sia ancora lì con scuola e tutto il resto, solo ha cambiato nome alle cose (pur insegnando pressoché gli stesso contenuti). E comunque la gente si iscrive ugualmente ai suoi corsi (crisi permettendo). In UK diciamo: “What’s all the fuss about?”. In soldoni: tutto sto rumore per cosa?
Grazie per tutto qusto lavoro. E’ importante non sentirsi soli. Da anni mi oppongo alle “troppe libertà” date ai counsellor che peraltro non pagano i conti salati (e ” a fondo perduto”) richiesti dall’ENPAP, nonchè Ordine Professionale (inesistente!!) a cui gli psicologi sono OBBLIGATI ad aderire, pena la negata possibilità di esercitare. Non vorrei davvero arrivare a dire un giorno “se tornassi indietro farei il counsellor” perchè credo troppo nella mia professione. Un caro saluto e un sincero ringraziamento di cuore.
@Marco Nicolussi: esattamente… i verbali parlano oggettivamente, sempre che vi si riporti quanto viene detto a voce. Aspettiamo quindi speranzosi gli ultimi verbali dell’Ordine Veneto 🙂 Per il resto delle tue considerazioni… l’unica “reazione scomposta” è la tua che, da Presidente di un Ordine Regionale, vieni su un blog personale, e piazzi un commento in cui accusi di “falsità”… cioè, ci arrivi o ti serve un disegnino? Che io poi le risposte a rima non me le tenga è un altro paio di maniche, ma il tuo esordio è istituzionalmente inopportuno e fuori luogo… tenendo poi conto che la “tua” maggioranza sta su anche grazie ad Altri Psicologi! Godiamoci il ponte, và…
@Giovanni: grazie della segnalazione. Passiamo immediatamente a chiedere una verifica della situazione all’Ordine Emilia. Se effettivamente ha ripreso e risulta recidivo, si potrà nuovamente intervenire.
@Elda: grazie 😀
In Lombardia le informazioni girano lente e sempre parziali. L’opl si è rifiutata di pubblicare i nomi degli psicologi/counselor che hanno fatto causa all’ordine.
Perchè questa omertà? Che cosa c’è sotto?
Apprezzo il lavoro di Nicola perchè parla ad una comunità di eventi, opportunità e problemi che qualcuno non vuole far sapere a nessuno e che senza di lui arriverebbero diluite e predigerite da persone più attente a sotterfugi politici che alla tutela e alla crescita di una professione.
@CHIARA: in OPL sono stati rimossi nomi e testo sotto consiglio dell’avvocato difensore dell’OPL stesso. Posso assicurarti che l’OPL condivide in toto la tua, la nostra posizione 🙂
@PEPPE: Il presidente veneto Marco Nicolussi si riferisce a questo evento http://altrapsicologia.com/carta-etica-ordine-psicologiveneto/2011/04/, lamentando che sia una falsità. Innanzitutto è pubblicato sul sito di un’associazione e non su questo blog, quindi non si capisce perché viene ad insultare qui, quando l’articolo è là e non l’ho scritto io, in secondo luogo ciascuno potrà farsi l’idea ed anche Nicolussi potrà pubblicare nei suoi spazi un comunicato, se lo desidera, ed aprire un confronto PUBBLICO.
Da ultimo, questo post parla dell.art.21 e della sentenza Venezia e propone una proposta di percorso per la tutela della professione. Invito tutti quanti ad usare la funzione commenti per sviluppare il dibattito su questa tematica senza ulteriori Off TOPIC. Commenti inerenti altri argomenti saranno ritenuti inadatti e rimossi. Accuse di censura verranno su off topic evidenti non faranno altro che confermare la miopia dell’autore di tali commenti.
Adesso parto… ma ogni tanto butterò un occhietto eheheh
buona vita
nicola
Che tristezza leggere queste risposte piccate con riferimenti criptici e burocratici, intravedere il potere che consuma e logora, che tristezza per chi annaspa per dimostrare che la realtà che è chiamato a gestire è indipendente e, indisciplinata, non si piega al suo buonsenso inespresso ma “verbalizzato”.
Che tristezza ma anche che preoccupazione per i pazienti.
La realtà è sotto gli occhi di tutti; basta fare un confronto con l’Ordine dei Medici e con la durezza e l’intransigenza con la quale difende la propria categoria. Per quanto riguarda il nostro Ordine invece l’atteggiamento è diverso. Un fatto per tutti: il tirocinio degli specializzandi medici è retribuito dallo Stato, quello degli specializzandi psicologi no, perchè?
Il problema, a mio avviso, è che le strutture deputate non hanno ancora maturato una piena coscienza del nostro Ruolo professionale e non sono ancora venuti meno del tutto i possibili “conflitti d’interesse”. Grazie per questo puntuale lavoro di sensibilizzazione e cultura professionale.
Complimenti.
Siamo i soliti a lamentarci e piangerci addosso ora… finalmente qualcuno come te che ha le “palle” di smuovere un ordine professionale “passivo e arruginito”.
Grande!
Caro Nicola Piccinini, ti faccio lavorare anche il 2 giugno. Sottoponi a moderazione questo mio post (….e vediamo se passa….)
Io dico che non c’è peggior sordo di colui che non vuol sentire. Delle due l’una: o non riesci a comprendere i diversi livelli di confronto/informazione, o volutamente li ignori con l’intento di “portare acqua solo al tuo mulino”…..
In breve: anche nel “confondere” i diversi livelli di interlocuzione, personale, istituzionale, associativo, lo fai sempre pro domo tua…..
Per quanto riguarda il verbale, unico documento che attesta quanto avvenuto in una discussione collegiale, quando il Consiglio OPV darà l’assenso, sarà divulgato.
Ah, dimenticavo: il verbale in questione è stato approvato da tutti……
Marco Nicolussi
Non comprendo il botta e risposta tra Nicolussi e Piccinini… cosa accade tra i due?
Viva gli psicologi uniti, in difesa della professione!!! Siamo già tanti noi psicologi e illudere altra gente counselor a trovarsi dopo anni di studi con poche opportunità lavorative non mi sembra una gran bella cosa, solo per amore non della PSICOLOGIA ma del DENARO!!
buona festa!
Ho letto l’articolo e i vostri commenti. E la domanda sorge spontanea: cosa possono fare i counselor e cosa, di quello che si pensa che loro possano fare, è considerato un abuso di professione? Scusate ma comincio ad essere un po’ confusa da tutte queste leggi, il loro legalese e la (mia) nulla comprensione della lingua appena citata. 😉
Buon giorno a tutti, per quello che è la mia piccola esperienza, mi verrebbe da pensare che queste belle parole, scritte ribadite e impugnate per lotte e rivendicazioni, non sono concrete, non rispecchiano la realtà.
Dove sono questi insegnamenti PRATICI per psicologi? Chi li fa?
Le scuole di psicoterapia…..? Allora si studia per divenire psicoterapeuti…..
MI sembra che il problema sia prevalentemente consumato tra gli psicologi, ma, mi ripeto…chi è che forma gli psicologi? L’università!!! Non conosco nessun laureato in grado di sostenere, non dico un colloquio, ma neanche una chiacchierata impegnata…
E allora ben vengano situazioni in cui venga data quella pratica così facilmente sventolata e invece terribilmente assente.
Perchè il SAPERE deve essere di tutti, e tutti dovrebbero avere la possibilità di SAPER FARE…per poi riuscire a SAPER ESSERE, ma questo non è per tutti e sicuramente non può essere prerogativa di nessuna casta.
La psiche è arte e come tutte le arti non permette di essere inscatolata.
@ DOMENICO
Scrive: “chi è che forma gli psicologi? L’università!!! Non conosco nessun laureato in grado di sostenere, non dico un colloquio, ma neanche una chiacchierata impegnata…
E allora ben vengano situazioni in cui venga data quella pratica così facilmente sventolata e invece terribilmente assente.
Perchè il SAPERE deve essere di tutti, e tutti dovrebbero avere la possibilità di SAPER FARE…per poi riuscire a SAPER ESSERE, ma questo non è per tutti e sicuramente non può essere prerogativa di nessuna casta.
La psiche è arte e come tutte le arti non permette di essere inscatolata.”
Caro Domenico, il fatto che la Facoltà di Psicologia non riesca a formare adeguatamente gli studenti e che questi escano sguarniti di competenze e strumenti pratici NON GIUSTIFICA ASSOLUTAMENTE il fatto che dei soggetti business decidano di pensarci loro a formarli (in counseling psicologico) aprendo però le aule anche a chi psicologo non è… la soluzione, piuttosto, sarebbe molto più semplice e vicina: le scuole (quelle etiche e da carta etica) potrebbero fare tranquillamente i loro corsi di counseling, ma dirigendoli ESCLUSIVAMENTE a laureati in psicologi e psicologi! Oppure anche ad altre professioni, a patto che – e deve essere ben esplicito – poi utilizzino questi saperi all’interno del proprio ruolo, senza creare da una tecnica una professione!
Vedi, il problema sarebbe molto semplice da risolvere, ma in periodo di fort€ cri$i…
Sul fatto poi che la “Psicologia è un arte”… aiutoooo… a questo punto il “counselor” sono una magia?!?
che meraviglia! La mraviglia dell’entropia…
Grazie Nicola per tutto il tempo che spendi a favore della professione dello psicologo. Da parte mia, provvederò a pubblicizzare questa discussione a tutti i colleghi che conosco.
A questo punto aspettiamo cosa decide il giudice, anche se a parer mio non è affatto buono rivolgersi alla “giustizia” italiana per dirimere questioni inerenti al nostro ordine.
Io mi occupo di formazione e proprio non capisco la posizione di chi insegna gli strumenti dello psicologo ai counselor, qualcuno me lo vuole spiegare?
Grazie.
medico : bisturi = psicologo : x
Solo che se sostituiamo “medico” con “qualcuno” c’è scandalo, se invece facciamo questa sostituzione con “psicologo” c’è giusto un’alzata di spalle.
D’altronde se chiunque può fare lo psicoanalista…
Caro Nicola, sai che condividiamo gli stessi obiettivi rispetto alla tutela della professione, mi conosci. Sai anche che l’Ordine della Toscana non ama il proliferare di “mestieranti”, nè si tira indietro sul denunciare, quando vi sia materia. Fra il 2009 e il 2011 abbiamo portato a casa tre vittorie in materia di esercizio abusivo della nostra professione contro soggetti sedicenti “xxxx” (fra cui uno condannato anche a risarcire l’Ordine per 5000 euro). Abbiamo ancora in corso un processo di cui parlerò quando sarà concluso, e spero vinto :)) Questa premessa per ribadire pubblicamente quello che ti ho detto altre volte. Il tuo lavoro di informazione è molto importante, ma non condivido la diffusione di sentenze e il ragionamento pubblico su come le stesse possano servire per i casi contro l’esercizio abusivo della nostra professione. E’ tatticamente sbagliato! Si può ragionare in termini generali, ma interrompi la disamina pubblica delle sentenze e delle argomentazioni dei vari CTU. Così si offrono solo informazioni preziose agli avversari, ed agli avvocati della controparte, per costruire le loro controargomentazioni. Sarebbe come se gli americani si fossero messi a discutere pubblicamente , prima dello sbarco in Normandia, su quale fosse il punto più favorevole per far scendere le truppe ! A buon intenditor poche parole:- ))
Buon tutto Sandra Vannoni
@ SANDRA VANNONI
Sandra, condivido anch’io le tue premure, tuttavia non per questo specifico articolo. Di fatto tratto tre sentenze ben conosciute e qualunque difesa della controparte ne ha cognizione di causa. Ciò in prima battuta, ma non solo. Allargando il discorso, per ciò che mi riguarda la risoluzione del fiorente mercato formativo delle pseudoprofessioni non si risolverà solo tramite tribunali, ed anzi… non è questo il contesto più strategico ed essenziale! A mio avviso, la strategia migliore è quella di alimentare un PROCESSO CULTURALE tra la base dei colleghi, sviluppare conoscenza e diffondere informazioni e strumenti utili alla tutela, far prendere coscienza come categoria comune da tutelare, indirizzare a scelte critiche di investimento formativo… il mercato oggi come oggi è CUSTOMER DRIVEN, sono i clienti, con le loro scelte di acquisto a decidere delle politiche aziendali (e le scuole SONO aziende!)… almeno la metà dei corsisti dei corsi per counselor sono psicologi… se gli psicologi cominceranno a filtrare le loro scelte anche in base a quanto la struttura formativa tutela e promuove la professione di psicologo e non quella di pseudo-competitor (vedi Carta Etica, ad esempio…)…
Insomma, questa è la strada su cui intendo impegnarmi, e la continua diffusione di insight è utile ad alimentare dibattito, conoscenza e pensiero critico… poi ovviamente quando si tratta di specifica documentazione in specifico momento, anch’io convengo con quanto da te precisato 🙂
Pardon…
La “x” nell’equazione di sopra è perché la percezione degli strumenti dello psicologo, all’opinione pubblica (leggi: la maggior parte dei non psicologi) (ma anche buona parte degli psicologi), mi sembra essere vaga, astratta.
Mi domando se uno scenario simile è possibile: i counselor capiscono che gli conviene cambiare i nomi agli “strumenti operativi”, metterci una virgola e una congiunzione in più, e spacciarli per loro. E nel frattempo, più augurabile ma comunque insidioso, si costruiranno i propri strumenti, fintanto che creeranno un Albo e noi non potremo utilizzarli.
Mi chiedo: è netto il confine tra counserlo e psicologo? Perché in certi aspetti (principalmente quelli di consulenza e sostegno) a me non pare proprio, così come quello tra psicologo e coach (e recentemente, se non sbaglio, si è appunto detto che il coaching è materia nostra) e psicologo e altre figure. Forse anche psicologo e medico, se pensate a certi aspetti.
Il problema, credo, è che se prendi un bisturi in mano o se prescrivi un farmaco la cosa è tangibile e visibile. Se invece chiacchieri con una persona com’è possibile venire a farti i conti in tasca?
Ma se lo psicologo si occupa di “consulenza, valutazione, sostegno, abilitazione e riabilitazione” esiste un riferimento legislativo dove questi termini sono nettamente e chiaramente definiti? E ne esiste un altro che dice che se lo psicologo se ne occupa solo lo psicologo se ne può occupare? E, infine, esiste una commissione competente che valuta i casi di abuso?
“Sì. Sì. Sì.” mi paiono delle risposte troppo rapide e astratte, però magari sbaglio e mi piacerebbe saperne di più.
mi sembra che l’articolo 21 faccia a cazzotti con il fatto che per accedere a una scuola di specializzazione in psicoterapia si debba essere per forza iscritti all’albo degli psicologi o medici. innanzitutto non fa distinzione tra psicologo e psicoterapeuta e questa è già la prima contraddizione. poi dice…”È fatto salvo l’insegnamento agli studenti del corso di laurea in psicologia, ai tirocinanti, ed agli specializzandi in materie psicologiche”. come fa uno psicologo non specializzato a insegnare a specializzandi in materie psicologiche (intendendo ad esempio psicoterapia?). ma anche se sostituiamo psicologo con psicoterapeuta, se è fatto salvo l’insegnamento agli specializzandi in psicoterapia ad esempio, perchè bisogna essere iscritti all’albo per accedere alle scuole? mi sembra in netta contraddizione.
saluti
Val
Grazie per queste notizie chiarificatrici e gratificanti per gli psicologi che non hanno accettato, anche se vantaggioso in termini economici, di creare una serie di councellor,
che dopo aver pagato cifre non indifferenti, pretendono di essere qualificati a intraprendere la professione di
psicologo pur non essendolo e non avendo un’adeguata
preparazione.Mi auguro che quanto espresso nel tuo
articolo possa avere una effettiva e pratica rilevanza!!
Non ci sono colleghi psicologi che insegnano in scuole di counseling che vogliano portare alla discussione il loro parere?
Grazie.
Ciao Nicola, grazie per la risposta, un paio di precisazioni: non la psicologia ma la Psiche è artistica, e noi la costringiamo ad entrare in schemi umani di pensiero.
Ho letto molte volte i tuoi scritti, sicuramente condivisibili e criticabili(costruttivamente), ma mi convinco sempre di più che c’è molta confusione nel grosso regno della Psicologia, ognuno tira l’acqua al suo mulino, ragionevolmente, ma ci sono problematiche strutturali e strutturate, un piccolo esempio la formazione universitaria.
Mi piacerebbe che vi iniziaste ad interrogare su cos’è la TERAPIA.
E quindi ti chiedo: COS’E’ PER TE LA TERAPIA?
Grazie e buona serata.
Speriamo si riesca a far chiarezza su tutta questa questione, delineando con chiarezza cosa può o non può fare il counsellor (soprattutto cosa non può!). Io sono d’accordissimo sul fatto che anche solo nel “differenziare” un caso per così dire patologico da uno non patologico il counsellor non sia sufficientemente preparato, non possedendo gli strumenti e la preparazione per operare diagnosi differenziale, sono quindi ancora più d’accordo nel limitare l’utilizzo degli strumenti psicologici solo alla professione di psicologo; sono basita, infatti, nell’aver appreso che i counsellor somministrano il genogramma ai loro clienti!!!
Grazie, comunque, per l’impegno profuso nella tutela della nostra magnifica ma a volte anche difficile professione!
Ordine dell’Emilia? mmmh…..forse non stiamo parlando della stessa persone, then. Io pensavo che si trattasse di qualcuno che opera in Veneto.
Non capisco perché si sottolinei che qui, in questo blog, ci sia una stessa persona che scrive gli articoli, li commenti, li validi e moderi i commenti altrui.
Ehm…ma è un blog personale! Funzionano così tutti i blog presonali.
E’ normale che avvenga tutto questo, mica è un giornale.
Se in un blog personale si scrive una cosa non vera, interviene qualcuno e la fa notare (magari citando anche le fonti) e chi gestisce il blog, qualora lo ritenga opportuno, modifica l’articolo. Altrimenti ci sono le vie legali, ma lì bisogna stare attenti perché se si cita qualcuno per obbligare a cambiare quello che scrive bisogna essere certi che quello abbia scritto una cosa falsa. Altrimenti si pagano anche i danni.
E’ così che funziona per tutti i blog, anzi, alcuni non ammettono nemmeno i commenti altrui!
“$celte di vario gener€”
standing ovation!
A Tiziana (e ai counselor):
Se volete fare counseling iscrivetevi ad un corso di laurea in psicologia: i corsi di counseling prevedono una formazione troppo debole, tanto che il titolo rilasciato dalle scuole di counseling non solo non è riconosciuto in Italia ma neanche in altri paesi!!!
L’attività di counseling fa parte delle attività che può esercitare lo psicologo (c’è pure nel tariffario).
Oppure se volete lavorare nell’ambito sociale e non volete diventare psicologi, iscrivetevi a scienze dell’educazione, scienze sociali, etc allora sì potrebbe avere senso
frequentare una scuola di counseling (quel poco che portate a cosa vi serve per integrare le competenze/conoscenze e fare meglio il vostro lavoro – in termini di capacità di ascolto e problem solving).
Altrimenti frequentare uno o due weekend al mese una scuola di counseling per qualche anno, non vi serve a nulla… rischiate pure di cadere nel reato di abuso di professioni tutelate.
Penso che all’interno del nostro Ordine ci sia molta omerta’. Non sono gli interessi di pochi ma anche la weltanshung dello psicologo italiano che accetta come normale la mentalita’ stile “arrangiamoci” tipica del nostro popolo. Io personalmente sono stanca di sentirmi italiana per molti motivi con i quali non voglio tediarvi. Ma mi rendo conto che il senso dei confini chiari tanto caro al grande Minuchin per quanta riguarda la salute psicologica della “famiglia” possa applicarsi anche alle aree professionali. Personalmente ho segnalato piu’volte situazioni di abuso della professione al mio Ordine regionale ma senza alcun riscontro! Che dire!
Salute a tutti
Nicola, da quanto scrivi la partita è bella che vinta…
naturalmente tanto gli aspiranti counselor quanto coloro i quali (in questo a quanto pare i nostri colleghi sono una folta schiera) speculano sulla loro brama di formazione non staranno a guardare (ilbusiness è grosso e la crisi avanza ancora). ultimamente in questo paese (sopratuto da politici e operatori della giustizia) si sente dire che “la legge è legge”, e/o “le snetenze fanno scuola e si rispettano”.
Sono curioso di sapere come andrà a finire. sono curioso di sapere se l’Art 21 esiste veramente (sia come principio che come effetti concretti) e se le sentenze già emesse sul’abuso della professione di psicologo sono veramente rispettate (ossia considerate valide anche dagli attuali attori giudicanti in questa controversia).
Grazie per i tuoi contributi
in attesa, un in bocca a lupo a tutti
@ Cristiang – Studio già psicologia, grazie, e sto per laurearmi alla triennale. Dopo c’è la specialistica, lo so. Ma non è il mio primo titolo accademico, quindi non mi lamento. Ad ogni modo non sono un counselor (non ancora, almeno) ma in tutto questo guazzabuglio, visto che a legiferare complicato in tanti sono bravi, il mio lato pragmatico cerca di capire in maniera spicciola come davvero funzionano le cose. Nessuno ha provato a dirmi quand’è che un counselor entra in territorio minato ma non è colpa di nessuno. Il problema principale è che le idee non sono chiare a nessuno però tutti si sentono in diritto di delimitare il proprio territorio. Io sono per una legiferazione chiara che aiuti davvero tutti a capire cosa può fare chi e cosa non può. Tutto qui. Lo chiedo perché sono davvero molto confusa e mi piacerebbe capire. Sono perfettamente d’accordo che chi vuole fare il counselor deve avere una conoscenza psicologica alla base (molto più che conoscenza, direi) ma intanto non credo che ci siano leggi a riguardo. E allora perché prendersela con i counselor o i futuri counselor?
Meno guerra e più idee chiare sarebbe meglio.
Incredibile che in tutto questo siano proprio gli ordini regionali e le scuole private di psicoterapia (ma questo lo si capisce meglio…purtroppo!) a non esprimersi con chiarezza difendendo e tutelando realmente la nostra specificità professionale di psicologi. Un saluto Davide
Ciao Nicola,
ti ringrazio per i preziosi aggiornamenti sulla professione.
Ho letto l’articolo e mi chiedo com’è possibile tutto questo. E’ scoraggiante sapere che chiunque, con un semplice corso, può fare quello che noi psicologi siamo abilitati a fare solo dopo un lungo iter formativo e con enormi sacrifici, anche a livello economico.
Questa svendita delle competenze dello psicologo non rappresenta una forma di adattamento a quella società liquida di cui si è parlato? Viene scambiato per un atteggiamento vincente, furbo, quello che in realtà è un comportamento che non fa che danneggiare ancora una categoria, a mio parere, debole, che da lunghissimi anni lotta per affermarsi.
cristiang dice:
A Tiziana (e ai counselor): Se volete fare counseling iscrivetevi ad un corso di laurea in psicologia…
Mi associo all’accorato messaggio di Cristiang ai couselor ed aggiungo che parliamo poco di loro…e mi riferisco soprattutto agli allievi che riempiono aule e tasche di agenzie formative sempre più commercialmente agguerrite con ammiccanti proposte di brevi e (nelle promesse) professionalizzanti percorsi. Chi sono questi allievi? qual’è il loro bisogno formativo? quanti sono e soprattutto quanti di loro arrivano in porto e quanti riescono veramente a mettere a frutto le competenze apprese?
La questione che sollevo può sembrare off topic se intesa come “Standard formativi delle scuole di Counseling” (qualità, tasso di abbandono, percentuale di impiego post diploma, ecc..) ma, a mio avviso, è pertinente alla discussione nella misura in cui siamo noi stessi psicologi (o la nostra comunità professionale) che da formatori o direttori di scuole di Counseling colludiamo con un sistema formativo business, che si muove su presupposti teorici, applicativi e deontologici poco chiari se non inesistenti o semplici duplicati dell’ambito professionale psi, un sistema formativo che non ha (e non avrà mai di suo se non utilizzando professionalità psi)reti territoriali e professionisti di affiancamento per i tirocini, un sistema formativo che in sostanza non fa molto l’interesse dei suoi allievi, ai quali non ha molto da offrire se non percorsi esperienziali di empowerment personale.
Quello che voglio dire è tra le utenze da salvaguardare di cui all’ art. 21 del C.D. non c’è solo quella strettamente “clinica” ma anche quella “formativa”. Dei percorsi formativi/orientativi di questi ragazzi siamo responsabili noi stessi nella misura in cui permettiamo loro di prepararsi professionalmente per un ambito psi senza tutti quegli annessi e connessi di cui noi disponiamo e che costituiscono l’humus e il contesto di ogni professionalità che si rispetti: modelli teorici e applicativi, comunità professionale solida, tradizione storica, strutture di ricerca, codice deontologico, rete di servizi territoriali, apparati per tirocinare, ecc…
La laurea triennale in psicologia costa meno delle scuole di counseling con in più un riconosciemnto del titolo…
Ho trovato questo articolo su “La Repubblica”, è un intervista al Preside della Facoltà di Psicologia di Padova… (anche se non condivido il suo entusiasmo, forse quanto dice servirà a qualcuno ad orientarsi verso una scuola di counseling o l’Università e un percorso riconosciuto e sicuramente più valido):
Per chi vuole fermarsi alla laurea breve, di TRE ANNI, numerosi sono comunque gli sbocchi professionali. Nel caso di Scienze psicologiche cognitive, soprattutto nel campo della riabilitazione neurocognitiva, in campo scolastico, sanitario e sociale. O come operatore assistenziale. Per Scienze psicologiche dello sviluppo e dell’educazione, lo sbocco naturale è il sostegno ai bambini e alle loro famiglie e l’assistenza agli insegnanti. Per Scienze psicogiche sociali e del lavoro, invece, nella selezione del personale, nelle ricerche psicosociali, ma anche nel mondo della pubblicità e del marketing, dove più importanti sono le conoscenze delle motivazioni d’acquisto. Per Scienze psicologiche della personalità e delle relazioni interpersonali, infine, nelle strutture territoriali di salute mentale, per la cura e la prevenzione del disagio.
Da parte mia continuerò a denunciare ogni forma di abusivismo della professione di psicologo e deve dire con una certa soddisfazione visto l’esito che ha avuto una segnalazione fatta non molto tempo fa al mio Ordine.
Si è vero, si parla poco dei counselor (o di chi crede di esserlo).
Però se ne parliamo dobbiamo ammettere che una buona parte di responsabilità ce l’ha anche chi decide di prendere una scorciatoia “magica” e facilissima per operare nelle relazioni di aiuto senza alcuna laurea.
Come si può pensare di trattare problemi come i traumi e disturbi psicologici o di essere esperti di colloqui clinici dopo 6 DOMENICHE DI CORSO TENUTO IN UN ALBERGO?
6 domeniche???
Come fa a non venire in mente il dubbio che se c’è gente che per cominciare ad avere a che fare con un paziente o cliente studia almeno 6 anni fra università e tirocinio, forse -ma forse- c’è qualcosa che non torna?
Certo, ci sono anche molti psicologi, psicoterapeuti o psichiatri con l’indole di Vanna Marchi che illudono queste persone (e su questi dovrebbe intervenire prima l’ordine). Spesso dicono o scrivono nei loro siti che il ruolo verrà riconosciuto a breve o che “c’è un iter parlamentare” (Forse si riferiscono a Scipioti??!!!)
Tuttavia molti di quelli che hanno seguito questi corsi non hanno nessuna intenzione di aprire gli occhi; anzi pretendono che con un diploma non riconosciuto in nessun ambito, ottenuto la 6a domenica in un albergo, dopo aver pagato 1000 euro, sia loro concesso di “operare” nelle relazioni di aiuto psicologico.
Mi dispiace essere un pò dura, so che c’è anche gente che invece ha studiato per anni, ma basta farsi un giro su internet per vedere in che cosa si è trasformato davvero il favoloso mondo dei counselor non laureati.
Se volete fare i counselor iscrivetevi a Psicologia (corso di Laurea), il cousenling fa parte delle attività psicologiche (come anche da tariffario), non riesco a capire come una persona (dotata anche della più grande cultura o comunque di grandissime capacità introspettive o altro) possa fornire sostegno a qualcuno in “disagio” senza avere una base dei meccanismi psicologici!!!mi dispiace ma questo è abuso di professione, bisogna che qualcuno distingua nettamente e chiaramente i confini fra queste professioni, fermo restando che a mio parere può fare il counselor SOLO un laureato in psicologia, ma poi dico siamo già tanti…cosa vogliamo fare aggiungere ancora persone che esercitano professioni simili???confondere ancora di più a gente???credetemi molte persone vengono da me (come psicologa, come amica) a chiedermi se è meglio rivolgersi ad uno psicologo o ad un counselor per varie situazioni di disagio…..la gente è confusa e lo siamo anche noi professionisti
e poi aggiungo (come sfogo personale…proprio fuori dai denti) perchè io che ho studiato per 5 anni psicologia e per altri 4 anni psicoterapia, devo sentirmi denigrata dai conselour che sostengono che “noi rubiamo soldi e tempo ai nostri pazienti”…..nella mia realtà Pesaro è un continuo fiorire di scuole di counselor,,,e in molte di queste insegnano Psicologi, e questo non è un segreto per nessuno, basta andare a vedere nei loro siti e leggere i nomi e i vari titoli degli insegnanti…allora caro Nicola ti chiedo: ma ho capito bene ho gli psicologi NON POSSONO INSEGNARE IN QUESTE SCUOLE???e poi i COUNSELOR NON SONO RICONOSCIUTI COME CATEGORIA PROFESSIONALE??G
GRAZIE NICOLA, veramente grazie per le informazioni che ci dai
A Daniela:
Bah! in dieci anni che lavoro, solo una persona mi ha chiesto dei counselor… era una signora che frequentava giri alternativi, un pò “frichettona”..
medico:bisturi=psicologo:x
la x dello psicologo è pensiero e parola.
L’uso del bisturi va autorizzato perchè innanzitutto si tratta di uno strumento di offesa. Solo in talune condizioni il beneficio che può provocare è sufficiente a far tollerare il danno.
Qualcuno può sostenere che il pensiero e la parola sono fino a prova contraria dannosa salvo autorizzazione? e l’autorizzazione prevede l’uniformità del trattamento e della diagnosi? Ma qualcuno pensa ancora di essere creduto a sostenere che per esempio una terapia cognitiva breve e una analisi freudiana abbiano alcunchè di comune? e che di fronte allo stesso paziente produrranno la stessa diagnosi? o che riterranno normale e patologico gli stessi fenomeni?
Ma allora chi autorizza alla pratica di atti terapeutici cosa autorizza? la legge ossicini è un contenitore vuoto. La sua applicazione – se spinta alle più logiche conseguenze – dovrebbe vietare il pensare di chiunque in quanto ogni atto di pensiero è l’esercizio di un giudizio e in quanto tale terapeutico.
Ciao Nicola, mi ricordi quando deve esprimersi il giudice riguardo questa vicenda? A fine giugno? Grazie
a cavallo GIU/LUG… mais o menos ;o)
Mi sembra che quei colleghi psicologi (e quegli istituti privati di formazione)che insegnano contemporaneamente a psicoteapeuti in formazione e a counselor in formazione non riconoscano l’Università italiana come istituzione(alcuni formatori di counselor affermerebbero che gli psicologi non posseggono capacità e competenze se non come testisti nonostante siano abilitati al sostegno psicologico, alle supervisioni ecc… in virtù di un esame di Stato – affermazioni frettolose che dimenticano EPG, 900 ore di tirocinio gratuito ed esame di Stato) e di conseguenza il MIUR oltre a infischiarsene dello spirito di colleganza e del loro stesso status di Psicologi. A mio modesto parere il CNOP, oltre a perseguire eventuali configurazioni di abuso rispetto all’articolo 21 del codice deontologico (ma non solo del singolo articolo 21), dovrebbe chiedere formalmente che tali scuole di formazione non vengano riconosciute dal ministero stesso quando mettono in essere situazioni di abuso e nella misura in cui disconoscono l’ente di formazione che li abilita.
Sono un Antropologo etnopsichiatra, mi batterò fino in fondo affinchè la libertà e pluralità di cura sia riconosciuta in questo paese di albi e caste. Chiudere l’esistenzialismo in un angusto spazio clinico corrisponde, paradossalmente,alla stessa frattura, interruzione del libero, spontaneo fluire del linguaggio psichico del disagio.
apisco le difficoltà e le asperità di una professione che cerca di costruirsi un rassicurante spazio di mercato professionale, ma ciò non solo è antitetico alla psicologia, ma soprattutto anti etico alla natura umana. che soffre le costrizioni più di qualsiasi altra cosa. Gli psicologi non devono avere paura di confrontarsi su un piano di risultati con altre scienze che si occupano di umanità. E’ quello il piano che determina l’efficacia e l’opportunità delle dinamiche relazionali tra paziente e esperto della psiche. Personalmente penso che le sentenze non portino da nessuna parte, come tutte le azioni repressive. Occorre prendere atto che la psicoanalisi laica, professata ovviamente da laureati nelle materie umanistiche, esperti del linguaggio e opportunamente preparati sulla clinica, sia una libera e legittima azione di intervento relazionale verso l’uomo. Questa di alcuni psicologi sarà una lotta infinita, senza che porterà a nulla, perchè la materia del contendere non è materiale, oggetto, tangibilità. Penso che nessun filosofo si svegli una mattina e decida di confrontarsi con un paziente, tantomeno un sociologo e antropologo. Penso che coloro decidano di fare ciò siano ispirati da una tendenza, una vocazione, un talento. Perchè avere davanti una persona che soffre è un fatto non propiamente semplice da gestire. Credo che le battaglie come questa siano virtuali, la guerra immaginaria.
massimo
http://www.cepbassano.org/vedicorsi.php?id=32
Voilà. Se stiamo parlando della stessa persona, sta facendo esattamente quello che faceva prima, solo ha cambiato nome al corso. Ripeto: tutto questo rumore per che cosa?
Grazie
Salve! sono una psicologa, psicoterapeuta, e altro.
Sto seguendo da tempo questo sito e i diversi articoli, in particolare sulla tutela della professione. Ho fatto anche una ricerca su internet su associazioni che offrono counselling sul benessere o addiritutra corsi per creare operatori e/o counsellor nel settore benessere((integrale, bio-naturale,olistico etc etc). Segnalo in particolare la “Proposta di legge istitutiva della facoltà universitaria in scienze della salute” stilata (credo) dalla Uni.Psi. di Torino (www.scuolacounsellingtorino.it)dove gli autori (secondo me arrampicandosi sui vetri)cercano di differenziarsi da tutte le alre scuole che incorrono nell’abusivismo attraverso il classico trucchetto di inventare nuovi nomi per indicare (occultandole) le stesse cose. Mi piacerebbe avere un suo parere, anche perchè una persona amica e i suoi collaboratori vorrebbero fr riferimento a questo testo per promuovere una “Accademia del benessere”che ad esempio vuole proporre formazione alle estetiste (che ho scoperto si autodefiniscono operatori del benessere) alle quali conferirebbe un titolo di “operatori del benessere integrale”. Questo amico mi dice che eviteranno abusi professionali perchè si ocuperanno di “benessere” e non di salute (sic).Vorrei inviarle uno scritto di una consulente per la certificazione ISO al quale questo gruppo si è rivolto.
Mi piacerebbe avere un suo parere.
Grazie per l’attenzione e complimenti per la sua iniziativa.
Marina Marchiori