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Salute e Benessere su Internet. Quali opportunità per lo Psicologo?

Oggi vorrei parlarvi della diffusione di Internet in Italia, del modo e motivo per cui viene utilizzato e, di conseguenza, delle potenziali opportunità per lo Psicologo. Pensate che rilevazioni effettuate nel primo semestre 2010 parlano del 67,7% della popolazione italiana (oltre 32 milioni) connessa ad Internet, 70,2% uomini e 65,2% donne, principalmente adolescenti, ma anche adulti ed in forte crescita la terza età. La distribuzione territoriale è uniforme tra sud, centro e nord, ed il profilo socio/economico/culturale del navigatore è medio/alto. In forte crescita – 9,9% degli utenti – anche i dispositivi mobili per connettersi alla rete (cellulare, smartphone e PDA),  soprattutto tra gli adolescenti e giovani, ma non solo. Indubbiamente numeri importanti!

Internet sta di fatto modificando abitudini, pratiche quotidiane e stili di vita e relazione. Quali quindi le potenziali opportunità per lo psicologo?
Vi riporto alcune statistiche che mostrano l’utilizzo di Internet per la ricerca di informazioni su Salute e Benessere psicologico.

Già nel 2004, secondo una ricerca del CENSIS 4 Milioni di italiani navigavano per “conoscere e capire per scegliere in autonomia a proposito di salute . Questa emancipazione del paziente si  traduce in una frantumazione della richiesta di prestazioni: ogni malato, presa consapevolezza della propria unicità fisica e psicologica, chiede con sempre più insistenza una terapia ad hoc“.

Nel 2005, uno studio targato Nielsen//Netratings evidenzia che in America “non è la televisione, non sono le riviste settimanali o le riviste specializzate, ne tanto meno la radio. E’ Internet il canale più credibile per le informazioni divulgative dedicate alla salute”. Tant’è che  il  65% degli intervistati afferma che, o prima o dopo la visita medica, utilizzeranno comunque Internet per cercare argomenti specifici al proprio stato di salute.

Nel 2007 la Fondazione AIOM ci informa che in Italia il 78% dei connazionali ‘in rete’, pari a 15,6 milioni di persone, ha navigato negli ultimi 12 mesi per cercare informazioni sulla propria salute e su quella di parenti e amici. Tra le malattie più cliccate ci sono i problemi legati a obesità e peso, seguiti da mal di schiena e di testa, patologie stagionali e disturbi dermatologici, gravidanza, asma e allergie. Ci si rivolge alla rete molto più di quanto non si faccia con il medico (54%) o il farmacista (53%), gli amici o la famiglia (34%), i libri o i giornali (31%), la Tv (25%) o la radio (6%).

E da ultimo, nel 2010, Yahoo e Skopos ci raccontano di un popolo rosa italiano molto attivo su Internet. Infatti il 72% delle internaute intervistate utilizza la rete Rete per cercare risposte alle proprie domande. In primo luogo sono dubbi relativi a problemi di salute (47%). Ed ancora il 56% delle mamme di bambini piccoli usa la Rete per avere consigli, il 33% afferma che con Internet risparmia tempo prezioso e il 30% fa oggi più e-commerce rispetto a quando non aveva figli.

A fronte di ciò, c’è pure da dire che Internet spesso propone siti web e contenuti imprecisi, se non fasulli. Secondo una ricerca  dell’Universita’ di Nottingham (GB), che ha usato il noto motore di ricerca Google per raccogliere notizie su cinque temi ‘caldi’ per i genitori, dall’allattamento al seno all’autismo, solo un sito su 200-500 circa offre informazioni corrette sulla salute dei bambini.

Ovviamente le ricerche e le statistiche sono molte di più e differenti. Non importa qui focalizzarci sui numeri esatti, quanto più sulla tendenza, sul mutamento sociale in atto, capire se ed in quale modo ciò può rappresentare un’opportunità per lo psicologo.

A mio avviso le potenzialità sono evidenti e sostanziali. Internet offre effettivamente un nuovo canale per promuovere la propria attività professionale e per entrare in relazione (e servire!) con persone altrimenti non raggiungibili.

La riflessione forse meno scontata riguarda gli strumenti e le abilità che lo psicologo dovrebbe possedere e padroneggiare per cogliere al meglio questa opportunità emergente. Parlo di un’adeguato spazio web di presentazione, di un’adeguata attività di personal marketing, di un efficace utilizzo del social web, di un riposizionamento e taratura della propria offerta e modalità di comunicazione.

Penso che anche su questo versante stia crescendo la sensibilità ed investimento dei colleghi, le diverse richieste di supervisione e/o di sviluppo web che mi giungono lo testimoniano. Vorrei però avere un feedback anche da voi, da chi magari sta già lavorando su questo canale.

Che ne pensate? Quali gli strumenti e capacità necessari? Quali le opportunità?

Buona vita e buon lavoro
Nicola Piccinini

0 risposte su “Salute e Benessere su Internet. Quali opportunità per lo Psicologo?”

Ciao sono una psicoterapueta sistemica e operatrice di training autogeno e vorrei dire che con la pubblicazione del mio sito la mia realtà lavorativa è nettamente cambiata. Della mia esperienza vorrei raccontare soprattutto la fase iniziale perchè non è stato semplice decidere di apparire pubblicamente, poi ho deciso di lanciarmi, ma consigliata. Nel mio caso, il sito è stato ideato principalmente per la promozione dei corsi di training autogeno. Prima di attivarmi in questo senso ho chiesto il consenso dell’ordine degli psicologi del Piemonte, che mi ha confermato che su questa specifica disciplina non esistono restrizioni pubblicitarie. Da lì è partito tutto. Mi sento di consigliare ai colleghi di investire sulla creazione di un proprio sito o blog, di affidarsi per la creazione dello stesso ad un professionista in grado di dare un’immagine di professionalità e serietà e soprattutto di abbandonare il fai da te, a meno che non si abbiano delle solide competenze informatiche. Un bel sito, ordinato, gradevole, facilmente navigabile ritengo sia un biglietto da visita importante per chi desidera portare la propria professione sul web. Credo quindi che il web sia una grande risorsa per noi psicologi ma che debba essere usato con la stessa professionalità che utilizziamo quando siamo nella stanza di terapia con i nostri pazienti. Ringrazio Nicola per il lavoro che svolge sul web e per gli stimoli che lancia ai colleghi e non solo. Sara De Maria.

Quoto una parte dell’articolo che mi ha articolarmente colpito, anche perchè sembra essere diventato ormai uno slogan:

“La riflessione forse meno scontata riguarda gli strumenti e le abilità che lo psicologo dovrebbe possedere e padroneggiare per cogliere al meglio questa opportunità emergente. Parlo di un’adeguato spazio web di presentazione, di un’adeguata attività di personal marketing, di un efficace utilizzo del social web, di un riposizionamento e taratura della propria offerta e modalità di comunicazione.”
Io credo che la “riflessione forse meno scontata” è che senso ha parlare di una professione come quella dello psicologo come se stessimo parlando di un rivenditore di maglieria e blue jeans (con tutto il rispetto e la simpatia per i gestori) … forse per me è meno scontata la quetione degli strumenti e delle abilità perchè sul web e attraverso la programmazione come strumento creativo, da sempre, sviluppo piattaforme e strumenti di analisi … la questione che più mi colpisce è come si può parlare in questo modo trascurando completamente la pericolosa deriva verso un discorso fatto solo di “mercato”, di “opportunità” e di adeguamento totale ad un modo di usare la rete che sta diventando sempre meno sano da parte di una grande fetta della popolazione.
La nostra è una professione il cui dominio principale non è quello mediato dalla tecnologia o dalle etichette di diagnosi ma dalla relazione in prima persona con un “chi” … questa evidenza sembra totalmente eclissata in questo articolo.
Ripeto, conoscendo quattro linguaggi di programmazione e avendo una lunga esperienza di sviluppo sia di piattaforme online sia di strumenti di analisi dei social network non avrei alcuna difficoltà a cavalcare l’onda lunga della “moda internet” … ma non riesco proprio ad accettare un modo di fare così superficiale e completamente acritico verso un uso della rete più degno di un venditore di pentole che di uno psicologo.

Con sincerità e stima per tutti.

Gibo Martorelli

La sincerità è sempre apprezzata e la stima non si perde certo per differenti punti di vista su un tema ;o)

Se intendiamo il “marketing” sotto il suo aspetto più commerciale e volgare, è ovvio che il tutto si riduce a “tecniche di vendita”. Un approccio del genere ridurrebbe certamente il professionista a venditore di pentole, e l’uso del web e dei social network ad una totale collusione pur di fare qualche spicciolo.

Personalmente intendo il “marketing” in modo forse più moderno, attuale e nobile. Il marketing fornisce strumenti per definire i propri obiettivi, per individuare i clienti e capire di cosa necessitano, per analizzare i concorrenti nei loro punti di forza e debolezza, per comunicare più efficacemente il mio profilo di competenze professionale, per riuscire a raggiungere meglio la mia utenza o il mio network di riferimento e propormi al meglio, per pianificare tutte le azioni e risorse in modo ottimale. Ovviamente questo modo di intendere il “marketing” si deve necessariamente muovere all’interno di una cornice etica e rispettosa del cliente e della professione.

In una simile ottica si inserisce anche il discorso su Internet. Che sia sempre più un canale usato dai nostri utenti potenziali è un dato di fatto. ci possiamo infilare la testa nella sabbia e far finta che ciò non stia accadendo, perché affezionati ad immagini della professione che stanno mutando. Oppure possiamo prenderci in carico questi fenomeni emergenti, conoscerli, studiarli, sperimentarli, pur rimanendo dentro confini etici, deontologici e di qualità.

I social web possono essere un potente strumento di diffusione dell’informazione, di primo contatto, di sviluppo di reti di relazioni. E ciò non ha nulla a che vedere con l’aspetto commerciale e mercantile.

Ma, come detto, sono solo differenti vertici di osservazione ;o)

Nicola, do per scontato tutto quello che hai scritto … il punto è un altro.
Non so te, ma io vedo in giro sempre più iniziative e movimenti volti a discutere il miglior modo di “vendersi” che non iniziative che, ad esempio, prendano in seria considerazione come è cambiato lo stile di vita delle persone anche e soprattutto con l’uso della rete.
La rete non è necessariamente un “posto” per delle buone opportunità … sulla rete ad esempio si vendono anche cartomanti e fattucchieri di ogni tipo e sorta … per non parlare dell’esercito dei counselor che fatto di tutto senza che nessunoi ancora sia riuscito a capire in base a quali prinici e a quali competenze. La rete è un “posto” sano se gli usi che ne facciamo sono sani, altrimenti è un posto come tanti altri dove generare e vendere fumo.
Per questo mi stupisce quante poche iniziative da parte degli psicologi sono state realizzate per mettere al centro della riflessione l’uso che si fa della rete … a parte i soliti pedanti discorsi sull’internet abuse.
Dalla pubblicazione di “The Lonely Crowd” (1950) di David Riesman, passando per “Generation X” di Rosen sono state messe chiaramente in luce le derive che rischia di prendere una società sempre più frammentata e deprivata di un rapporto più autentico con la vita … sono riflessioni che andrebbero grandemente sviluppate oggi che i social network sono diventati i posti più frequentati da una massa sempre più grande di persone … al di là delle oportunità che possono offrire le nuove tecnologie credo sia un dovere per dei professinisti che dicono di occuparsi della persona … anche perchè, detto francamente, per uno psicologo che decide di promuovere la propria professione, affidare un progetto di immagine attraverso il web ad un esperto del settore sarebbe un investimento banale e facilissimo da intraprendere, non occorre né essere esperti di marketing né tantomeno esperti programmatori.
Invece a quanto pare è molto più facile cavalcare l’onda degli entusiasmi e fare marketing senza alcun problema su qualsiasi opportunità ci capiti a tiro.
Vorri poi far notare che quella dello psicologo è ormai una delle professioni più inflazionate d’Italia, sia a causa di vecchie politiche di gestione degli atenei sia a causa di un modo altrettanto irresponsabile di gestire la professione da parte degli ordini. Le soluzioni per risolvere i gravi problemi che la nostra professione presenta non stanno nell’apprendere innovative tecniche di marketing … che diventeranno vecchie dopo pochissimo tempo … ma nel restituire una dignità e una credibilità che stanno andando sempre più alla deriva.
Insomma, credo che la categoria tutta degli psicologi “venderebbe” molto meglio la propria immagine collettiva organizzando discussini e convegni su questioni cruciali che riguardano l’uso della rete e il modo di fare meketing nelle nosre società che non organizzando corsi rivolti a singoli nel tentativo di passare competenze e conoscenze che serviranno solo ad aumentare l’individualismo e una visione della professione sempre più legata a logiche di mercato più che a logiche di cultura e conoscenza.
Non so questa è la mia opinione, capisco che possa suonare un po’ caustica … ma la mia esperienza non mi consente di dire diversamente come stano le cose.
Detto questo, organiziamo pure tutti i corsi che vogliamo, non credo in fondo cambieranno di molto la situazione attuale, serviranno solo a mantenerla 🙂

//gino

Gino, leggo la tua email e mi trovo in sintonia, tuttavia è utile non mischiare piani differenti e non cadere in generalizzazioni… sulla rete c’è il bello ed il brutto, come nella vita reale… e così ci sono professionisti che vi operano con etica e qualità ed altri che invece scimmiottano e sbrodolano, come nella realtà ;o)
Non vale la pena appiattire tutto quanto sullo svilimento del web come canale di marketing (con senso di cui sopra)

Sono pienamente daccordo anche sul fatto che dovremmo fare molta più ricerca su questi mutamenti sociali e sulle nuove tecnologie, così come disancorarci dagli ambiti saturi e stereotipizzati per cominciare a cimentarci in aree di frontiera in cui esiste domanda sociale. ed infine mi piacerebbe avere un Ordine generatore e collettore di conoscenze e buone pratiche, capace di diffonderle, promuoverle e tutelarle (ed in ciò è compresa anche l’azione di sviluppo dei colleghi perché è certamente vero che spesse volte è l’incompetenza di alcuni ad arrecare danno a molti)

Personalmente cerco di lavorare in questa direzione fuori e dentro l’Ordine. Ma lì al momento sono un consigliere su 15 e come ben saprai è difficile promuovere cambiamento quando non hai nessun potere decisionale. Comunque, con AP organizziamo anche momenti di incontro quindi se vuoi ci sarà possibilità di incontrarsi e confrontarsi ;o)

buona vita
nicola

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