La scarsa aderenza alle prescrizioni del medico è la principale causa di non efficacia delle terapie farmacologiche ed è associata a un aumento degli interventi di assistenza sanitaria, della morbilità e della mortalità, rappresentando un danno sia per i pazienti che per il sistema sanitario e per la società.
Queste le conclusioni dell’ultimo Rapporto OSMED 2014 sul consumo farmaceutico nel nostro Paese stilato da Aifa, l’agenzia del farmaco.
Conclusioni certamente importanti ed interessanti, ma forse – almeno in parte – anche scontate ad una buona parte degli psicologi 😉
Prima di addentrarmi nel merito del Rapporto OSMED, faccio innanzitutto il punto su due termini che spesso vengono utilizzati in modo intercambiabile, ma che – in realtà – esprimono due approcci anche molto differenti tra loro:
Compliance: sottolinea la responsabilità del paziente nel seguire le indicazioni del medico e implica
un’asimmetria decisionale tra il medico, che pone indicazione al trattamento, ed il paziente, che deve
attenersi alle prescrizioni. Indica l’adeguamento del paziente alle prescrizioni farmacologiche,
riabilitative e/o di stile di vita. Il concetto di non-Compliance si identifica, quindi, nel non seguire le
indicazioni del medico prescrittore
Aderenza (Adherence): enfatizza “la volontà” di seguire una terapia/cura decisa assieme al medico
sottolineando il ruolo attivo ad un determinato trattamento farmacologico. Il termine indica il grado di
effettiva coincidenza tra il comportamento individuale e le prescrizioni terapeutiche del medico che è
tenuto a fornire istruzioni chiare e precise sull’uso dei farmaci.
Ebbene, pensate che già nel 2003 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) aveva identificato l’Aderenza alla terapia come uno dei pilastri fondamentali per la prevenzione della mortalità e per il contenimento dei costi dei sistemi sanitari!
Una migliore aderenza alle terapia significa infatti minor rischio di ospedalizzazione, minori complicanze associate alla malattia, maggiore sicurezza ed efficacia dei trattamenti e riduzione dei costi per le terapie.
L’Italia è al secondo posto in Europa per indice di vecchiaia, popolazione maggiormente a rischio dal punto di vista della patologia cronica e dell’aderenza alla terapia.
Migliorare l’aderenza alle terapia sarà una battaglia strategica per la sostenibilità del SSN!
Recenti studi osservazionali rivelano che quasi il 50% dei pazienti in trattamento con antidepressivi sospende il trattamento nei primi tre mesi di terapia ed oltre il 70% nei primi 6 mesi. Per tutte le classi terapeutiche si registra in genere una aderenza più bassa al Sud.
Queste alcune ulteriori tabelle del Rapporto OSMED 2014:
Afferma Ovidio Brignoli, Vice Presidente SIMG: “La comunicazione deve essere maggiore e invece a volte peggiora man mano che si allunga la cronicità della malattia. Se ne esce richiamando periodicamente in ambulatorio questi malati per discutere con loro delle cure”
Scrive Joseph S. Alpert, dell’Università dell’Arizona Health Science Network, Tucson, in un recente editoriale sul “The American Journal of Medicine”: “Se c’è una caratteristica della pratica clinica quotidiana che trovo frustrante – questa è il fallimento nel convincere i pazienti a seguire le raccomandazioni cliniche quando è chiaramente nel loro interesse […]”
Ed alla domanda “Che cosa si può fare per migliorare l’aderenza del paziente alla terapia?”, Alpert risponde “A mio parere, il fattore più importante è la comprensione delle ragioni per cui un dato farmaco è importante per il benessere del paziente”
Ebbene, scarsità di informazioni e communication mismatch sono le due criticità che la gran parte degli operatori sanitari e ricercatori citano come causa della bassa aderenza alle terapie.
Un approccio che, personalmente, trovo forse eccessivamente meccanicistico!
Affermare che informare il paziente degli importanti vantaggi nell’assunzione del farmaco sia funzionale ad aumentare l’adherence, significa affermare che dovrebbero esistere “vantaggi assoluti ed universali” che tutte le persone dovrebbero vivere come focali, significa negare l’unicità dell’essere umano e la differente importanza che ciascuno di noi può dare (in quel momento di vita e salute) o non dare ad un presunto vantaggio comunicatoci dal medico o dal farmacista.
Credo io che informare in modo esauriente sia un dovere etico e di trasparenza, che mette in grado la persona di operare scelte consapevoli. Dopodiché l’adherence ha dimensioni molto più profonde, richiede di entrare nella personalissima scala di costi/benefici che ciascuno di noi ha in un dato momento e situazione di vita.
Sostenere l’aderenza alla terapia significa entrare in relazione con la persona, facilitandogli un pensiero consapevole sulle emozioni che lo attraversano, sui cambiamenti che dovrà affrontare, sostenendolo nei momenti più bui e di rada.
La cultura medica e farmacologica non ha nel proprio repertorio professionale – tra le proprie aree di forza – competenze per entrare in relazione, per pensare le emozioni.
Il sostegno all’aderenza alle terapie (farmacologiche o meno) passa da un sapere entrare e stare in relazione con la persona, in continuità territoriale.
Sono convinto che l’area delle cronicità, e di conseguenza del sostegno all’adherence del paziente, sia uno dei maggiori prospetti di sviluppo di opportunità professionale degli psicologi!
Che ne pensate?