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Costi Sanità Lazio: dalla Medicina difensiva alla Psicologia di facilitazione

Il Presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, qualche giorno fa ha rilasciato una interessante intervista sui necessari tagli alla spesa sanitaria regionale. Tra le voci sui cui operare tagli viene citata la medicina difensiva:

In Parlamento sono depositate proposte di legge che prevedono la riduzione da 10 a 2 anni dei tempi di risarcimento per danno medico. Tempi così lunghi generano dei costi ulteriori.

La prevenzione fa risparmiare risorse e migliora la salute dei cittadini. E spesso si raggiunge anche attraverso interventi di razionalizzazione che permettono di ottenere ulteriori risparmi.

Auspica quindi meno medicina difensiva, consapevole che “non è con un articolo di legge che si taglia la spesa altrimenti c’è il rischio di un taglio lineare“.

La medicina difensiva consiste nell’eccessiva prescrizione  al paziente di diagnostiche e misure terapeutiche per difendersi da eventuali rivalse legali da parte del paziente. Evitare il contenzioso medico legale è di fatto la motivazione principale.

Il numero delle denunce è effettivamente cresciuto oltre il normale, ma l’80% di queste denunce poi risultano infondate e il paziente perde la causa. Qui il report Medicina Difensiva del Ministero della Salute.

Ebbene, anche in questo caso la Psicologia potrebbe offrire un contributo prezioso e strategico, sia per la salute dei cittadini che per le casse dell’amministrazione.

Riprendo – e integro – alcuni estratti dell’articolo “Psicologia clinica e Ospedale” del Prof. Renzo Carli per meglio rappresentare lo stallo in cui versa il sistema sanitario e la funzione di facilitazione e integrazione che potrebbe offrire la Psicologia.

Il senso comune ha storicamente prescritto al paziente emozioni di affidamento passivo ed acritico al sistema sanitario, che a sua volta rispondeva con comportamenti conformisti che prevedevano obbedienza del paziente.

Negli ultimi anni si è tuttavia sviluppata una modalità conflittuale e critica di familiari e pazienti nei confronti del sistema sanitario che ha generato risposte di autotutela come – per l’appunto – la medicina difensiva.

Oggi alla dipendenza del paziente al medico si è sostituito un conflitto profondo tra sistema sanitario (visto come un sistema organizzativo ben più ampio che non il singolo medico o la singola struttura) da un lato, pazienti, opinione pubblica, familiari, organizzazioni sociali e politiche dall’altro.

Il medico viene sempre più visto come un professionista che deve erogare una prestazione a rischio zero, senza complicanze, perché sono cambiate le aspettative dei pazienti. Il benessere e la tecnologia hanno spinto in avanti le richieste di medicalità. Qualsiasi complicanza o fallimento terapeutico è visto come inaccettabile e passibile di denuncia.

Effettivamente la risposta del sistema sanitario è stata difensiva, ha trasformato il paziente da “amico acritico” in “nemico critico“, focalizzandosi sulla prevenzione di una possibile contestazione, più che sulla salute e le emozioni del paziente, della persona.

Il sapere medico non sa dire nulla sulla malattia che possa aiutare il paziente a vivere meglio questo momento della sua vita, da questo punto di vista la medicina è solo azione. Il sapere medico non vede il malato come una persona con una sua soggettività, che vive simbolicamente la relazione con il sistema sanitario ospedaliero e trasforma tale processo simbolico in un agito o in un pensiero fondante l’azione.

I tempi di attesa, il disinteresse per i “vissuti” dei malati, la disaffezione nei loro confronti sono problemi che evidenziano l’impossibilità culturale, metodologia e professionale per gli operatori sanitari di mettersi in relazione con la soggettività del malato e la sua simbolizzazione del contesto ospedaliero.

I cittadini chiedono di essere informati sull’andamento della malattia, sulla diagnosi, sulla prognosi, sul contesto entro il quale verranno sottoposte diagnosti e cure, sulle regole implicite ed esplicite. Chiedono di avere una relazione.

Prima di essere malati, i cittadini che entrano in relazione con il sistema sanitario ospedaliero sono persone con una loro cultura e dignità.

Il sistema sanitario ospedaliero non è attrezzato culturalmente per questa funzione, ma proprio da qui prendono vita sentimenti di rivalsa e risarcimento, di principio, emozionali, non informati.

La psicologia viene spesso definita come la scienza della soggettività e della relazione, laddove il sapere medico, tendendo ad escludere la soggettività del malato dal suo campo d’azione, esclude de facto ogni possibile relazione con il malato stesso. Questo è il motivo per cui vediamo la funzione psicologica quale dimensione integrativa della funzione sanitaria, in particolare entro l’organizzazione ospedaliera.

La funzione psicologica facilita il percorso di adattamento del cittadino al sistema sanitario, stabilendo una relazione con lui e motivandolo ad un pensare le emozioni sollecitate da questo incontro.

Come detto di persona al Presidente Zingaretti, noi psicologi siamo consapevoli e certi dei contributi che possiamo offrire, l’articolo su “La psicologia applicata alla politica” è solo uno degli ultimi esempi più eclatanti.

Ebbene, proprio sul versante dei costi legati all’eccesso di medicina difensiva, perché la Regione Lazio non individua la struttura ospedaliera con maggiori costi difensivi e – in collaborazione con l’Ordine Psicologi Lazio – vi effettua una ricerca/intervento di un anno in cui valutare la ricaduta economica generata dalla facilitazione di un team di psicologi?

In UK, si è visto che i risparmi generati dal contributo degli psicologi hanno superato di 20 volte i costi del progetto. Stiamo giustamente attenti alla spending review, non varrebbe la pena correre questo rischio e giocare… di iniziativa sulla cronicità di spesa? 😉

 

 

 

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