Informazioni sulla propria salute? Prima su Internet e poi, nel caso, dal medico.
Questo è quanto emerge dalla ricerca promossa dall’Associazione Peripato, in collaborazione con Corriere.it, durante il mese di Ottobre scorso. 2.454 questionari compilati per la precisione 😉
In pratica, più di 2 connazionali su 5, di fronte ad un problema di salute va a cercare informazioni prima su Internet e poi, nel caso, ad un medico. In particolare trovo interessante il fatto che il 62% di questo segmento di utenza 2.0 sente un forte bisogno di dialogo per orientarsi nel labirinto di informazioni a portata di ‘clic’.
In altre parole, l’overload informativo presente su Internet non permette all’utente di discernere chiaramente a quali informazioni, servizi e professionisti potersi affidare, o comunque fare riferimento. Sempre più spesso l’utente ha necessità in inserirsi in flussi conversazionali, soprattutto sui social network. Pensaci un attimo… noi stessi agiamo spesso in questo modo quando dobbiamo cercare informazioni su Internet riguardo a servizi professionali 😛
L’altro dato a mio avviso interessante è che il 22%, più di 1 persona su 5, boccia il rapporto “medico-paziente” come “per nulla buono“. Per il 38% la medicina di oggi e del futuro dovrebbe puntare sulla formazione del medico al contatto umano. Una voce, quest’ultima, che valutata più importante degli “strumenti diagnostici piu’ innovativi” (27%).
La trovo interessante in quanto noi, su questo fronte, potremmo offrire diversi servizi e risorse alle figure mediche, utili a migliorare questo punto debole. Allo stesso tempo, dovremmo essere avvantaggiati – rispetto ad altre figure – circa la capacità di accoglienza, comprensione, ospitalità, comunicazione.
L’agenzia Comscore a fine ottobre ha pubblicato alcuni dati sull’utilizzo dei social media da parte degli italiani. Ecco alcuni dettagli:
- Il 94,5% della popolazione online italiana è attiva sui social media
- 1 minuto su 3 online viene speso su Facebook
- Non si tratta più di canali solo “per giovanissimi”: un utente su tre ha più di 45 anni
- Più della metà dichiara di leggere post di organizzazioni / marche / eventi
- Le donne trascorrono mediamente più tempo degli uomini sui canali social
Che significa tutto ciò? Molto semplice!
Anche i professionisti, anche gli psicologi, dovranno diventare sempre più abili nel coinvolgere le persone da un punto di vista editoriale e comunicazionale. E ciò per un motivo molto semplice: il continuo aumentare dell’utilizzo di Internet e dei Social per cercare informazioni, servizi e professionisti, unitamente all’alto overload informativo ed all’insicurezza percepita dalle persone verso fonti non conosciute, rende assolutamente necessario e strategico diventare punti di riferimento conosciuti, con contenuti di qualità, commentati ed apprezzati da altri, capaci di attivare spazi conversazionali e di creare un valore condiviso con la propria comunità/segmento di riferimento. Stiamo parlando di personal branding per lo psicologo 😀